venerdì 28 dicembre 2018

Recensione: Il ponte

Titolo: Il Ponte
Autori: John Skipp Craig Spector
Traduzione di Daniele Bonfanti
Illustrazione di copertina di Wendy Saber Core
Editore: Independent Legions Publishing
Pagine: 360
Prezzo cartaceo: 18,72
Prezzo ebook: 5,99
Disponibile su Amazon


Descrizione:
Prima edizione italiana del romanzo 'The Bridge' (1991).A Paradise, in Pennsylvania, imprenditori e autorità non si fanno problemi a spazzare via le regole ambientali in nome del profitto. Il Paradise Waste Disposal, impianto di smaltimento gestito dal viscido Harold Leonard, si occupa di rifiuti pericolosi, ma è in grado di gestirne solo una parte. L'eccedenza viene affidata alla Pusser's Scrap & Salvage, ben felice di fare soldi scaricando illegalmente — ovunque sia possibile — i rifiuti dell’intera Contea.In fondo alla sperduta Toad Road, il Black Bridge: un fatiscente ponte ferroviario sul torrente Codorus, utilizzato da molti anni come cloaca chimica per gli smodati prodotti di scarto della bella vita. Una notte di tempesta, Boonie e Drew Pusser arrivano sul posto col loro camion e gettano dal ponte un carico di fusti di liquami tossici: è la goccia che fa traboccare il vaso.Il mondo, per come lo avevano sempre conosciuto, sta per cambiare.Da un nuovo Brodo Primordiale nasce una nuova vita che non è vita affatto, assumendo il controllo della situazione, mutando cellule viventi, rimescolando le forme, animando oggetti inerti e rigenerando i morti; un nuovo dio che farà strage del proprio creatore — l’uomo — punendolo per la sua stupidità.

La recensione di Miriam:

Stiamo avvelenando il nostro pianeta: è un dato allarmante, incontrovertibile. Sempre più produciamo scarti tossici, sostanze inquinanti che appestano il nostro stesso spazio vitale e lo smaltimento dei rifiuti rappresenta un problema in crescita esponenziale.
Ma fino a quando la Terra potrà reggere un simile assalto? Quanto lontano può essere ancora il capolinea?
Skipp e Spector immaginano proprio il punto di rottura, il momento in cui la Natura si ribella all’uomo, restituendogli il male ricevuto.
Un camion parcheggiato sul Black Bridge sta sganciando l’ennesimo carico di rifiuti tossici nel torrente sottostante quando scoppia una tempesta. Ma questa volta non è come le altre: l’aria è mefitica, odora di chimico, un velo vischioso si stende sui boschi e sui centri abitati, mentre la pioggia, oleosa, reca con sé qualcosa di mostruoso, che semina morte e follia, infettando i corpi e le anime.
È l’inizio dell’apocalisse.
Sebbene la sua prima edizione risalga all’inizio degli anni Novanta, questo romanzo sconvolge per la sua grandissima attualità. Precorrendo – seppur di poco – i tempi, gli autori ci offrono una visione chiara del nostro presente, tracciando con estrema lucidità il percorso lungo cui, verosimilmente, ci stiamo muovendo.
Leggendo, il mio pensiero è corso alla Terra dei Fuochi e all’Ilva di Taranto con il suo fumo nero e le sue emissioni cancerogene: realtà a me vicinissime geograficamente, ma che rappresentano solo due degli innumerevoli esempi che si potrebbero aggiungere alla lista, tanto prendendo a riferimento la nostra penisola che spaziando in giro per il mondo.
La trama sfrutta elementi di fantasia e si tinge di atmosfere marcatamente horror, ma l’aspetto più inquietante rimane il suo realismo, la sua capacità di riflettere e amplificare il pericolo che serpeggia al di fuori della fiction, il disastro ambientale di cui davvero siamo protagonisti, ma anche le logiche e le dinamiche che sottende.
La tempesta che innesca la catastrofe si verifica a Paradise – un piccolo paradiso che si trasforma in un inferno, come sta accadendo su più ampia scala al nostro pianeta – e nell’assistervi seguiamo le vicende di diversi personaggi chiave. Si comincia con i due giovani autisti del camion che scarica i rifiuti, ciechi e cinici esecutori di un compito rispetto al quale non si interrogano e non si pongono problemi. Si prosegue con il  titolare  del Paradise Waste Disposal, il più grande impianto di smaltimento rifiuti legittimo della zona, che tuttavia nasconde parecchi scheletri nell’armadio; un uomo interessato solo ai suoi affari e determinato a proteggere la propria attività redditizia a qualsiasi costo. La visuale si allarga  poi fino a comprendere i giornalisti che nel dramma vedono lo scoop, l’occasione giusta per  vendere al pubblico la notizia che decreterà il loro successo; Gary e Gwen che stanno per avere un figlio e pensano, invece, solo a salvarsi e a preservare la vita che verrà; i giovanissimi Garth e Lydia che con il loro giornale “Divieto di futuro” tentano di risvegliare le coscienze. 
Quello che scorre davanti ai nostri occhi è un campionario variegato e credibile di umanità che mette bene in luce la dicotomia fra interessi economici e bene comune, mostrandoci come l’avidità dell’essere umano può tradursi in una forma di stupidità letale. Saprà l’uomo, nella vita reale, conservarsi abbastanza intelligente da scongiurare il peggio? Al termine di una lettura incalzante e coinvolgente è questo l’interrogativo che rimane e che ha il potere di scuotere più di qualsiasi tempesta.

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