Titolo: Era il mio migliore amico
Autore: Gilly Macmillan
Editore: Newton Compton
Pagine: 336
Prezzo ebook: 2,99
Prezzo cartaceo: 10,00
Descrizione:
Noah Sadler e Abdi Mahad sono due amici inseparabili. Per
questo motivo, quando il corpo di Noah viene trovato in un canale di Bristol,
il silenzio di Abdi è inspiegabile. Perché non parla? Il detective Jim Clemo è
appena tornato dopo un congedo forzato che l’ha allontanato dal suo ultimo caso
e la morte di Noah sembra l’incidente perfetto con cui tenerlo occupato. Ma ben
presto quello che sembrava un gioco tra ragazzi finito molto male si trasforma
in un caso che accende il dibattito pubblico: Noah è inglese, Abdi un rifugiato
somalo. La tensione sociale, la paura e la rabbia cieca degenerano velocemente
a Bristol, mentre le due famiglie combattono per ottenere le risposte che
cercano. Non sanno quanto sarà lunga la strada per capire che cosa è successo davvero,
né sono preparate all’orrore che dovranno affrontare. Perché la verità spesso
può fare molto male…
La recensione di Miriam:
Il corpo di un adolescente viene ripescato da un canale di
Bristol, è ancora vivo ma in coma e non si sa se si risveglierà. Il suo nome è
Noah Sadler e non era solo al momento della caduta, con lui c’era il suo
migliore amico Abdi Mahad. Basterebbe interrogarlo per sapere con esattezza
cosa è successo, per capire se il ragazzo è stato vittima di un incidente o di
un’aggressione, ma da quando è successo il fatto si è chiuso in un silenzio
inespugnabile, forse causato dallo shock.
Viene allora ingaggiato il detective Jim Clemo affinché
faccia luce sulla vicenda. Si tratta di un caso toccante, essendo in pericolo
una giovane vita, e che scuote l’opinione pubblica scatenando il dibattito poiché
l’unico testimone, quello arroccato nel silenzio, è un rifugiato di origini
somale. L’ipotesi che sia stato il ragazzino straniero a spingere il compagno
in acqua inizia a circolare fra la gente, mentre la stampa ci ricama su,
fomentando l’odio razziale.
La famiglia di Abdi, tuttavia è pronta a scommettere sulla sua
innocenza: i due ragazzi si volevano bene, erano inseparabili e nessuno dei due
avrebbe mai fatto male all’altro.
Quale sarà la verità?
L’autrice ci prende idealmente per mano e ci guida alla sua
scoperta, non solo attraverso le indagini poliziesche che finiscono quasi in
secondo piano, quanto attraverso il racconto della stessa vittima. È Noah che,
mentre è in coma, ripercorre la sua storia cominciando dall’inizio, o meglio
dalla fine della sua vita da ragazzino “normale”. Tutto per lui è cambiato il
giorno in cui ha scoperto di avere un tumore e pochi mesi da vivere. A quel
punto avrebbe potuto disperarsi e accettare la compassione dei compagni, ma non
lo ha fatto. Ha preferito tenere il segreto e provare a sfruttare al meglio il
tempo a sua disposizione. Ha scritto una lista di cose importanti, quelle da
fare assolutamente prima id morire, bruciando le tappe, se necessario, ed è
proprio in quell’elenco che, in parte, si annidano le risposte che ora tutti
cercano.
Era il mio migliore
amico è un thriller insolito: ci pone di fronte a un presunto crimine e
ruota intorno alla soluzione di un mistero ma tutto ciò sembra quasi un pretesto,
una cornice di cui l’autrice si serve – in maniera peraltro intelligente e
accattivante – per raccontarci qualcosa di diverso, una storia che va oltre il
fatto di cronaca. Dal suo letto d’ospedale, Noah prova a farci capire cosa
significhi per un ragazzo nel fiore degli anni ricevere una sentenza di morte,
guardare i propri coetanei e sapere di non poter diventare adulto con loro,
osservare il mondo intorno nella consapevolezza di poterne avere solo un
assaggio fugace. È un’esperienza dura, la sua, che tocca e nello stesso tempo
fa riflettere parecchio sul senso della vita.
Dall’altra parte c’è Abdi, una sorta di capro espiatorio per
la massa, un ragazzino non scevro da paure e fragilità, avendo un passato duro
alle spalle. Aggirando il suo silenzio, grazie al racconto del suo migliore
amico che ci parla tanto di lui e ce lo fa conoscere, ma anche attraverso le
testimonianze dei genitori, della sorella, degli insegnanti, entriamo nel
merito di una seconda storia, dal sapore attualissimo, che tocca il tema
dell’immigrazione e dell’integrazione.
Non è suspense che si respira leggendo questo romanzo, non è
la curiosità di scoprire come si sono svolti i fatti a fare da mordente, pur
avendo l’impostazione di un thriller non fa leva sui classici elementi che
caratterizzano il genere, ma punta più sull’introspezione, regalandoci il
ritratto di una bellissima amicizia interrotta da un brutto male.
Scardinando qualsiasi supposizione e aspettativa, lo stesso
finale colpisce come un pugno allo stomaco, non tanto perché la soluzione del
giallo è imprevedibile quanto perché ci sbatte in faccia con rinnovata forza
una verità difficile da metabolizzare.
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