domenica 6 gennaio 2019

Review Party: Il sigillo di Caravaggio

Buongiorno cari follower,
oggi vi proponiamo un Review Party dedicato a Il sigillo di Caravaggio di Luigi De Pascalis (Newton Compton), un thriller storico che ci fa ripercorrere gli ultimi giorni di vita del grande artista.


Titolo: Il sigillo di Caravaggio
Autore: Luigi De Pascalis
Editore: Newton Compton
Pagine: 384
Prezzo ebook: 2,99
Prezzo cartaceo: 12,00

Descrizione:
Il giovane Caravaggio, arrivato da poco a Roma, comincia a lavorare nella bottega di Cavalier d’Arpino, famosissimo pittore tardo-manierista. Si dedica soprattutto a realizzare nature morte, cosa che detesta perché vorrebbe dipingere figure e mettersi alla prova con nuove sfide. Ma il Cavalier d’Arpino, oltre a dipingere, commercia anche in dipinti, soprattutto nel Nord Europa. E la sua bottega ne è piena. Ed è così che Caravaggio adocchia tra i nuovi arrivi una tavoletta di piccolo formato, opera di Hieronymus Bosch. Rappresenta una scena minuziosa e complicata, con alcune figure nude o vestite in modo curioso, immerse in uno strano paesaggio. Per dimostrare al suo maestro che sa dipingere figure umane, ma anche perché il dipinto lo attrae in un modo che non sa spiegare, Caravaggio lo ricopia di nascosto e lo tiene per sé. Quello che non sa è che gli cambierà presto la vita. Sulla tavoletta, infatti, è inciso un segreto preziosissimo, la chiave d’accesso alla Grande Opera alchemica. E c’è qualcuno disposto a qualunque cosa pur di entrarne in possesso.

La recensione di Miriam:

Condannato alla decapitazione per aver ucciso un uomo in duello, Michelangelo Merisi è in viaggio per conquistarsi la grazia: dovrà consegnare personalmente tre delle sue tele al cardinale Scipione Borghese per ottenerla. Il viaggio però non procede come previsto. Lungo il tragitto la feluca su cui è imbarcato viene assalita da un gruppo di sconosciuti. I quadri vengono rubati, mentre Caravaggio riesce a fuggire.
Viene ritrovato sulle coste della Toscana, in pessime condizioni da Cecco Gallerani, un giovane pescatore che non esita a soccorrerlo e a nasconderlo affinché i suoi misteriosi inseguitori non lo trovino. Ma chi sono e perché vogliono lui oltre ai dipinti che gli hanno già sottratto?
Mentre il pittore si interroga alla ricerca di possibili risposte, ripercorrendo gli anni della sua tormentata attività, la marchesa  Costanza Colonna, sua protettrice presso cui dimorava a Napoli, accortasi della sua scomparsa, invia un gruppo di uomini fidati a cercarlo; intanto indaga per scoprire la verità.
Utilizzando la chiave del giallo, Luigi De Pascalis prende spunto da dati biografici reali per ricostruire gli ultimi giorni di vita di Caravaggio, scartando la tesi ufficiale secondo cui sarebbe deceduto per malattia e percorrendo la pista dell’assassinio. Ci fa avventurare così su un territorio accidentato in cui  la più banale ipotesi della vendetta pian piano cede il passo a una prospettiva dal sapore decisamente più esoterico. Al centro del mistero l’autore pone infatti un quadro, per l’esattezza la copia di un’opera di Bosch eseguita dal Merisi in giovinezza, che conterrebbe il segreto alchemico più ambito: la chiave per trasmutare i metalli in oro.
Il plot si snoda seguendo il ritmo concitato della caccia all’uomo. Da un lato abbiamo Caravaggio che si nasconde con il favore del suo nuovo amico, dall’altro i suoi predatori e gli uomini della marchesa che lo cercano, gli uni tentando di precedere gli altri.
Personaggi realmente esistiti si incontrano e scontrano con personaggi di fantasia, tessendo anche delle sottotrame. Fra le altre, si delinea per esempio, la storia di Cecco, il pescatore, innamorato di Lisa – la sua sirena – che nell’intento di aiutare Michelangelo, finirà per trascinare pure i suoi cari in un gioco molto più grande di lui e più pericoloso del previsto.
Inseguimenti, scontri, indagini animano la storia conferendole il taglio di un thriller. Nel contempo la memoria del pittore corre indietro negli anni, rimugina, elabora ricordi e pensieri facendoci rivivere alcuni momenti salienti del suo percorso artistico. Attraverso questi flashback, vediamo alcune delle sue più celebri opere – come la Decollazione di San Giovanni, l’Amor vincit Omnia, David con la testa di Golia –, prendere vita, e questa a mio avviso rimane la parte più interessante dell’intero romanzo. Se il giallo intriga e tiene con il fiato sospeso, ad affascinare è soprattutto l’animo tormentato del grande artista, e la magia della sua opera in grado di catturare sulla tela l’essenza della realtà.   







venerdì 28 dicembre 2018

Recensione: Il ponte

Titolo: Il Ponte
Autori: John Skipp Craig Spector
Traduzione di Daniele Bonfanti
Illustrazione di copertina di Wendy Saber Core
Editore: Independent Legions Publishing
Pagine: 360
Prezzo cartaceo: 18,72
Prezzo ebook: 5,99
Disponibile su Amazon


Descrizione:
Prima edizione italiana del romanzo 'The Bridge' (1991).A Paradise, in Pennsylvania, imprenditori e autorità non si fanno problemi a spazzare via le regole ambientali in nome del profitto. Il Paradise Waste Disposal, impianto di smaltimento gestito dal viscido Harold Leonard, si occupa di rifiuti pericolosi, ma è in grado di gestirne solo una parte. L'eccedenza viene affidata alla Pusser's Scrap & Salvage, ben felice di fare soldi scaricando illegalmente — ovunque sia possibile — i rifiuti dell’intera Contea.In fondo alla sperduta Toad Road, il Black Bridge: un fatiscente ponte ferroviario sul torrente Codorus, utilizzato da molti anni come cloaca chimica per gli smodati prodotti di scarto della bella vita. Una notte di tempesta, Boonie e Drew Pusser arrivano sul posto col loro camion e gettano dal ponte un carico di fusti di liquami tossici: è la goccia che fa traboccare il vaso.Il mondo, per come lo avevano sempre conosciuto, sta per cambiare.Da un nuovo Brodo Primordiale nasce una nuova vita che non è vita affatto, assumendo il controllo della situazione, mutando cellule viventi, rimescolando le forme, animando oggetti inerti e rigenerando i morti; un nuovo dio che farà strage del proprio creatore — l’uomo — punendolo per la sua stupidità.

La recensione di Miriam:

Stiamo avvelenando il nostro pianeta: è un dato allarmante, incontrovertibile. Sempre più produciamo scarti tossici, sostanze inquinanti che appestano il nostro stesso spazio vitale e lo smaltimento dei rifiuti rappresenta un problema in crescita esponenziale.
Ma fino a quando la Terra potrà reggere un simile assalto? Quanto lontano può essere ancora il capolinea?
Skipp e Spector immaginano proprio il punto di rottura, il momento in cui la Natura si ribella all’uomo, restituendogli il male ricevuto.
Un camion parcheggiato sul Black Bridge sta sganciando l’ennesimo carico di rifiuti tossici nel torrente sottostante quando scoppia una tempesta. Ma questa volta non è come le altre: l’aria è mefitica, odora di chimico, un velo vischioso si stende sui boschi e sui centri abitati, mentre la pioggia, oleosa, reca con sé qualcosa di mostruoso, che semina morte e follia, infettando i corpi e le anime.
È l’inizio dell’apocalisse.
Sebbene la sua prima edizione risalga all’inizio degli anni Novanta, questo romanzo sconvolge per la sua grandissima attualità. Precorrendo – seppur di poco – i tempi, gli autori ci offrono una visione chiara del nostro presente, tracciando con estrema lucidità il percorso lungo cui, verosimilmente, ci stiamo muovendo.
Leggendo, il mio pensiero è corso alla Terra dei Fuochi e all’Ilva di Taranto con il suo fumo nero e le sue emissioni cancerogene: realtà a me vicinissime geograficamente, ma che rappresentano solo due degli innumerevoli esempi che si potrebbero aggiungere alla lista, tanto prendendo a riferimento la nostra penisola che spaziando in giro per il mondo.
La trama sfrutta elementi di fantasia e si tinge di atmosfere marcatamente horror, ma l’aspetto più inquietante rimane il suo realismo, la sua capacità di riflettere e amplificare il pericolo che serpeggia al di fuori della fiction, il disastro ambientale di cui davvero siamo protagonisti, ma anche le logiche e le dinamiche che sottende.
La tempesta che innesca la catastrofe si verifica a Paradise – un piccolo paradiso che si trasforma in un inferno, come sta accadendo su più ampia scala al nostro pianeta – e nell’assistervi seguiamo le vicende di diversi personaggi chiave. Si comincia con i due giovani autisti del camion che scarica i rifiuti, ciechi e cinici esecutori di un compito rispetto al quale non si interrogano e non si pongono problemi. Si prosegue con il  titolare  del Paradise Waste Disposal, il più grande impianto di smaltimento rifiuti legittimo della zona, che tuttavia nasconde parecchi scheletri nell’armadio; un uomo interessato solo ai suoi affari e determinato a proteggere la propria attività redditizia a qualsiasi costo. La visuale si allarga  poi fino a comprendere i giornalisti che nel dramma vedono lo scoop, l’occasione giusta per  vendere al pubblico la notizia che decreterà il loro successo; Gary e Gwen che stanno per avere un figlio e pensano, invece, solo a salvarsi e a preservare la vita che verrà; i giovanissimi Garth e Lydia che con il loro giornale “Divieto di futuro” tentano di risvegliare le coscienze. 
Quello che scorre davanti ai nostri occhi è un campionario variegato e credibile di umanità che mette bene in luce la dicotomia fra interessi economici e bene comune, mostrandoci come l’avidità dell’essere umano può tradursi in una forma di stupidità letale. Saprà l’uomo, nella vita reale, conservarsi abbastanza intelligente da scongiurare il peggio? Al termine di una lettura incalzante e coinvolgente è questo l’interrogativo che rimane e che ha il potere di scuotere più di qualsiasi tempesta.

domenica 23 dicembre 2018

Recensione: Debbi (la strana) e le avventure oltranziste nel ventre della balena Ginger

Titolo: Debbi (la strana) e le avventure oltranziste nel ventre della balena Ginger
Autore: Paolo Di Orazio
Editore: Cut-Up
Pagine: 300
Prezzo: 16,66

Descrizione:
Una scala a chiocciola nella violenza pura e nella ricerca delle proprie origini, il viaggio che sta compiendo Debbi, giovane mercenaria del sesso a pagamento di Roma che vive nelle viscere letali della società. Mentre paga dolorosamente l'aver ucciso un capoclan della malavita capitolina, l'ex maresciallo Alfredo Vanacura, consulente esterno specializzato nel sovrannaturale per il RIS, è sulle tracce del misterioso Dottor Sottoterra, uno spietato assassino di bambini. Il rebus è fitto e costellato di minacciosi segnali demoniaci che sembrano inquinare la città, al di là del semplice volto del crimine.

La recensione di Miriam:
Un’ipnotista viene barbaramente assassinata da una sua paziente, Debbi; mentre un serial killer di bambini sta mietendo vittime nella città. Si tratta di due casi all’apparenza slegati tra loro, ma l’ex maresciallo Alfred Vanacura nota subito qualcosa che li collega: la vittima aveva in cura entrambi gli assassini. Le registrazioni delle sedute di Debbi, rinvenute sul luogo del delitto, forse potranno fornirgli indizi utili per mettere a segno una duplice cattura.
È così che due oscuri fili paralleli si intersecano a formare un unico intreccio, che gradualmente ci trascina in un universo, in cui violenza e follia si fondono con elementi grotteschi e immagini dal retrogusto quasi fiabesco in uno strano carosello di atmosfere oniriche.
L’impressione è quella di precipitare nella tana del Bianconiglio per ritrovarsi in una sorta di Paese  delle Meraviglie in chiave splatter –, e forse non è un caso che a far capolino fra le righe guidandoci nei  meandri dell’incubo sia proprio Ribes, un coniglio bianco, munito però di un’anima nera e per nulla intenzionato a metterci fretta. Per comprendere la storia e i suoi diabolici incastri, infatti, occorre partire dall’inizio, andare avanti, riservarsi però la facoltà di guardare indietro, per osservare e capire. Nondimeno è necessario calarsi nelle menti dei due killer, non solo per conoscerli e comprendere le loro azioni, ma perché la dimensione psichica, in qualche modo, li unisce e li mantiene in contatto producendo un’allucinazione  – o semplicemente una visione, o un ricordo – comune.
L’intreccio formato dai due  casi da risolvere si infittisce con una narrazione che segue tre binari: da un lato osserviamo Vanacura – vecchia conoscenza per chi ha letto altri libri dello stesso  autore – che sfruttando le sue doti da sensitivo e assecondando i capricci della sua ghiandola pineale, svolge le indagini; dall’altro il Dottor Sottoterra, giocattolaio perverso che stupra e uccide bambini; e contemporaneamente accompagniamo Debbi in un cammino a ritroso nel tempo atto a ricostruire la sua vicenda personale. Una vita fatta di rifiuto, abbandono, violenza, che ci narra di una bambina indesiderata e costretta a vivere in un inferno che ha alimentato in lei un forte desiderio di vendetta.
Quella che ci racconta Paolo Di Orazio, nella sua essenza, è una storia ancorata alla realtà, un brutto sogno a occhi aperti, popolato di mostri reali – madri tossiche che rifiutano i figli, uomini perversi, stupratori, sadici – che facilmente incontriamo nei casi di cronaca. La sua penna, tuttavia, li dota di una bizzarra aura magica, li deforma, li traveste, li rende surreali e grotteschi, inserendoli in una trama, che sempre più assume i contorni di una fiaba dark, creando un contrasto, una certa dissonanza che disturba e ammalia insieme.
La realtà si trasforma in allucinazione e l’allucinazione assume la concretezza della realtà provocando una tempesta in cui si viene rimbalzati dal tragicamente “normale” al “paranormale”, senza più riuscire a distinguere fra l’uno e l’altro.
Al pari di un illusionista diabolico, l’autore ci attira in una trappola in cui vorticano i colori, gli odori, le suggestioni rassicuranti dell’infanzia, salvo poi strappare il velo e mostrarci che i coniglietti hanno denti e artigli, le principesse sono orchi travestiti, e dall’orrore non c’è via di fuga giacché la cattiveria umana è un veleno capace di infettare anche i sogni più innocenti.



lunedì 17 dicembre 2018

Recensione: Il custode di Chernobyl

Titolo: Il custode di Chernobyl
Autore: Alessandro Manzetti
Illustrazione di copertina: Wendy Saber Core
Editore: Cut-Up
Pagine: 180
Prezzo: 14,00

Descrizione:
Poligono di Semipalatinsk, 1965. I sovietici avviano il Test Chagan, primo esperimento di esplosioni nucleari sotterranee. Ma è solo una copertura, nelle gallerie di un bunker si sta tentando di creare soldati capaci di adattarsi alle condizioni estreme di una guerra termonucleare. Ben presto, però, alcuni soggetti sfuggono al controllo, rendendo necessario il trasferimento in una nuova base segreta nascosta sotto la futura centrale di Chernobyl. Mentre il professor Petrov, scienziato segnato dagli orrori vissuti e ossessionato dalla sua creatura, ormai perduta, scivola nel baratro dell'alcolismo e della follia, efferati omicidi e strani avvistamenti nei pressi di Chernobyl seminano il terrore, alimentando una caccia all'uomo che porterà, a distanza di vent'anni, dopo l'esplosione del reattore numero 4 della centrale nucleare V.I. Lenin, a una sorprendente e drammatica resa dei conti.

 Hanno detto del romanzo... 

"Un equilibrio perfetto tra intreccio narrativo e scienza della fantascienza."
Marcello Simoni, autore del bestseller 'Il Mercante di Libri Maledetti'

"Un dark thriller d'atmosfera che ti porta nella testa del protagonista, e non ti lascia sfuggire!"
Glenn Cooper, autore del bestseller 'La Biblioteca dei Morti'

"Un così intenso dark thriller, ricco di suspense, che vorrai subito leggerne un altro!"
Sebastian Fitzek, autore del bestseller 'La Terapia'

"Alessandro Manzetti sta attirando molta attenzione nel campo della narrativa dark, e penso che presto se ne parlerà molto di più. Tenetelo d'occhio."
Joe R. Lansdale, autore dei bestseller 'La Sottile Linea Scura' e 'Una Stagione Selvaggia'

"Alessandro Manzetti è una delle più importanti nuove voci della narrativa dark internazionale; audace, coraggiosa, senza paura."

Richard Chizmar, coautore di Stephen King del bestseller 'La scatola dei bottoni di Gwendy'

L'autore:


Alessandro Manzetti. (Roma, 1968) è un autore di narrativa dark e fantastica, vincitore del prestigioso Bram Stoker Award® (e cinque volte finalista), oltre a decine di nominations ad altri premi internazionali, curatore e traduttore.
Ha pubblicato, con diversi editori, col proprio nome e con lo pseudonimo di Caleb Battiago, varie opere di narrativa, poesia e saggistica, tra le quali i romanzi Samsara, L'Isola degli Urlanti (2018), Naraka - L'Apocalisse della Carne (2013), Shanti - La Città Santa (2014), Kiki: The Beginning (2016), le raccolte di racconti Il Giardino delle Delizie (2017), I Figli di Uxor 77 (2018), la novella Area 52 (2016) e il saggio Monster Masters (2015).
Dal 18 Dicembre 2018 è disponibile, in tutte le librerie, per l'editore Cut Up Publishing, il suo nuovo romanzo dark thriller Il Custode di Chernobyl .
Tra le sue opere in lingua inglese: il romanzo Naraka: The Ultimate Human Breeding (2018), le raccolte di racconti The Garden of Delight (2017), The Monster, the Bad and the Ugly (2016, con Paolo Di Orazio), The Massacre of the Mermaids (2015) e le raccolte di poesie dark WAR (2018, con Marge Simon), No Mercy (2017), Eden Underground (2016), Sacrificial Nights (2015, con Bruce Boston) e Venus Intervention (2014, con Corrine De Winter). Nel  2019 il suo secondo romanzo in inglese, Shanti, sarà pubblicato da Necro Publications, casa editrice leader nell'hardcore horror dal 1993.

Tra le opere come curatore: le antologie The Beauty of Death (2016), The Beauty of Death Vol. 2 - Death by Water (2017, con Jodi Renee Lester) e Monsters of Any Kind (2018, con Daniele Bonfanti). Diversi suoi racconti e poesie sono stati pubblicati su magazines e antologie in Italia, Stati Uniti e Inghilterra, tra le quali:  Dark Moon Digest, Splatterpunk Zine, Devolution Z Magazine, Disturbed Digest, Illumen Magazine, The Horror Zine, Recompose Magazine, Nothing's Sacred Vol. 4,  Polu Texni Magazine, Rhysling Anthology (2015, 2016, 2017, 2018), Splatterpunk Forever Anthology, Bones III Anthology, Year's Best Hardcore Horror Vol 2, Mar Dulce, Il Buio Dentro, HWA Poetry Showcase Vol. III e IV,  Danze Eretiche Volume 2,  The Beauty of Death Vol. 1 e 2, I Sogni del Diavolo, Midnight Under the Big Top Anthology.

Oltre al Bram Stoker Award®, premio che ha vinto nel 2015 (come primo autore italiano dalla prima edizione del 1987), per il quale ha ricevuto anche cinque nominations (Edizioni 2014, 2016, 2017), ha ricevuto diverse altre nominations ai premi internazionali Splatterpunk Awards, This Is Horror Awards, Elgin Awards e Rhysling Awards, e sue opere di narrativa e poesia dark hanno ricevuto venti Honorable Mentions nei Best Horror of the Year Volumi 7-8-9-10 a cura di Ellen Datlow.
Ha partecipato come relatore a convention di narrativa di genere negli Stati Uniti (World Horror Convention 2015, Atlanta; StokerCon 2016, Las Vegas) e in Italia, ed ha fatto parte, per due edizioni, della giuria per l'assegnazione del Bram Stoker Award® alla carriera.
​Come Fondatore e CEO di Independent Legions ha ricevuto dalla Horror Writers Association il premio Specialty Press Award 2017 per la migliore casa editrice al mondo specializzata nel genere horror e dark fantasy. Ha tradotto in italiano opere di vari autori anglosassoni di genere, tra i quali: Ramsey Campbell, Richard Laymon, Poppy Z. Brite, Edward Lee, Graham Masterton, Gary Braunbeck, Lucy Snyder, Lisa Morton e Gene O'Neill. È Active Member della Horror Writers Association, della quale è stato parte del Board of Trustees, e attualmente vive a Trieste.

La recensione di Miriam:

Se mai scoppiasse una guerra nucleare il nostro pianeta diventerebbe invivibile e, il genere umano andrebbe incontro all’estinzione. È una prospettiva agghiacciante con cui la Guerra Fredda ci ha costretto a confrontarci e con la quale, da allora, non abbiamo mai smesso di fare i conti.
Un’ipotesi che genera paura e voglia di elaborare possibili strategie di sopravvivenza. Ed è proprio da qui che Il custode di Chernobyl prende forma, facendoci compiere un salto indietro nel tempo, ma mantenendo un occhio vigile sul futuro. Un esperimento nucleare, realmente effettuato nel 1965 – il Test Chagan – nella fiction diviene la copertura governativa di una altro tipo di sperimentazione, ben più inquietante. Un’équipe di scienziati, rintanata nel sottosuolo, si dedica alla manipolazione genetica al fine di dar vita a una nuova generazione di soldati capaci di sopravvivere alle radiazioni. Soggetti che, nell’eventualità di un conflitto nucleare, potrebbero continuare a combattere sferrando il colpo decisivo al nemico, ma che potrebbero rappresentare anche la chiave di sopravvivenza per i civili. L’idea è per l’appunto quella di generare il prototipo di una nuova umanità.
A trascinarci nei tunnel labirintici del Bunker Balapan è il professor Petrov, voce narrante del romanzo che, in modo assai poco convenzionale per il suo genere, si offre al lettore sotto forma di diario. Quelle che scorrono sotto i nostri occhi, componendo la trama di un thriller fantascientifico, sono le pagine vergate in segreto da una persona direttamente coinvolta nel progetto denominato Prometeo. Una sorta di demiurgo che, sfruttando le sue conoscenze, ha dato vita a una coppia di soggetti modificati, Konstantin e Boni, possibili Adamo ed Eva di un futuro radioattivo.
Questa particolare formula narrativa ci consente di entrare nella mente e di condividere i pensieri e le emozioni più intime di un uomo che, almeno da un certo momento in poi, è costretto a eseguire ordini impartiti dall’alto per tener salva la pelle. Petrov sa di essere parte attiva di un gioco molto pericoloso, anche perché questo gioco gli è già costato la vita di sua figlia, pertanto il suo compito prosegue fra mille dubbi e conflitti interiori, al cui centro si incastra proprio la sua stessa creatura: Boni. A un certo punto, la soldatessa atomica, diviene per lo scienziato ciò che dà un senso alla sua stessa esistenza, qualcosa – un ideale – cui aggrapparsi con le unghie e con i denti per non lasciarsi inghiottire dall’angoscia, dal senso di perdita, dal vuoto che si è impossessato di lui. Boni – la sua pesca bianca – diviene nel suo immaginario la figlia che non ha più, la donna che non ha mai avuto, il simbolo della sua stessa giovinezza perduta e dell’amore sacrificato alla scienza.
Il plot si anima, arricchendosi di azione e mistero, quando le creature sfuggono al controllo dei loro creatori inscenando un’autentica rivolta. Assistiamo allora all’evacuazione della base segreta e al suo trasferimento nel sito in cui sta sorgendo la centrale di Chernobyl. Sarà qui che il progetto verrà ripreso per poi concludersi in maniera fallimentare, con la fuga di un soggetto. Avrà inizio così una battuta di caccia che si concluderà solo a distanza di circa vent’anni, quando il reattore numero 4 della centrale ormai edificata esploderà, trasformando il territorio esattamente nell’Inferno per cui le creature sono state forgiate.
Mentre gli avvenimenti si susseguono nella ricostruzione di Petrov, quasi sepolto vivo nel laboratorio sotterraneo, attraverso il suo unico contatto con l’esterno rappresentato dall’amico Ozram, nella trama di fantasia si inseriscono alcuni cenni storici che la ancorano alla realtà, rievocando il particolare clima di paura, ma anche di forte cambiamento che ha caratterizzato il periodo di cui si parla. È così che sulla linea telefonica, nello spazio di brevi dialoghi, sentiamo riecheggiare la musica dei Beatles, di Bob Dylan, dei Led Zeppelin – simbolo di una rivoluzione culturale – o respiriamo il fermento che anima la corsa alla conquista dello spazio. Contemporaneamente,  osserviamo la personale evoluzione del protagonista, giacché, come accennavo prima, nel diario alberga anche la sua intimità. Vediamo la sua ossessione per Boni crescere e, nell’intervallo che divide la due fasi del progetto Prometeo – quella prima e dopo il trasferimento della base – lo seguiamo lungo una parabola discendente che lo conduce nel baratro dell’alcolismo e della follia. È soprattutto in questa fase che la componente introspettiva – che comunque attraversa tutta l’opera – diviene preponderante e che i paletti di genere saltano fornendoci la conferma di avere per le mani un romanzo che va oltre, che ci racconta sì una storia avvincente, in equilibrio tra thriller e fantascienza, ma nello stesso tempo ci comunica molto di più affrontando tematiche universali e più intime. La discesa nella psiche del Professore, infatti,  solleva argomenti quali la consapevolezza mista alla paura di invecchiare, il senso di colpa, il rimpianto, la nostalgia, la ricerca di un senso nella vita… Ed è proprio in questa alternanza di “dentro e fuori” che si definisce anche il ritmo narrativo, marcato da un susseguirsi di spazi occupati dai fatti e spazi occupati da pensieri ed emozioni, cui corrisponde anche il passaggio da uno stile più diretto, semplice, concentrato sulla comunicazione dei contenuti, a un registro più ricercato, poetico, in cui si incastrano citazioni colte e figure retoriche e la parola scritta si trasforma quasi in pittura dell’anima.







lunedì 10 dicembre 2018

Recensione: Offspring. Progenie cannibale

Titolo: Offspring. Progenie cannibale
Autore: Jack Ketchum
Traduzione e illustrazioni di Paolo di Orazio
Editore: Cut-Up
Pagine: 260
Prezzo: 16,00

Descrizione:
L’anziano e stanco ex poliziotto George Peters torna ad affrontare un vecchio caso ritenuto risolto. Incubi a parte, viene chiamato da uno strano vento. Quello della mente che spira su tre famiglie americane, completamente diverse tra loro, e le riunisce in una località sperduta del Maine chiamata Dead River. Questo vento comune a tutti, che sa di ferro e salsedine, sangue e violenza, rabbia e passione, li cattura e li fa esplodere nella follia primordiale. La sopravvivenza è l’impulso bestiale delle vittime, l’omicidio quello vitale dei cannibali guidati da La Donna, il cui scopo è, da undici estati, proteggere la propria famiglia, fornirle cibo e dare pace a uno spirito infuriato. Complici il bosco e la luna piena dell’America dei primi ‘90, la rivisitazione di una leggenda irlandese in un vero e proprio purgatorio di lame, proiettili e dolore.

L’autore:
JACK KETCHUM pubblica racconti e romanzi dal 1980. Autore cult del noir estremo e lo slasher horror, ha vinto numerosi Bram Stoker Awards, è stato condannato dal settimanale americano Village Voice per pornografia violenta. Ketchum ama Elvis Presley, i dinosauri e l’Horror. Tra i numerosi romanzi, alcuni divenuti poi film altrettanto violenti e premiati, in Italia sono usciti La ragazza della porta accanto(Gargoyle, 2009) e Sentieri di Sangue(Independent Legions, 2016).

La recensione di Miriam:
Una ragazza assassinata, mutilata degli arti e svuotata di cuore e cervello, e una neonata scomparsa. Senza preavviso, in maniera diretta, brutale, Ketchum ci scaraventa in una cucina trasformata in mattatoio. Questa scena non è che l’inizio di un orrore ben più raccapricciante, di una caccia al colpevole dal ritmo serrato, che si consumerà in due soli giorni, ma rende subito l’idea delle atmosfere e delle descrizioni che ci accompagneranno nel corso dell’intera lettura.
L’idea è quella di precipitare in un incubo, più lungo dello spazio di una notte, in cui una serie di immagini terrificanti ci assale. Eppure a renderle inquietanti non è tanto la loro efferatezza quanto la loro aderenza alla realtà, perché dietro atti aberranti che includono il cannibalismo non si celano creature sovrannaturali, ma esseri umani, spogliati (in senso figurato e letterale) della loro umanità.
L’omicidio con cui si apre il romanzo, stabilisce subito un legame con Off Season, di cui Offspring è il sequel. Il modus operandi, ma soprattutto la presenza di gocce di urina a marcare il territorio, rimandano infatti a un altro caso risalente a undici anni prima, ragion per cui  viene interpellato Peters, lo sceriffo ormai in congedo, in servizio ai tempi.
La storia procede in un’alternanza di sequenze che dal centro abitato si spostano nel bosco. Da una parte i riflettori sono puntati su Claire, in fuga con il figlio Luke, da suo marito Stephen, alcolizzato e violento. La donna si rifugia in casa degli amici Amy e David proprio in concomitanza con  l’inizio delle indagini e ben presto finirà con gli altri nel mirino degli assassini. Dall’altro osserviamo la grottesca quanto raccapricciante famiglia cannibale che manovra i fili di questo macabro gioco.
La trama piuttosto semplice e lineare non riserva grandissime sorprese; non c’è un vero mistero da svelare poiché sin dal principio si sa chi sono i mostri in azione – siamo appunto in presenza di un incubo che si ripete. Nonostante ciò, si rimane comunque con il fiato sospeso, sopraffatti dal ritmo concitato con cui la violenza sale, seguendo una curva iperbolica. Il gore è un po’ il perno intorno a cui tutto si muove, l’elemento caratterizzante e che ben rappresenta il processo di disumanizzazione cui assistiamo a trecentosessanta gradi.
A rimanere impresse sono soprattutto le descrizioni, esplicite, estreme, disturbanti e i personaggi connotati da fortissimi tratti animaleschi. Quando l’autore ci fa entrare nel microcosmo costituito dalla tribù nel bosco, consentendoci di osservare il suo stile di vita, la sua routine, si afferma la netta impressione di essere di fronte a un branco di belve feroci, esseri che hanno dimenticato qualsiasi forma di civiltà  e che vivono assecondando gli istinti più primordiali, senza freni, senza remore. Nessuna vendetta o raptus di follia, il motivo per cui ammazzano è  il bisogno di sfamarsi e di sfamare i figli, per garantire la sopravvivenza della propria progenie: semplice quanto orripilante.
Se la bestialità della famiglia cannibale è quasi scontata, non meno disturbante risulta quella di Stephen, uomo brutale, violento, rivoltante al punto che potrebbe integrarsi tranquillamente nel gruppo. E questa similitudine, forse, rappresenta l’aspetto più inquietante poiché ci mostra quanto sia breve la distanza e con quanta facilità l’uomo comune – il marito, il padre di famiglia, il signore della porta accanto – possa mutarsi in mostro, trasformando in realtà i sogni più terrorizzanti.


  





martedì 20 novembre 2018

Recensione: La donna che morì due volte

Titolo: La donna che morì due volte
Autore: Leif GW Persson
Editore: Marsilio
Pagine: 480
Prezzo: 19,00


Descrizione:
Un pomeriggio di luglio, il piccolo Edvin, undici anni, suona alla porta del commissario Bäckström, suo vicino di casa. Durante un’escursione con il gruppo scout, invece dei
funghi che stava cercando, ha trovato un teschio con un foro di pallottola ben visibile sulla tempia. Bäckström mette immediatamente in moto la sua squadra di indagine, ma i
primi riscontri riservano una sorpresa: la loro vittima risulta morta in Thailandia nello tsunami del dicembre 2004. A questo punto, la domanda diventa di ordine quasi
filosofico: si può morire due volte? Dopo un’indagine più complicata del solito, ancora una volta Bäckström, poliziotto grassottello, furbo, avido e tremendamente maschilista,
dimostrerà comunque di avere gran fiuto.


La recensione di Miriam:
Morire due volte è impossibile. Eppure Bäckström e la sua squadra investigativa devono misurarsi con un enigma che sembra sfidare questa logica.
La storia comincia quando Edvin, un bambino di dieci anni vicino di casa del commissario, bussa alla sua porta per consegnargli un macabro souvenir. Il ragazzino era in campeggio con gli scout quando ha scovato, nella vegetazione, il teschio di una donna.
Si dice che i morti non parlino, ma in verità un cadavere – o quel che ne  resta – può avere molte informazioni da comunicare a chi sa coglierle. Analizzando la testa, Bäckström capisce che appartiene a una donna, riesce a stabilirne la razza e individua anche la causa della sua morte, giacché è attraversata dal foro di una pallottola. Ma chi è? Quando è avvenuto il decesso? Si è trattato di un suicidio o di un omicidio?
Sono domande alle quali non si può rispondere con la semplice osservazione del reperto e che necessitano una risposta.
Si aprono dunque le indagini ufficiali e nel giro di poco tempo l’identità della vittima viene svelata. Questo dovrebbe rappresentare un importante passo avanti nella soluzione del mistero, invece è proprio a questo punto che si infittisce perché il cranio rinvenuto risulta appartenere a una donna thailandese morta durante uno tsunami ben dodici anni prima. Il suo corpo è stato trovato e cremato in quella circostanza, per cui è impossibile che adesso si ritrovi da un’altra parte e che a causarne la morte sia stato uno proiettile.
È appunto come se la vittima fosse morta due volte, in luoghi, tempi e circostanze diverse. Ma quale sarà la verità?
Il caso ideato da Persson è di sicuro molto originale e stuzzica immediatamente la curiosità. Questo è il maggior punto di forza del romanzo, che pur ricalcando lo schema tipico del thriller, senza osare innovazioni, riesce a stupirci con un delitto sopra le righe, all’apparenza così assurdo da sfidare le leggi della razionalità.  Personalmente l’ho apprezzato molto per questo, tuttavia non è riuscito a conquistarmi, in parte per il ritmo lento che privilegiando analisi ed elucubrazioni rispetto all’azione, spesso rallenta la lettura, ma soprattutto per il suo particolarissimo protagonista che, proprio in virtù delle sue peculiarità, può   funzionare come un’arma a doppio taglio.
Bäckström non è un poliziotto convenzionale; pur rappresentando la legge, è tutt’altro che integerrimo, è un corrotto, un bevitore, un consumatore di sesso a pagamento, oltre a essere cinico, presuntuoso e assolutamente privo di scrupoli. Insomma, ha tutte le caratteristiche che nella realtà definirebbero una brutta persona. Ciò le rende un personaggio libero dai cliché, a suo modo ribelle, e per molti lettori potrebbe costituire un elemento di fascino. Io, purtroppo, l’ho trovato così odioso e sgradevole come uomo che non sono riuscita a empatizzare con lui e doverci convivere nello spazio di un romanzo lungo circa cinquecento pagine mi ha creato qualche problema. Di sicuro ha condizionato negativamente  – almeno in parte – la mia esperienza di lettura, impedendomi di appassionarmi totalmente alla storia.
Se il caso è sorprendente, altrettanto non può dirsi per la sua soluzione, una volta appurata l’identità della vittima, quella dell’assassino viene svelata con facilità ed è abbastanza scontata, ma ciò non toglie mordente all’investigazione perché occorre raccogliere le prove della sua colpevolezza e riuscirci dopo tanti anni non è per niente facile. Da questo punto di vista Bäckström e la sua squadra si dimostreranno abili e coesi, sfoderando abilità investigative degne di nota.
Un thriller interessante nel complesso sebbene non mi abbia entusiasmata.

sabato 17 novembre 2018

Recensione: Leggere Stephen King a cura di Brian J. Freeman

Titolo: Leggere Stephen King
A cura di Brian J. Freeman
Illustrazione di copertina di Cristiano Siqueira
Illustrazioni interne di Stefano Cardoselli
Editore: Independent Legions Publishing
Pagine: circa 200
Prezzo: 22,00
Edizione collection a tiratura  limitata (600 copie numerate)

Descrizione:
Edizione italiana del saggio 'Reading Stephen King' (edito nel 2017 in lingua inglese da Cemetery Dance) a cura di Brian J. Freeman, contenente mini-saggi, dedicati alle opere kinghiane, di grandi autori, saggisti e registi cinematografici, tra i quali: Clive Barker, Jack Ketchum, Richard Chizmar, Rocky Wood, Bev Vincent, Frank Darabont, Mick Garris, Kevin Quigley, Justin Brooks, Michael R. Colling; Jay Franco e altri.

La recensione di Miriam:
Scrittore straordinariamente prolifico, da oltre quattro decenni, Stephen King continua a conquistare il grande pubblico con le sue opere, registrando vendite da capogiro. Che sia amato da un numero impressionante di lettori è innegabile, ma qual è il segreto di un simile successo? Come e perché ci si innamora dei suoi libri?
Alcuni suoi fan d’eccezione, scrittori, sceneggiatori, saggisti che alla produzione del Re hanno dedicato numerosi studi ce lo raccontano attraverso una carrellata di saggi che, in modo assai variegato e soffermandosi ciascuno su aspetti diversi, ci forniscono un’idea di quel che può significare leggere Stephen King. A emergere da questi scritti non sono solo i tratti distintivi dell’autore e della sua opera, ma spesso anche elementi caratteristici del suo Fedele Lettore, peculiarità, atteggiamenti, aspettative, sentimenti in cui, se rientrate nella categoria, potrete facilmente riconoscervi. In alcuni casi l’attenzione si focalizza su aspetti più esteriori, regalandoci una serie di curiosità, aneddoti e informazioni che riguardano il collezionista kinghiano. Justin Brooks, per esempio, ci mostra come, vista la considerevole mole di titoli, di edizioni differenti, di testi che esulano dalla narrativa e di inediti esistenti in circolazione, si possono distinguere diversi tipi di collezioni. Decidere di diventare collezionisti di King comporta pertanto, in primis una scelta (cosa effettivamente collezionare) e poi implica la discesa in una vera e propria tana del coniglio, ovvero l’esplorazione di un autentico labirinto fatto di edizioni e riedizioni, di scritti ufficiali e altri mai venuti alla luce (la cui quantità, peraltro, vi sorprenderà). Su quest’ultimo aspetto si sofferma in maniera più approfondita Rocky Wood, proponendoci un’interessante panoramica, insieme al alcuni assaggi concreti molto ghiotti, delle opere perdute del re – un saggio, questo, che potrà stupire anche chi erroneamente crede di aver letto tutto del suo autore preferito, oltre a regalargli una sbirciatina su quel che appare come un vero tesoro sepolto. Sul tema del collezionismo, e soprattutto su alcune difficoltà di reperibilità dei libri di King al di fuori dei confini americani, si sofferma Hans-Ake Lilja che ci racconta avventure e disavventure di un fan svedese.
Nell’ambito del collezionismo e delle curiosità, si colloca in qualche modo, anche Frank Darabont con la sua Introduzione a Knowing Darkness: Artists Inspired by Stephen King, in cui si sofferma sulle numerose illustrazioni scaturite dalla produzione Kinghiana, mettendo in evidenza come il mondo immaginifico dell’autore sia stato, e sia tuttora, di ispirazione anche per artisti che si esprimono in campi diversi dalla scrittura. Il discorso si può poi estendere alla cinematografia, viste le molteplici trasposizioni di romanzi e racconti, tema affrontato, per esempio, da Mik Garris, che tra l’altro ci racconta del suo progetto, mai portato a termine, di realizzare una serie TV tratta da Il talismano. E si può allargare ancora, basti pensare allo Stephen King Library Desk Calendar, che raccoglie illustrazioni, testi narrativi, saggi, tutti dedicati all’autore, della cui genesi ci racconta in maniera dettagliata Jay Franco, suo curatore e coautore per un quinquennio.
Altri contributi, pur rimanendo incentrati sul lettore, assumono un tono più intimistico, descrivendoci il particolare legame che si  può instaurare, per diverse ragioni, con i lavori di King. Ecco allora che Stewart O’Nan ci parla del modo in cui determinati libri hanno accompagnato precisi momenti della sua vita, ragion per cui rileggerli a distanza di tempo significa rievocare e riattualizzare ricordi ed emozioni. Stephen Spignesi ci parla invece della telepatia che King riesce a creare fra scrittore e lettore per cui le sue storie sembrano fluire nella mente di chi le legge, al di là delle parole, connotandosi come autentica magia portatile – e proprio questo dal suo punto di vista può essere uno dei segreti che ne decretano il successo. Richar Chizmar approfondisce invece l’impatto che i personaggi kinghiani hanno sul lettore, riferendoci che nella sua esperienza molti di essi si sono impressi nel suo immaginario al pari, e forse più, di persone reali, tanto che, a distanza di anni, ritrovarli nel corso di riletture, è un po’ come rincontrare vecchi amici.
Decisamente più personale, il sentito intervento di Clive Barker che nel suo Discorso per la consegna a Stephen King del Premio alla Carriera della Canadian Booksellers Association, ci rivela cosa King ha significato per il suo percorso di scrittore.
Dal lettore ci si sposta più verso l’autore, entrando in maniera più diretta nel merito dei suoi scritti, con saggi che si prefiggono di analizzare alcuni temi ricorrenti – si veda il saggio di Kevin Quingley che si concentra sul tema dell’amore, dell’infanzia e dell’inferno inteso come ripetizione; l’approfondita recensione di Buik 8 firmata da Jack Ketchum; l’analisi del ruolo di Dio in Desperation di Billy Chizmar; la full immersion (preziosa per i fan della saga) nella Torre Nera propostaci da Robin Furth, che indaga in maniera mirabile il tema dei multiversi  e l’impianto filosofico-religioso che sottende; il filo che unisce King e mistery e che attraversa parte della sua produzione, messo in luce da Bev Vincent.
Saltando da un saggio all’altro, cambiano gli argomenti, i centri di interesse, i toni; si passa da testi più leggeri, ricchi di aneddoti e curiosità ad altri più impegnati che vertono sulla critica letteraria – e questo è uno dei punti di forza della raccolta che, essendo così articolata, ci offre un’esperienza di lettura varia, in grado di alternare momenti più frivoli ad altri di maggiore impegno.
Un interrogativo, spesso implicito, in alcuni casi esplicito, sembra tuttavia attraversare l’intero volume come una sorta di fil rouge: i libri di Stephen King sono semplice merce di intrattenimento per le masse, come alcuni tra i più feroci detrattori sostengono, oppure sono testi di Letteratura? La chiave del suo successo e la portata delle sue opere si riducono a una questione di mero diletto per chi legge o c’è di più?
La risposta – univoca in questo caso – scaturisce in vario modo e in varia misura un po’ da tutti i contributi; due saggi in particolare, quello di Tony Magistrale e quello di Michael R. Collings, tuttavia, affrontano la questione di petto. Scandagliando diverse opere, i due autori ne mettono in luce lo spessore, mostrandoci come King riesca a trasformare la lettura in esperienza della storia, a coniugare la capacità di intrattenere (che comunque non va sottovalutata) con una profonda comprensione della natura umana, l’abilità di forgiare una trama che cattura l’attenzione sin da subito, e che spesso fa leva sul sentimento ancestrale della paura, con riflessioni di carattere etico; ma non è tutto. Come Tony Magistrale afferma “simile all’impatto che crearono, e che ancora sono in grado di esercitare i Beatles, o  Steve Jobs con la visionaria proliferazione di tecnologie informatiche Apple, Stephen King è quel raro accadimento la cui arte ha riflesso – e allo stesso tempo ha inimitabilmente forgiato – la cultura di massa di cui fa parte”.