sabato 25 ottobre 2014

Recensione: Black Ice

Titolo: Black ice
Autrice: Becca Fitzpatrick
Editore: Piemme freeway
Pagine: 360
Prezzo: 16,90
Descrizione:
Britt si è preparata per più di un anno a un trekking sul Teton Range. Quello a cui non era preparata, però, è scoprire che Calvin, il suo ex ragazzo e unico grande amore, si unirà a lei. Prima che Britt abbia tempo di esplorare i propri sentimenti, si scatena una terribile tormenta che la obbliga a rifugiarsi in una baita sperduta. Peccato che gli occupanti, entrambi giovani e molto affascinanti, siano anche due fuggitivi decisi a prenderla in ostaggio. Britt sa che la conoscenza dei sentieri e l’attrezzatura da trekking che ha con sé rappresentano la sua assicurazione sulla vita, e che deve solo resistere abbastanza a lungo perché Calvin la raggiunga, eppure…
In una disperata corsa contro il tempo e il freddo, Britt scoprirà che sotto la neve si nascondono moltissimi segreti e che forse il suo rapitore, la cui gentilezza è decisamente seducente, non è quello che sembra.
L'autrice:
Becca Fitzpatrick ha una laurea in medicina che ha subito abbandonato per dedicarsi alla narrativa. Quando non è impegnata a scrivere, fa jogging oppure guarda telefilm polizieschi in Tv. Vive in Colorado. Per Freeway ha già pubblicato Il bacio dell'angelo caduto, Angeli nell'ombra e Sulle ali di un angelo
 
La recensione di Miriam:
 
Mentre si appresta a partire per i Monti Teton, Britt sente di stringere in pugno la sua grande occasione. Quella per cui si è allenata a lungo, in realtà, non rappresenta una semplice vacanza: finalmente potrà dimostrare al padre e al fratello, entrambi iperprotettivi, che è in grado di cavarsela da sola e potrà tentare di riconquistare Calvin, il suo ex che non ha più visto dal giorno in cui è partito per il college. Il ragazzo che, è anche il fratello della sua migliore amica, Korbie, infatti,  farà parte della compagnia, giacché la baita in cui soggiorneranno è di proprietà della sua famiglia. Britt potrà dunque mostrargli quando sia maturata in sua assenza, risvegliando l’antica fiamma.
Un programmino niente male, destinato a trasformarsi in un incubo.
La meta è ancora lontana quando un’imprevista tormenta di neve sorprende l’auto su cui viaggiano le due ragazze. In breve smarriscono la rotta e si ritrovano bloccate, con i cellulari che non danno più segni di vita. Tutto sembra essere perduto quando una lucina in lontananza, degna della miglior tradizione fiabesca,  riaccende anche la speranza. È una casetta quella che hanno avvistato, ma sarà davvero la loro salvezza?
Nelle favole, di solito, a celarsi dietro la porta è una strega, oppure l’orco cattivo. In questo caso si tratterà di due  ragazzi, peraltro molto avvenenti, le loro intenzioni però si riveleranno ben presto tutt’altro che amichevoli.
Britt e Korbie finiranno in trappola e, a peggiorare la situazione, in loro si farà strada il terribile sospetto che i due rapitori siano gli stessi che, negli anni precedenti, hanno ucciso altre ragazze nella zona, senza mai essere identificati.
Come potrete già intuire, le premesse per un thriller adrenalinico ci sono tutte e, per la prima metà, questo romanzo lo è. Ho letto le prime pagine rimanendo inchiodata alla sedia, terribilmente incuriosita da quel che avrebbe potuto succedere andando avanti e inebriata dalle atmosfere lugubri, quasi horror,  che la Fitzpatrick riesce a dipingere con grandissima efficacia. Benché un po’ stereotipata, la casetta tra i monti battuti dalla tormenta mette davvero i brividi e i due personaggi ambigui che si palesano oltre l’uscio, non sono da meno. Shaun e Mason, questi sono i loro nomi, appaiono sin da subito sfuggenti. Risulta impossibile inquadrarli, comprendere se sono entrambi davvero temibili e, quando affiora il sospetto che uno dei due possa essere più malleabile (più buono?) dell’altro, non è per niente facile stabilire chi sia. Si rimane a lungo in bilico, mentre il freddo penetra nelle ossa. Leggendo si percepisce con chiarezza il senso di isolamento, il disagio, l’ostilità del clima, ci si sente letteralmente catapultati nel romanzo. Questo senso di verosimiglianza, tuttavia, non regge fino alla fine. Giunti a un certo punto si assiste a una svolta tesa a introdurre la componente romance che, purtroppo, finisce per togliere credibilità alla storia, mitigando ogni entusiasmo. La mia impressione è quella di un connubio tra generi non del tutto riuscito perché si slitta dall’uno all’altro in un modo poco naturale e abbastanza forzato. L’idea di fondo sembra essere quella di una sindrome di Stoccolma che colpisce Britt ma tanti, forse troppi, sono i dettagli che non tornano. Non torna la rapidità con cui Britt, in principio perdutamene innamorata di Calvin e determinata a riconquistarlo, si invaghisce di un altro; non torna l’assenza di un vero e proprio conflitto interiore, la leggerezza con cui l’attrazione per il suo aguzzino si sostituisce all’avversione che dovrebbe nutrire nei suoi confronti. Non torna, infine, l’epilogo, sicuramente degno di un romance, ma assai poco credibile.
Nel complesso mi è sembrato di leggere due romanzi distinti: il primo ha suscitato il mio entusiasmo, il secondo, pur regalandomi una piacevole parentesi di intrattenimento, non mi ha convinta  del tutto.
Probabilmente una maggiore cura nella caratterizzazione psicologica dei personaggi e un ritmo meno rapido, avrebbero permesso all’autrice di esprimere al meglio le potenzialità della trama che non mancano e si intuiscono perfettamente, ma finiscono per essere sacrificate in nome di una virata rosa che sembra essere sfuggita al suo pieno controllo.





  


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