Recensione: A volte si muore
Titolo: A Volte si Muore
Autore: Claudio Vergnani
Genere: Thriller
Pagine: 465
Prezzo: 3,99 ebook 14,90 cartaceo
Data di uscita 29 Novembre 2016
Disponibile qui
Autore: Claudio Vergnani
Genere: Thriller
Pagine: 465
Prezzo: 3,99 ebook 14,90 cartaceo
Data di uscita 29 Novembre 2016
Disponibile qui
SINOSSI:
In una città dove intere aree erano
preda di criminali e maniaci, di bande mascherate, di stupratori seriali e
pazzi sbandati, e sotto il controllo di gangster in doppiopetto, si muoveva un
assassino misterioso e invisibile chiamato il Bisbiglio. La
leggenda voleva che solo i morti che si lasciava dietro – straziati e
oltraggiati – potessero vederlo. Infliggeva una fredda violenza e una studiata
crudeltà, muovendosi con astuzia nel buio e nel silenzio. Colpiva quando le sue
vittime erano ignare, indifese o deboli. Oppure, al contrario, quando erano
certe di essere al sicuro. E, quel che era peggio, non comprendevamo nemmeno
perché lo facesse. Non eravamo un passo indietro, eravamo proprio anni luce
distanti. Eppure, in qualche modo, sentivamo che il cerchio ci si stava
stringendo intorno, che alla fine, in un modo o nell’altro, lo avremmo visto
anche noi…
L’AUTORE:
Claudio Vergnani nasce a Modena nel
1961.
Svogliato studente di Liceo
Classico, ancor più svogliato studente di Giurisprudenza, preferisce passare il
tempo leggendo, giocando a scacchi e tirando di boxe. Allontanato per indisciplina
dai Vigili del Fuoco, dopo una breve e burrascosa parentesi militare ai tempi
del primo conflitto in Libano, sbarca il lunario passando da un mestiere
all’altro, perso nei ruoli più disparati ma sempre in fuga da obblighi e
seccature.
Nel 2009 si fa conoscere ed
apprezzare, grazie a uno stile originale e innovativo - che intreccia ironia,
horror e action ad una malinconica
vena esistenziale - con il suo primo romanzo, Il 18° Vampiro, seguito da Il
36° giusto (2010) e da L’ora più buia
(2011), trilogia pubblicata dalla casa editrice Gargoyle di Roma.
Nel 2010 partecipa con il racconto Il nuotatore all’antologia Stirpe
angelica, edita da Edizioni della Sera.
Collabora con riviste e magazine
come Il Posto Nero, Nero Cafè e Altrisogni, pubblicando recensioni e racconti.
Nel 2013 pubblica I Vivi, i Morti e gli Altri con Gargoyle books e il thriller Per ironia della
morte con Nero Press.
Nel 2015 pubblica il romanzo Lovecraft’s Innsmouth con Dunwich Edizioni.
Nel 2016 pubblica La
Torre delle Ombre con Nero Press.
La recensione di Miriam:
Dopo essere stati in giro per il mondo e aver combattuto in
varie guerre come mercenari, due amici tornano a casa, o meglio ci provano
perché, giunti a destinazione, scoprono di non averne più una. Occupata quella
del primo, dichiarata inagibile quella del secondo: in sintesi è questo il duplice
verdetto che da soldati li declassa a senzatetto. I due uomini si rivolgono
alle autorità, sperando di rientrare in possesso almeno di un’abitazione da
condividere, ma non ottengono altro se non vaghe promesse che puzzano di
fregatura. Decidono allora di occupare un vecchio edificio abbandonato nei
pressi del cimitero ed è proprio qui che comincia l’avventura.
Durante un’incursione notturna nel camposanto, il cui unico
scopo è quello di usufruire dei bagni e ottenere un po’ d’acqua corrente, si ritrovano
ad assistere a un orribile delitto e finiscono per essere braccati
dall’assassino, probabilmente intenzionato a eliminare gli scomodi testimoni. Scampati
ai suoi proiettili, dopo una fuga rocambolesca fra le lapidi, riescono a
barricarsi in una stanza e a superare indenni la nottata ma quando, il mattino
seguente, escono allo scoperto per fuggire da quel luogo maledetto, si
imbattono in un nuovo pericolo: una banda di vecchiette armate fino ai denti e
determinate a rapinarli, nonostante posseggano solo gli abiti sbrindellati che
indossano.
Se tutto ciò vi sembra strano, sappiate che è solo un
piccolissimo assaggio del folle mondo in cui vi ritroverete catapultati, un
mondo al limite fra il grottesco e il surreale, in cui si soffre la fame e si
muore a ritmo forsennato, eppure non così alieno rispetto al nostro.
Il futuro ipotetico, o il presente alternativo, in cui ci
trascina Vergnani, in effetti, potrebbe essere una versione spinta agli estremi
della nostra realtà, il punto di arrivo di una società in crisi, ridotta
in miseria e abbandonata a se stessa,
giacché le istituzioni non sono più garanti dei diritti umani né tanto meno di
giustizia.
La disoccupazione, la povertà, la perdita dei valori hanno
determinato “un’accelerazione nell’evoluzione dei farabutti”, per dirla con le
parole del protagonista, nonché unica voce narrante.
Cosicché i due reduci saltano da una guerra fra stati a una
guerriglia urbana, un conflitto fra poveri, che si derubano a vicenda a si
contendono il territorio, mentre gli organi di potere restano a guardare.
Ben presto, scoprono di non poter restare indisturbati,
nemmeno in uno stabile diroccato in cui a stento dispongono del minimo per
poter sopravvivere, perché fuori imperversano bande rivali pronte a razziare e
uccidere, senza esclusione di colpi.
Lo strambo manipolo di vecchiette armate non è che uno degli
innumerevoli gruppi di balordi sparsi per la città. Violenza e follia sembrano
aver messo radici, al punto che, guardandosi intorno, si ha l’impressione di essere in una rivisitazione amplificata di
Arancia Meccanica, un set reale, letteralmente infestato da squadre di
assassini nascosti dietro maschere improbabili, come gli Harvey che si
presentano nei panni di giocatori di basket o i Lupin che, votandosi
all’eleganza, emulano il noto ladro gentiluomo (anche se i loro modi sono
tutt’altro che gentili).
In questo marasma, grottesco quanto letale, si cela poi il Bisbiglio, un assassino seriale divenuto
quasi leggenda che firma i suoi delitti lasciando una rosa sulla scena del crimine.
Sarà proprio nel suo mirino che finiranno gli amici
senzatetto, cosicché si vedranno costretti a stanarlo ed eliminarlo prima che
lui elimini loro. Ad aiutarli nell’impresa avranno un vecchio amico: il nano
Matt, un tempo re della malavita ora caduto in disgrazia, tanto che bussa alla
porta del loro rudere per chiedere asilo, e il suo cane tossicodipendente,
Lapo.
Il plot si offre come un giallo ben orchestrato, un vero e
proprio rompicapo che ruota intorno alla fantomatica figura del Bisbiglio, ma chiaramente è molto di
più. Horror, humour nero, azione e mistero si intrecciano a elementi splatter e
surreali, fra cui alberga anche un pizzico di poesia, dando vita a un mix
esplosivo, al confine con la bizzarro fiction, che garantisce stupore e
divertimento, ma nel contempo si tinge di una velata malinconia… quasi una nota
agrodolce di sottofondo, che attraversa tutta la narrazione raccontandoci il
male di vivere.
Pagina dopo pagina, l’autore ci fa sorridere e inorridire, ci
spiazza e ci stupisce, inscenando una sorta di teatro dell’assurdo, ma
gradualmente ci sospinge anche su un terreno in cui i toni si fanno seri e la
riflessione è d’obbligo.
“Non è nelle certezze e nelle convinzioni ma nelle sfumature
e nelle indecisioni che sta la giustizia”.
Cadute le maschere, sarà questa consapevolezza a prendere forma, facendo
sì che la lente della finzione e quella della realtà si sovrappongano fino a combaciare del tutto.
Un romanzo magistrale, assolutamente degno di un fuoriclasse
come Vergnani.
Grazie mille. :) Davvero. Bellissima recensione. Al di là del giudizio, ben centrata su quelli che desideravo fossero gli elementi cardine.
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