Recensione: Samsara. L'isola degli urlanti
Titolo: Samsara. L'isola degli urlanti
Autore: Caleb Battiago
Illustrazione di copertina di Wendy Saber Core
Illustrazioni interne di Stefano Cardoselli
Editore: Independent Legions Publishing
Pagine: 204
Prezzo eBook: 4,99
Prezzo cartaceo: 16,54
Descrizione:
Il nuovo romanzo dal vincitore del
Bram Stoker Award. Grande Canada, Moosonee. Sono trascorsi 16 anni dallo
schianto di Uxor 77 e da allora la città è assediata dalla Milizia governativa,
impegnata a sterminare i figli della Peste Bianca, sopravvissuti contaminati,
mostri di nuova generazione. Nessuno deve uscire dai recinti di quarantena.
L’ordine è chiaro, ma c’è chi si ribella. A bordo della Homeless Doll, un
gruppo di disperati tenta la fuga verso il Trash Vortex 147, un’isola di
plastica, un enorme accumulo di spazzatura galleggiante che non figura nemmeno
sulle mappe. Ma sarà davvero un posto sicuro o si rivelerà l’ennesimo girone di
un inferno che non ammette via d’uscita? Un viaggio di speranza e perdizione in
cui passato e futuro s’incontrano in una spirale di violenza, cannibalismo,
perversione, chiudendo il cerchio di un Samsara apocalittico. Ormai è tempo di
azzerare il vecchio mondo e prepararsi al nuovo che avanza, col pelo lucido e
la lunga coda; un mondo da ripensare, comunque vada a finire…
La recensione di Miriam:
Un’isola di plastica che non figura
nemmeno sulle mappe, un accumulo di rifiuti galleggianti innaffiati dalla
pioggia radioattiva: il Trash Vortex 147 sembra l’esatto contrario di un Eden e
di certo non si preannuncia come un luogo ospitale. Ma a volte, si sa, l’unica
scelta percorribile è quella del male minore. Meglio una pattumiera in mezzo al
mare su cui poter coltivare un’illusione di libertà che una città assediata
dalla Milizia governativa. A questo si è ridotta Moosonee, nel Grande Canada,
dopo lo schianto di Uxor, il meteorite che ha innescato l’Apocalisse, dando la
stura a una nuova stirpe di appestati. Sedici anni sono passati dal triste
evento e la situazione non è migliorata. La popolazione è contaminata e nessuno
deve uscire dai recinti di quarantena. Sopravvivere restando entro i confini
non è nemmeno facile, giacché ogni cinque minuti c’è un cecchino che fa saltare
un cervello e se non si finisce in poltiglia c’è sempre il rischio di
ritrovarsi in un laboratorio a far da cavie umane.
È per sfuggire a tutto questo che
un manipolo di disperati decide di scappare e tentare di raggiungere il vortex,
se non altro lì la milizia non potrà scovarli, almeno questa è la speranza.
Mona e Jackson Napoleone con la
figlioletta Grace, nel mirino dei soldati perché affetta dalla Peste Bianca; la
terrorista Oceanne con il compagno Zack Rompighiaccio, e la sua inseparabile
tanica di tequila; le prostitute del Bon Bon con la piccola Annapurna; Logan,
il tossico; sono solo alcuni dei reietti che a bordo della Homeless Doll
salpano verso la nuova terra promessa.
Ma sarà davvero tale, oppure
l’isola si rivelerà solo l’ennesimo inferno? Di sicuro lo strano rumore che
accoglie i profughi sulla spiaggia suggerisce che non si tratta di un luogo
disabitato, come previsto, e probabilmente chi vi dimora non ha alcuna
intenzione di accoglierli amichevolmente.
È così, con un considerevole salto
indietro nel tempo, che si apre il romanzo conclusivo della trilogia narakiana.
Spiazzandoci del tutto e deviando dai percorsi più convenzionali, Caleb
Battiago ci riporta nel suo terrificante mondo post-apocalittico per
consegnarci l’atto finale della sua saga cannibalica, ma non riprende il filo
della narrazione dal momento in cui si era fermato per guidarci in linea retta
verso l’epilogo. Sposando l’idea di un tempo circolare – in perfetta sintonia con l’idea stessa di Samsara – riparte da un
punto diverso, sorprendendoci con una storia originale che ha quasi il sapore
di un prequel o di uno spin-off. Le atmosfere sono riconoscibilissime, e
risulteranno piacevolmente familiari a chi ha già letto gli altri romanzi, i
riferimenti tanti, ma ad accoglierci nelle spire di questa avventura sono
personaggi e una trama del tutto nuovi.
Siamo nel sedicesimo anno dopo
Uxor, prima degli accadimenti che hanno scandito l’esplorazione infernale del
Naraka, e ancor prima del viaggio verso Shanti. È da qui che si riparte per un
lungo rush, fittissimo di sorprese, che solo verso il finale va a
ricongiungersi con il resto della storia, regalandoci una diversa visione
d’insieme, più completa, più consapevole. Ritroveremo solo allora vecchie
conoscenze – come Big Blue, Messerschmitt, Kiki – che non mancheranno di
stupirci aggiungendo nuovi essenziali tasselli al loro ritratto.
Un’opera all’insegna delle novità,
dunque, e non solo per quel che riguarda trama, struttura e protagonisti.
Questa volta troviamo anche una componente horror più marcata – l’impianto
fantascientifico ormai ben edificato e rinsaldato nei romanzi precedenti non vinee
ripercorso con inutili ripetizioni, ma solo richiamato e all’occorrenza
arricchito, lasciando più spazio all’azione e a nuove sfumature da esplorare,
come appunto quella più orrorifica.
Un altro elemento innovativo
riguarda poi la natura dei personaggi, se negli altri libri eravamo circondati
da “cattivi e più cattivi”, letteralmente schiacciati in una morsa da cui era
esclusa qualsiasi forma di bontà, qui fanno capolino alcuni “buoni”, o quanto
meno persone che conservano dei valori etici di riferimento e sono animate da
sentimenti forti, come l’amore genitoriale di Mona e Jackson nei confronti
della piccola Grace, ma nondimeno l’amore di coppia, per esempio quello che,
seppur burrascoso e a volte sopra le righe, lega Oceanne e Zack. Non pensiate
tuttavia che l’oscuro Caleb si sia rammollito, la bontà di cui vi parlo è
comunque da prendersi con le pinze e da
valutare in riferimento a un contesto crudo, esacerbato; d’altra parte non
mancano notevoli new entry fra i malvagi d.o.c., che fanno da perfetto
contraltare ristabilendo l’equilibrio – basti pensare a Charon (secondo me il
personaggio più carismatico fra i nuovi), con i suoi orecchini a forma di
teschio in cui di volta in volta racchiude le anime delle sue due ultime
vittime.
Fra i vari capitoli dal ritmo davvero
incalzante, si inseriscono poi degli interludi pullulanti di ratti mutati, che
acquisiranno un preciso significato nelle battute conclusive, in cui l’animo
poetico di Battiago prende il volo regalandoci un mix di orrore e lirismo che
ci trascina in una dimensione delirante e visionaria allo stesso tempo, tale da
far correre i brividi lungo la schiena.
Come sempre nelle sue opere, ogni
singola parola sembra essere stata scelta con cura e incastrata in uno sparito
immaginario che non ammette sbavature, ognuna ha un preciso suono e un peso che
contribuisce all’armonia del tutto.
Di grandissimo impatto il finale,
tragico e aperto pur senza lasciare nulla di incompiuto, una sorta di finestra
spalancata su un abisso, idealmente da colmare, ma dal significato
inequivocabile.
E per saperne di più...
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