Titolo: Tra cielo e terra
Autore: Davide Camparsi
Editore: Wild Boar Edizioni
Pagine:136
Illustrazione di copertina: Valeria De
Caterini
Prezzo di copertina: 10 euro
Prezzo speciale RiLL: 8 euro (spese
postali incluse)
Descrizione:
La collana Memorie del Futuro propone per
il 2017 i racconti fantastici di Davide Camparsi: un autore che si è ritagliato
un proprio spazio fra i tantissimi partecipanti al Trofeo RiLL tra il 2013 e il
2015, due annate in cui si è classificato al primo posto, rispettivamente con
“Perché nulla vada perduto” e “Non di solo pane” (senza scordare l’edizione
2017, in cui è giunto secondo con “Quando gli animali parlavano”).
Tra cielo e terra è un’antologia di dieci
racconti, che spaziano fra il fantastico puro, il weird/ horror e la
fantascienza.
Nelle sue storie, infatti, Davide Camparsi
si muove a largo raggio nell’immaginario fantastico, come dimostrano del resto
i numerosi importanti risultati che ha ottenuto, dal 2013 in poi, in tanti (e
fra loro diversi per genere) concorsi letterari.
La recensione di Miriam:
Lo spazio fra cielo e terra è pieno di cose visibili e invisibili; ci siamo noi con le nostre vite e i nostri sogni, e c’è la realtà che ci circonda, ma non è tutto giacché, osservando, il nostro sguardo può aprire porte su altre dimensioni, disvelando nuovi e infiniti scenari.
Lo spazio fra cielo e terra è pieno di cose visibili e invisibili; ci siamo noi con le nostre vite e i nostri sogni, e c’è la realtà che ci circonda, ma non è tutto giacché, osservando, il nostro sguardo può aprire porte su altre dimensioni, disvelando nuovi e infiniti scenari.
È proprio
quello che fa l’uomo che apriva porte
sull’altrove, protagonista del primo racconto di questa antologia, che ci
propone un viaggio attraverso territori inesplorati. Seguire Davide Camparsi
lungo questo percorso significa appunto mollare gli ormeggi e lasciarsi
trascinare dal potere dell’immaginazione lungo sentieri che profumano di
fantastico a trecentossessanta gradi.
Ogni
racconto si offre come uno strappo nella realtà, oltre il quale si palesa una
storia che può assumere sfumature molto variegate, fiabesche, horror o
fantascientifiche. I generi si alternano, le suggestioni anche, creando una
carrellata di testi eterogenea, il cui fil rouge è rappresentato unicamente
dalla voglia di non fermarsi alla superficie, ma di scavare alla ricerca di
paesaggi e soprattutto di significati sconosciuti. Lo sguardo su un mondo
altro, infatti, spesso fornisce una chiave per interpretare e dare un senso a
ciò che crediamo di conoscere.
Emblematico
in tal senso è Non di solo pane, in
cui Dio scende sulla terra e va a cena a casa di una famiglia come tante; ad
accoglierlo a tavola, fra gli altri commensali, trova un ragazzino, arrabbiato
con lui per aver permesso che il suo amico morisse, e pronto a cogliere
l’occasione per ottenere una spiegazione.
Sebbene
in modo diverso, la riflessione sul senso della vita torna a essere
protagonista anche di È tuto così fragile, in cui due adolescenti rubano una vecchia Polaroid e
scoprono che scatta foto del loro futuro. Vedersi proiettati in avanti negli
anni e scoprire quel che li aspetta sarà destabilizzante e illuminante al tempo
stesso poiché li aiuterà proprio a guardare le loro esistenze da una
prospettiva nuova.
Situazioni
fantasiose, dunque, ma che affrontano tematiche reali con cui tutti, prima o
poi, finiamo per confrontarci, come la morte che fa capolino in due racconti – come prevedibile, i più horror
della raccolta. In I loro modi, i
defunti tornano sul serio nella notte di Halloween, ma le cose non vanno
esattamente come si vorrebbe. Mentre in Ramo
dopo ramo, una ragazzina stringe un patto con un’inquietante creatura che
abita il lago, affinché le restituisca il fratellino caduto in acqua.
In
alcuni casi, ci imbattiamo invece nella versione alternativa di una storia già
udita, come in Rosso, una sorta di
retelling di Cappuccetto Rosso dalla parte del lupo; o in Perché nulla vada perduto, in cui la creazione viene rivisitata
alla luce della singolarità tecnologica; ma anche in Quando gli animali parlavano che ci narra di un tempo in cui non
l’uomo non era il solo a saper parlare e ci spiega anche perché a un certo
punto gli animali hanno smesso di farlo; quasi una favola in stile classico che
ci invita a riflettere sul nostro modo di relazionarci alle altre creature
viventi.
Dalle
tinte decisamente più forti è invece La
pecora perduta in cui un pastore di locuste, proiettato in un futuro dal
sapore distopico, in cui una grossa azienda possiede gli esseri umani come
fossero oggetti e decide delle loro vite, un pastore si ritrova a fare i conti
con la propria coscienza e a infrangere le ferree regole della sua società,
pagando un caro prezzo. Un racconto, questo, che volge lo sguardo a un mondo
possibile seppur lontano, ma che finisce per spingerci a guardare dentro noi
stessi.
Più
filosofico è La chiave di Keats che
ci fa riflettere sul concetto stesso di realtà, ipotizzando che quella in cui
crediamo di vivere possa essere la realtà virtuale di qualcun altro,
l’ambientazione cui si svolge un videogame, in cui non siamo che avatar di noi
stessi.
Lo
stile a tratti fortemente ironico, a tratti evocativo, alleggerisce le
atmosfere quando le tematiche si fanno “pesanti” e suscita emozioni al momento
giusto, rendendo la lettura piacevole ed estremamente coinvolgente.
Come
l’autore afferma nell’intervista che chiude il libro “le buone storie non ci
fanno sentire soli, allontanano la paura, infrangono la solitudine, ci rendono
migliori”. Queste non fanno eccezione e si rivelano un’ottima compagnia.
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