Titolo: Cuoio nero
Autore: David J. Schow
Editore: Independent
Legions Publishing
ISBN
(Edizione Cartacea) 978-88-99569-76-1
ISBN (Edizione Digitale) 978-88-99569-77-8
Pubblicazione: Dicembre 2017
Titolo originale: Black Leather Required (1994)
Traduzione: Elisabetta Colombo
Revisione: Alessandro Manzetti
Proofreading: Miriam Mastrovito
Illustrazione di copertina: K. A. Valerevich
Formato Cartaceo ed eBook
Pagine: 336 (edizione cartacea)
Lingua: Italiano
Prezzo di copertina edizione cartacea: € 19,00
Prezzo di copertina edizione eBook: € 4,99
Disponibile su Amazon
Descrizione:
Prima edizione Italiana della raccolta di racconti 'Black
Leather Required' (1994). Dal padre dello splatterpunk, una folle carrellata di
storie, rigorosamente in salsa gore, che reinterpretando
con originalità temi e figure dell’horror tradizionale –
come i non-morti –, e mettendo assieme rapinatori, tossici, spacconi, spacciatori
, mostri in incognito, alligatori mutanti e dinosauri
fantasma, protagonisti di scenari del tutto inediti,
apocalittici e surreali, ci trascinano in un vortice di sangue, sesso,
violenza, cannibalismo, necrofilia, senza escludere l’amore e nemmeno la
tenerezza. Un mix perfetto di terrore puro e black humour che strizza lo
stomaco e sorprende fino
alla fine, al ritmo di colpi di Uzi e morsi di topi. Ad
arricchire la raccolta, una sceneggiatura d’eccezione: quella che avrebbe
dovuto riportare, nel 1990, Il Teatro del Grand Guignol a Broadway. Prefazione
di John Farris.
L’Autore:
David J. Schow (Marburgo, 1955), autore e sceneggiatore
statunitense pluripremiato, vive a Angeles.
L’ultimo dei suoi nove romanzi è uno stravagante hardboiled
dal titolo The Big Crush (2017), mentre la sua più recente raccolta di
racconti, tra le dieci finora publicate, è DJStories, in uscita nel 2018. Ha
scritto molte sceneggiature per il cinema (The Crow, Leatherface: Texas
Chainsaw Massacre III, The Hills Run Red) e per la televisione (Masters of
Horror, Mob City). Oltre a essere tra i più popolari editorialisti del magazine
Fangoria, ha scritto anche opere di saggistica, tra le quali Outer Limits at 50
(2014) e The Outer Limits Companion (3°edizione in uscita nel
2018). Come editor ha curato vari titoli insieme a Robert
Bloch (The Lost Bloch, tre volumi, 1999-2002) e John Farris (Elvisland, 2004),
oltre alla leggendaria antologia horror Silver Scream (1988). È presente, in
qualità di esperto o documentarista, in vari DVD, tra i quali Creature from the
Black Lagoon e Psycho to I, Robot and King Cohen: The Wild World of Filmmaker
Larry Cohen. Grazie a lui, il termine “splatterpunk” è entrato, dal 2002, nel
Dizionario di Inglese di Oxford.
La recensione di Miriam:
“I buoni lettori e gli
onesti editori possiedono un sano disinteresse per le tendenze, che non
esistono per nessun’altra logica se non quella di favorire i pubblicitari e i
soldati delle vendite”. Così scrive Schow nella postfazione a Cuoio nero.
E incarnando alla perfezione questo modello di editoria onesta
e controtendenza, Independent Legions Publishing prosegue nella sua mission di
portare il grande horror di qualità in Italia. Questa volta lo fa proponendoci
la prima edizione italiana, di una raccolta di racconti firmata dallo scrittore
che ha dato origine, oltre che il nome stesso (a lui si deve l’inserimento del
termine nel Dizionario Inglese di Oxford), al movimento splatterpunk. Un Autore
– con la A maiuscola – nel nostro paese da tempo, e ingiustamente, dimenticato.
Come facilmente si può presagire, sangue, violenza, interiora
rivoltate, perversioni estreme sono una costante nelle sue storie che, di
sicuro, richiedono un lettore dallo stomaco forte, ma dietro il sensazionalismo
di corpi squartati, sotto l’odore agrodolce di cadaveri in decomposizione, si
cela molto di più. Uno straripante mondo immaginifico in grado di suscitare
stupore e raccapriccio. Una parata di personaggi incredibili che spaziano dalle
persone più comuni, ai criminali di bassa lega, ai tossici, fino ad arrivare a
mostri più fantasiosi, come i dinosauri fantasma, o i ratti e gli alligatori
mutanti di Scoop a faccia in giù,
senza escludere gli archetipi dell’immaginario horror, rivisitati in chiave
originale e sovente provocatoria (come accade in Una settimana nella Non- Vita, racconto che l’autore stesso
dichiara nutrirsi della nostra fame di credere nei Vampiri). Una sequenza di
trame in cui terrore e black humour s’intrecciano in maniera indissolubile,
garantendoci brividi e spasso in egual misura. Svariate finestre che si aprono
direttamente sull’inconscio sbattendoci in faccia gli aspetti più scomodi, più
prosaici, ma non meno autentici, della nostra umanità – del resto l’uomo è
fatto di carne, sangue, organi mollicci, ma non meno di pulsioni animalesche e
desideri inconfessabili, abilmente richiusi a chiave in un cassetto remoto
della mente, lo stesso in cui si annidano le sue più grandi paure.
Racconto dopo racconto, Schow forza la serratura di quel
cassetto fino a scardinarlo, lasciando esplodere il contenuto. Una
deflagrazione che ci investe letteralmente ma le cui schegge sono ben lungi da
un’idea di disordine, giacché fra i vari pregi a lui ascrivibili, vi è proprio
quello di dare forma al caos, incasellandolo, senza privarlo della sua forza,
in un impianto stilistico che, attraverso una studiata alternanza di registri,
coniuga volgarità e raffinatezza, violenza e tenerezza.
La morte, paura ancestrale per eccellenza, è un tema
ricorrente, con puntualità quasi ossessiva si introduce in tutte le storie,
assumendo ogni volta un volto diverso, in grado di sorprenderci e di suscitare
emozioni contrastanti. Il confine fra vita e aldilà non è più invalicabile, i
vari personaggi vanno e vengono, instaurando una sorta di dialogo fra le due dimensioni.
A volte la morte è un mezzo attraverso cui si esprime una
giustizia, discutibile e forse più vicina alla vendetta ma tesa comunque a
ristabilire un certo equilibrio – come accade a Cruz, protagonista de Il condotto, che per sfuggire a un
regolamento di conti finisce per decretare la sua fine.
Altre volte è il passato più remoto che irrompe in una sorta
di presente sospeso – si pensi ai dinosauri fantasma di Sedalia o Farfalle Kamikaze. Altre volte ancora, i morti tornano in
veste di zombie, come accade in Wormboy e
i figli di Jerry, che trascinandoci sul set del film La notte dei morti viventi di Romero, ci fa vivere uno stravagante
Giorno del Giudizio.
Ma i revenant non portano solo orrore e distruzione, può
capitare che regalino a qualcuno una seconda chance, l’opportunità di
riflettere sulla sua vita, sulle relazioni che ha intrattenuto con i cari che
non ci sono più, e magari di dire loro quel che avrebbe voluto e non ha potuto
– come accade al protagonista di La notte
di Pitt al Cimitero di Lewiston.
In certe occasioni sono perfino portatori di un sentimento
nostalgico, è per esempio il caso del bizzarro trio formato da Blank Frank, il
Conte e Larry (alias Frankenstein, Dracula e l’Uomo lupo) che si incontrano nel
bar Un/Dead, prima dell’apertura per rievocare quello che è stato e prefigurarsi
quel che sarà. Secoli sono passati, loro sono sempre lì, si sono persino
reinventati, ma non godono più delle luci della ribalta, forse perché
intrappolati nel loro stesso personaggio, un po’ come Bela Lugosi (e forse non
è un caso che sia proprio Bela Lugosi’s
dead dei Bauhaus a fare da sottofondo musicale anticipando la macabra
riunione).
Qualunque sia la forma prescelta, a dispetto del luogo
comune, la morte in questi racconti non si connota mai come fine assoluta, è
piuttosto inizio di qualcos’altro – il più delle volte terribile – o principio
di una coazione a ripetere (come in Scultura di Sabbia in cui un uomo rivive
all’infinito l’anno in cui è morta sua moglie), quasi che il genere umano si
rifiutasse di “non essere” e fosse costantemente impegnato in una lotta contro
questa possibilità. Negazione che in alcune occasioni viene spinta agli estremi
fino a sfociare nel cannibalismo o nella necrofilia, come in Compagno di vita.
Un’antologia divertente, ipnotica, disturbante, irriverente.
Di certo un grande esempio di come lo splatterpunk possa offrire molto di più
che sangue e budella sparse sul pavimento.
Ad arricchire e completare la raccolta si aggiungono la sceneggiatura
Il banchetto del mendicante con Summer
Sausage, che ci fa rivivere le atmosfere orribilmente incantate del Grand
Guignol, e una postfazione, dall’emblematico titolo Delinquenti, che si rivela essere un’analisi, interessante, lucida,
attualissima, sul racconto come forma narrativa e sul suo ruolo (quasi sempre
scomodo e marginale) nel panorama editoriale, ma anche un invito agli editori,
ai lettori e agli stessi scrittori, o aspiranti tali, a non lasciarsi irretire
dalle mere logiche di mercato, lasciando che la scrittura e la lettura
rimangano espressioni di libertà.
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