Recensione: Io, Liam
Titolo: Liam
Autrice: Antonella Albano
Editore: Il ciliegio
Pagine: 304
Prezzo: 17 euro
Descrizione:
Liam viene da
lontano, dall’Irlanda del VII secolo d.C. ed è destinato a una vita
innaturalmente lunga. Elisa è una giovane donna moderna, che vive un vuoto
colmabile solo dal suo amore per il canto. Nella vita di Liam sembra esserci
posto unicamente per la vendetta e il sangue; una promessa, però, fatta a
Cathal, suo amico fraterno, lo accompagnerà lungo i secoli, fino a che il
cerchio non si chiuderà una volta per tutte. Il suo progetto verrà sconvolto
proprio dall’incontro con Elisa, e da un nemico implacabile che minaccia tutto
ciò che imprevedibilmente è giunto ad amare. Mantenere un basso profilo, non
indulgere all’amore o all’odio, era stato fondamentale, ma non ci era sempre
riuscito. Si era nascosto in posti impervi anche umanamente, cambiando luogo
ogni volta che la sua perdurante giovane età veniva notata. Si era illuso che la
vita potesse avere un senso ma aveva finito per lavarsi via dal cuore ogni
sentimento profondo. E proprio ora qualcuno veniva a togliergli le ragnatele
dall’anima.
L'autrice:
Antonella
Albano, classe 1962. Dopo gli studi classici lavora dapprima come correttrice di
bozze e redattrice per alcune case editrici pugliesi, per poi approdare nella
scuola come insegnante e dedicarsi infine alla didattica per adulti. Gestisce un
blog personale (Shadowcat loves TV
series). Collabora dal 2010 con il blog letterario Diario di Pensieri
Persi; dal 2011 è parte della redazione del portale dedicato al
fantastico Urban-fantasy.it e del sito The Vampire
Diaries Italia. Nel 2013 ha pubblicato il saggio Vampiri, supereroi e
maghi. Metafore e percezione morale nella fiction fantastica, per la casa
editrice Aracne.
La recensione di Miriam:
Da appassionata di horror sono una lettrice particolarmente
sensibile al fascino dei vampiri, quelli “veri”, oscuri, famelici, letali. Mi
sono, invece, accostata sempre con sospetto alle storie che li ripropongono in
salsa romance snaturandoli all’inverosimile. Mi affascina tantissimo il Dracula
di Bram Stoker, per intenderci, mentre resto del tutto immune al presunto carisma
di Edward Cullen.
Non ho nulla contro il romanticismo e nemmeno contro gli
amori paranormal − direi piuttosto che spesso riescono a intrigarmi − però un
vampiro che si serve alla banca del sangue per non danneggiare gli umani, che
può esporsi al sole senza grossi problemi e magari fare anche una puntatina in
chiesa, dal mio punto di vista non è credibile e difficilmente riesce a
suscitare il mio entusiasmo (sebbene qualche volta sia successo).
Io, Liam ha
provocato in me sentimenti contrastanti, al punto che mi è difficile esprimere
un parere netto in merito. La sua peculiarità − degna di nota per certi versi −
è infatti quella di far convivere nello stesso libro le due facce della
medaglia.
La storia si sviluppa su due binari. Il primo attraversa il
nostro tempo e sorregge una trama paranormal romance che ricalca le orme di Twilight. Elisa è una studentessa
universitaria la cui vita procede senza grandi slanci fino a che un professore
giovanissimo e bellissimo, Dunn , non si palesa nell’aula di etnomusicologia.
Bastano pochissimi e fugaci incontri perché tra i due scocchi la scintilla di
un grande amore. Coronare questo sogno però non sarà facile perché si dà il
caso che l’irresistibile docente sia un vampiro e un suo simile, più anziano e
decisamente più crudele di lui, è sulle sue tracce. Bellisario, questo il suo
nome, è determinato a vendicare un vecchio torto subito da Dunn. L’ha inseguito
per mari e per monti, attraverso i secoli, e adesso è pronto a infliggergli il
colpo mortale. Il fatto che si sia innamorato di un’umana, contravvenendo alla
sua natura, lo rende vulnerabile. Colpire Elisa sarà un modo efficace per
arrivare a sconfiggerlo.
Naturalmente Dunn non è un vampiro come tutti gli altri: non
si nutre di sangue umano, esce di casa anche di giorno senza subire danni (gli
basta indossare un paio di occhiali scuri per schermare gli occhi), può entrare
in chiesa e… a dispetto delle apparenze, ha un animo buono e sensibile.
Elisa, come la
Bella di Twilight,
non si lascia sconvolgere più di tanto dalla verità. Il suo amore per il vampiro
esplode immediato quanto solido al pari di
una roccia che niente e nessuno potrà scalfire.
Fin qui, nessuna novità. La storia replica un plot già
consolidato che, di sicuro, non mancherà di entusiasmare chi ama
particolarmente questa declinazione del genere ma che si rivela carente di
originalità.
Penso sia ormai chiaro: questa è la parte del romanzo che
non sono riuscita ad apprezzare fino in fondo, soprattutto per una questione di
gusti personali. A parte l’idea del vampiro buono, che digerisco a fatica, ho
trovato poco credibile la facilità e la rapidità con cui sboccia l’amore tra i
protagonisti e un po’ forzati alcuni snodi (penso, per esempio, all’idea di
combattere un vampiro a suon di gavettoni riempiti di acqua santa).
Tutto però cambia, come per magia, quando ci spostiamo sul
secondo binario a cui facevo cenno prima. Mentre si sviluppano le vicende di
Elisa e Dunn nel tempo presente, un secondo percorso si snoda a ritroso. A
intervalli regolari, il principale filo narrativo si interrompe per lasciare
spazio a un’altra trama fatta di flashback. A irrompere con prepotenza sulla
pagina sono allora i ricordi del vampiro Liam che, poco alla volta, vanno a
ricostruire la sua storia a partire dall’infanzia che si colloca nel lontano VII
secolo d.C. per poi seguire la sua prima trasformazione fino a giungere all’epoca
odierna, passando attraverso una lunghissima carrellata di vite. È questa la
parte dell’opera in cui l’autrice compone un mosaico dal sapore horror-gothic
che richiama la tradizione. Qui i vampiri riacquistano la loro vera natura e si
mostrano finalmente in quello che
personalmente reputo il loro autentico splendore.
A fare da collante tra i due blocchi è lo stile − che,
nell’una come nell’altra parte, si lascia apprezzare per la raffinatezza e la
struggente bellezza di alcune immagini − unitamente alla musica − che si innesta
nel tessuto narrativo al puto da divenirne parte integrante.
Se la trama non brilla per originalità, interessante e nuovo
è proprio il potere catartico che l’autrice attribuisce al canto, inteso come
veicolo privilegiato per avvicinare l’uomo a Dio.
Una lettura che mi ha divisa a metà dunque ma che consiglio,
forse soprattutto per questo. Al di là della parte che potrete apprezzare di
più o di meno a seconda dei vostri gusti e delle vostre inclinazioni, è
interessante assistere all’incontro tra due modi tanto diversi di interpretare
il vampirismo. Leggere questo libro, almeno secondo me, è un po’ come vedere
Stoker e la Meyer
prendersi per mano, ipotesi stravagante ma nondimeno ricca di fascino. Non vi
pare?
Concordo su molti punti :)
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