Vision Thing: Intervista a Daniele Serra
Daniele Serra classe 1977, illustratore professionista, i suoi lavori sono stati pubblicati in Europa, Australia e Stati Uniti, è stato protagonista di diverse mostre negli Stati Uniti e in Europa. Ha realizzato illustrazioni per opere di autori come Bruce Boston, Brian Stableford, Rain Graves,Tim Waggoner, Graham Masterton, Mary Sangiovanni, Steven Savile, Tim Curran, Greg F. Gifune, Tom Piccirilli, Ronald Malfi, Lee Thompson, J.F. Gonzalez, Allyson Bird.
Collabora con DC Comics, Image Comics, Cemetery Dance, Weird Tales Magazine, PS Publishing, Dark Region Press, Delirium Books, Creation Oneiros e altre pubblicazioni.
Nel 2009 e 2010 è stato nominato per il British Fantasy Award. Nel 2012 ha vinto Il British Fantasy Award come Best Artist.
Benvenuto in Vision Thing, è un vero onore per noi averti
qui! Come di consueto, apriamo le danze con una domanda di rito: chi è Daniele
Serra?
Sono un illustratore paranoico che passa il tempo a
disegnare, coccolare i suoi gatti, leggere, suonare e guardare film. Ancora non
ho capito bene chi sono in verità, probabilmente un essere umano…ma è tutto da
dimostrare.
Quando e come è nata la tua passione per l’arte? C’è un
momento della tua vita o una particolare esperienza a cui puoi ricondurre la
decisione di diventare un illustratore?
La passione è nata fin da piccolo, quando costringevo mio
padre a disegnare prima di andare all’asilo, rimanevo incantato dalla matita
che passava sul foglio e costruiva immagini.
Il voler lavorare come illustratore è un’aspirazione che ho
sempre avuto per tutta la mia vita, poi sai, per un motivo o per l’altro a volte
la vita riserva strade diverse…fino a quattro anni fa, quando mi sono
licenziato da grafico pubblicitario e ho deciso di intraprendere seriamente
questa professione.
Probabilmente il punto di svolta è stato quando ho fatto il
mio primo fumetto per la DC
Comics, lì probabilmente ho capito che forse c’era qualche
speranza.
Essendo una professione la maggior parte delle opere nascono
da richieste di clienti, in genere ho un input esterno su cui lavorare,
nonostante i paletti e i concept specifici che mi vengono assegnati penso di
avere comunque un approccio molto istintivo, non ragiono troppo su quello che
faccio ma mi lascio trasportare. Quando lavoro sono mosso da un grande
nervosismo di fondo, non vedo l’ora di vedere quello che uscirà fuori, forse è
per questo che i miei lavori non brillano di precisione e dettagli! J.
Tecnicamente in genere preparo qualche sketches molto veloce su cui poi lavoro.
Sono ispirato da tutto, i tributi consci e inconsci si sprecano nel miei
lavori, ma d’altronde penso sia normale, siamo quello che vediamo, leggiamo,
sentiamo. Ad ogni modo traggo molta ispirazione dalla letteratura fantastica e
naturalmente dall’arte.
In un bellissimo articolo riproposto di recente su
Mezzotints, Alessandro Manzetti scrive: “Per comprendere appieno le opere
di Daniele Serra è necessario guardare alla sua isola, la Sardegna, immaginarla,
perché c’è molto di quella terra”.
Ti
va di commentare?
È
indubbio che mi senta molto legato alla mia terra, alla sua gente, ai suoi
profili. Al momento non mi sposterei da quest’isola per tutto l’oro del mondo,
penso sia a misura d’uomo, non riuscirei a vivere in una metropoli. Ho bisogno
di tranquillità e ho la fortuna che con l’avvento di internet si possa lavorare
in qualunque parte del mondo da qualunque parte del mondo. Naturalmente c’è un
rovescio della medaglia: poca possibilità di confrontarsi per via
dell’isolamento.
Quali
tecniche prediligi per la realizzazione dei tuoi lavori?
In
genere utilizzo la pittura ad olio, l’acquerello e per i fumetti la china. Ho
iniziato sperimentando molto con il computer, ora invece lo utilizzo solo per i
ritocchi; mi piace sempre di più fare tutto a mano, mi piace sbagliare,
macchiare il foglio, farci passare i miei gatti sopra. Mi piace quello “sporco
naturale” che non sono mai riuscito ad ottenere col computer.
Dalla
tua produzione artistica emerge una predilezione per l’horror, per le atmosfere
dark e gotiche. A cosa si deve la tua passione per questo genere?
Mi
piace molto il romanticismo decadente, non so di preciso da dove nasca questa
passione e forse non è neanche una vera e propria passione, forse più un tipo
di sensibilità, di attrattiva verso un certo tipo di estetica, di cultura. Non
penso ci sia stato un fattore scatenante, forse una serie di fattori
concatenati dell’infanzia… ricordo mia cugina più grande che mi raccontava i
film horror che aveva visto, ricordo la mia maestra che ci leggeva il Faust,
ricordo l’attrattiva che avevo verso il medioevo. Perciò ho iniziato a
disegnare e verso i 13/14 anni facevo già alcuni disegni oscuri, un po’
cimiteriali molto influenzati anche dal periodo d’oro che si viveva in Italia
con Dylan Dog e altre riviste splatter/horror. Andando avanti lo splatter ha
avuto sempre meno spazio nei miei lavori ed è cresciuta sempre di più una
matrice che io dico sempre essere romantica.
Con
tutte le opere che ho realizzato ho un rapporto di amore-odio, tutte
rappresentano un passo verso qualcosa che sto ancora cercando, delle piccole
tappe da conservare e usare come punti di partenza; ma allo stesso tempo non
sono mai soddisfatto di quello che faccio, spero sempre che il lavoro prossimo
sia quello giusto!
Ci sono dei pittori,
fumettisti, illustratori ai quali ti ispiri o che semplicemente hanno segnato
in modo significativo la tua carriera artistica?
Tantissimi: da
Nicola Mari ad Ashley Wood, da Kent Williams a George Pratt, l’espressionismo
tedesco, Schiele, Turner, potrei continuare all’infinito…
La primissima svolta
comunque è stato Mike Mignola per i fumetti, Giger per le illustrazioni e Goya
per la pittura.
La tua esperienza professionale è costellata di numerose
collaborazioni con editori esteri, soprattutto statunitensi. Come sono nate
queste collaborazioni e cosa ti ha spinto oltre i confini nazionali?
Ho passato il primo periodo spedendo il portfolio in tutto
il mondo, una volta che sono entrati i primi lavori tutto è stato più facile,
infatti una volta messo un piede dentro tutto funziona in maniera più fluida e
i lavori arrivano spesso anche da soli. Sicuramente bisogna farsi sempre
parecchia pubblicità e avere una buona visibilità, stare sempre alla ricerca di
editors e di contatti che possano fruttare collaborazioni e contratti. Al
momento sono alla ricerca di un agente che mi permetta di concentrarmi
maggiormente sull’aspetto artistico del lavoro, lasciando a lui il lavoro di
management.
Hai ottenuto importanti riconoscimenti nel corso della tua
carriera, ultimo in ordine cronologico il recentissimo British Fantasy Award
2012 come “best artist”. Cosa significa per te questo premio e quali emozioni
hai provato nel vincerlo?
È stata una bellissima e profonda emozione, è un momento che
segna un punto nella mia carriera: una piccola meta, ma soprattutto un punto di
partenza per cercare di fare sempre meglio. Adesso devo meritarmi questo
premio. Il fatto che il premio sia dato dalla British Fantasy Society è una
grande soddisfazione perché è deciso da editori, scrittori e in generale
professionisti del settore, cosa che mi fa ben sperare per il futuro e che
spero mi dia più sicurezza nei miei mezzi. Ad ogni modo, ripeto, lo vedo
sicuramente come un punto di partenza, la strada è molto lunga, se avrà una
fine…
Cercare di non innamorarsi dei propri lavori, credere nelle
proprie possibilità ma avere sempre uno sguardo critico. Penso che il talento
non sia tutto. Bisogna lavorare molto, stare sul tavolo da disegno, accettare
critiche, consigli e in generale il confronto. Ho visto tantissime persone con
un talento innato ma a cui mancava la passione di fondo o comunque la tenacia
per lavorare in questo settore. Spesso gli editori preferiscono un lavoro
consegnato nei tempi prestabiliti che un capolavoro intramontabile. Lavorare
come illustratore significa dover affrontare rifiuti, cambiamenti nelle
illustrazioni, e spesso si è costretti a disegnare cose che magari non
interessano.
Alla fine si tratta di un lavoro da artigiano.
Sogni nel cassetto e progetti per il prossimo futuro?
Due sogni: illustrare “I racconti notturni” di ETA Hoffmann
e collaborare con Lansdale.
Progetti per il futuro: una trasposizione a fumetti del
Faust di Marlowe.
E per saperne di più...
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