lunedì 21 marzo 2016

Recensione in anteprima: Gli occhi neri di Susan

Titolo: Gli occhi neri di Susan
Autrice: Julia Heaberlin
Editore: Newton Compton
Collana: Nuova Narrativa Newton
Pagine: 336
Prezzo cartaceo: 12,00
Prezzo eBook: 2,99
Data di publicazione: 31 marzo 2016

Descrizione:
Tessa Cartwright, sedici anni, viene ritrovata in un campo del Texas, sepolta da un mucchio di ossa, priva di memoria. La ragazza è sopravvissuta per miracolo a uno spietato serial killer che ha ucciso tutte le altre sue giovani vittime per poi lasciarle in una fossa comune su cui crescono delle margherite gialle. Grazie alla testimonianza di Tessa, però, il presunto colpevole finisce nel braccio della morte. A quasi vent’anni di distanza da quella terrificante esperienza, Tessa è diventata un’artista e una mamma single. Una fredda mattina di febbraio nota nel suo giardino, proprio davanti alla finestra della camera da letto, una margherita gialla, che sembra piantata di recente. Sconvolta da ciò che evoca quel fiore, Tessa si chiede come sia possibile che il suo torturatore, ancora in carcere in attesa di essere giustiziato, possa averle lasciato un indizio così esplicito. E se avesse fatto condannare un innocente? L’unico modo per scoprirlo è scavare nei suoi dolorosi ricordi e arrivare finalmente a mettere a fuoco le uniche immagini, nascoste per tanti anni nelle pieghe della memoria, che potranno riportare a galla la verità…

La recensione di Miriam:
È possibile ritornare a vivere dopo essere stati a braccetto con la morte? Riemergere da una fossa comune con il cuore rallentato, seppure ancora in grado di battere, con la memoria ridotta  a un buco nero, gli occhi spenti ma le facoltà intellettive intatte?
Nel caso di Tessa Cartwright la risposta è sì. Rapita a sedici anni, dopo una lunga prigionia, la ragazza, creduta morta dal suo aguzzino, viene sepolta in un campo insieme alle ossa di altre giovani vittime. Tuttavia lei è ancora viva e, al pari delle margherite – Black Eyed Susan – cresciute sulla sua tomba, riesce a emergere in superficie.
Unica sopravvissuta a uno spietato serial killer, a differenza delle sue compagne di sventura, Tessa torna a casa, ma niente sarà più come prima, giacché “risorgere” dopo un’esperienza così agghiacciante è un’impresa ardua. A rendere ancor più difficile la sua condizione si aggiungono le pressioni e i sensi di colpa: Tessa ha visto le altre vittime, ormai impossibili da identificare, e ha visto anche l’uomo che le ha rapite. Nella sua testa è racchiusa la soluzione di un caso che nessun altro riesce a risolvere. Se solo ricordasse, lei potrebbe dare un nome alle altre “Susan”, le cui voci non le danno tregua, restituendo i loro resti alle famiglie, e potrebbe anche consegnare alla giustizia il mostro che le ha uccise. Solo che i ricordi sembrano essere rimasti sottoterra e nessuna terapia pare in grado di riportarli alla luce.
La situazione peggiora quando la polizia individua il presunto colpevole e, suo malgrado, la ragazza si ritrova a dover testimoniare.
Quella che sembrava la fine di un incubo per Tessa, si trasforma, in realtà, in un calvario lungo quasi vent’anni. A distanza di tanto tempo, nonostante la donna abbia avuto una figlia e abbia trovato nell’arte una valvola di sfogo, il caso non è ancora chiuso. La memoria non è tornata, però lei è convinta che, Terrell Darcy Godwin, l’uomo identificato come il serial killer e ora nel braccio della morte, sia innocente, perché  dopo la sua incarcerazione, qualcuno ha piantato  margherite gialle nel suo guardino, segno inequivocabile del fatto che il vero mostro è ancora a piede libero.
Gli occhi neri di Susan si connota come un thriller marcatamente psicologico; la sua peculiarità, nonché il tratto che dal mio punto di vista lo discosta dai soliti cliché, risiede nel fatto che non siamo chiamati a seguire le indagini della polizia per giungere alla soluzione dell’enigma. Il processo si è già svolto e il colpevole, ufficialmente, è stato già condannato.
Julia Heaberlin, ci fa entrare, invece, nella mente della vittima che tenta disperatamente di ricostruire la verità per salvare dall’esecuzione un uomo che sa essere innocente.
Anche se Tessa potrà contare sul supporto dell’avvocato di Terrell e di un medico legale esperto nell’analisi delle ossa,  il vero processo investigativo sarà di natura essenzialmente psicologica.
Se i progressi fatti dalla scienza in vent’anni, possono apportare nuovi tasselli e nuove prove utili alla riapertura del caso, rimane il fatto che la sua soluzione è scritta a chiare lettere nell’inconscio di Tessa: l’obiettivo primario è dunque recuperare il rimosso.
L’intero romanzo si articola in due tempi: alternatamente i vari capitoli ci portano nel passato, laddove pian piano prendono forma i ricordi perduti, per poi proiettarci di nuovo nel presente, scandito dai tentativi di Tessa di ricostruire gli accadimenti e dalla corsa contro il tempo per salvare Terrell.
Il plot fortemente adrenalinico si arricchisce di momenti introspettivi che mettono davvero i brividi.
Mentre veniamo letteralmente coinvolti in un mistero agghiacciate, costruito ad arte e studiato nei minimi dettagli, ci ritroviamo a riflettere su tematiche attualissime e che hanno il potere di scuotere a vari livelli. Da un lato facciamo i conti con gli abusi infantili  e con le conseguenze che i traumi possono produrre sulla psiche di  un minore; dall’altro ci misuriamo con la pena di morte, con il macabro rituale che incornicia le esecuzioni, con l’angoscia e lo stato di attesa che si respira nel braccio della morte e, argomento ancor più angosciante, con il dubbio di poter giustiziare la persona sbagliata.
L’autrice raggiunge un perfetto equilibrio fra la descrizione raccapricciante dei fatti e il bagaglio emotivo di chi quei “fatti” li ha sperimentati  sulla propria pelle, incarnando ruoli diversi. Insieme alla tempesta che, inevitabilmente,  si agita nella mente di Tessa, emerge il turbine di emozioni che attanaglia Terrell in attesa della sua ultima ora, ma anche il vissuto emozionale dei parenti delle vittime, dell’avvocato difensore che sente  tutto il peso della responsabilità scaturita dal suo lavoro, degli psicologi che tentano di forzare i catenacci dell’inconscio in nome della verità.
Un rompicapo magistrale che ci trascina nei meandri più oscuri della mente umana, tenendoci sulla corda e lasciandoci, infine, con il fiato sospeso, non per mancanza di risposte, ma perché proprio quelle spiazzano acuendo il senso di inquietudine.  





 

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