Recensione: Universi quasi paralleli
Titolo: Universi quasi paralleli
Autore: Antonio Caronia
Editore: Cut- Up
Collana: Strade perdute
Genere: saggistica
Pagine: 206
Prezzo: 13,00 euro
Autore: Antonio Caronia
Editore: Cut- Up
Collana: Strade perdute
Genere: saggistica
Pagine: 206
Prezzo: 13,00 euro
Descrizione:
Dalla prima metà degli anni Ottanta, la fantascienza si è
innestata nelle pratiche più radicali dei movimenti di opposizione che hanno
attraversato il corpo della società. Di questo fermento, la prima espressione
italiana fu la rivista Un'ambigua utopia dell'omonimo collettivo, uscita tra il
1977 e il 1980. Poi, la diffusione dei computer e le prime forme di connessione
telematica, la scoperta del web, la pervasività dei collegamenti wireless hanno
scandito e accompagnato la ristrutturazione degli ultimi decenni. Muovendosi
tra letteratura e analisi politica, tra espressione artistica e attiva
partecipazione alla scena controculturale, Antonio Caronia ha seguito per oltre
trent'anni il filo rosso dei cambiamenti in atto. In Universi quasi paralleli
raccoglie una selezione degli scritti che meglio hanno saputo interpretare
queste tendenze: dai maestri della fantascienza come P.K. Dick, Samuel Delany,
Ursula Le Guin, alle beffe mediatiche di Luther Blissett, da un raffinato uso
del falso all'analisi del cyberpunk e del concetto di virtualità.
L'autore:
Antonio Caronia. Docente di Comunicazione e Sociologia della
cultura all’Accademia di Brera, di Estetica dei new media alla Naba, è stato studioso
di scienze, tecnologia, letteratura e comunicazioni. Dal 1964 al 1977 ha svolto attività
politica, e nel 1978 si unì all'attivissimo collettivo "Un'ambigua
utopia", che riprendeva il sottotitolo del celebre romanzo di Ursula K.
LeGuin "I reietti dell'altro pianeta". Dagli anni '80 ha collaborato con Linus,
Corto Maltese, il Manifesto, Videomagazine, Virtual, Isaac Asimov's Science
Fiction Magazine, Virus, l'Unità, Linea d'ombra, Pulp, Flesh Out. Attivista nei
movimenti politici di base, ha diretto la collana "Postumani" per
le edizioni Mimesis. L'autore è scomparso nel 2013.
La recensione di Miriam:
La letteratura fantascientifica, lungi dall’essere
finalizzata al mero intrattenimento, si innesta nella società e agisce come una
lente che, riflettendo il presente ci consente di volgere uno sguardo a
possibili scenari futuri. La sci-fi incarna dunque un genere in continua
evoluzione, le cui componenti mutano con il mutare della realtà che ci circonda,
non solo in rapporto al progresso tecnologico tout court ma anche in relazione
ai cambiamenti politici, a quelli socio-economici, culturali e contro-culturali
.
Antonio Caronia, per oltre trent’anni, ha seguito attentamente questo processo evolutivo producendo numerosi scritti (articoli e saggi brevi pubblicati per la prima volta in un arco di tempo compreso tra il 1981 e il 2005 su svariate riviste o raccolte tematiche) tesi appunto ad approfondire e porre in evidenza il legame tra fantascienza e tessuto sociale.
Universi quasi paralleli ce li ripropone oggi raccolti in un unico volume. Il risultato non è un semplice collage volto a tenere insieme e conservare testi precedentemente sparsi, ma qualcosa di più interessante che si fregia di un valore aggiunto. La sequenza, infatti, finisce per tracciare un percorso storico- critico unitario e di grandissimo interesse.
Si parte da una riflessione sulle creature artificiali che pone in luce il parallelismo tra i cambiamenti che subiscono in letteratura e nella realtà. Caronia ci mostra come dai robot di Asimov − esseri artificiali posti in un contesto naturale − si passa agli androidi di Dick e Delany nei quali il confine tra artificiale e naturale si assottiglia. L’androide è un ibrido in cui ciò che è umano convive con ciò che non lo è al punto che non si riesce più a mantenere una linea di demarcazione netta.
Antonio Caronia, per oltre trent’anni, ha seguito attentamente questo processo evolutivo producendo numerosi scritti (articoli e saggi brevi pubblicati per la prima volta in un arco di tempo compreso tra il 1981 e il 2005 su svariate riviste o raccolte tematiche) tesi appunto ad approfondire e porre in evidenza il legame tra fantascienza e tessuto sociale.
Universi quasi paralleli ce li ripropone oggi raccolti in un unico volume. Il risultato non è un semplice collage volto a tenere insieme e conservare testi precedentemente sparsi, ma qualcosa di più interessante che si fregia di un valore aggiunto. La sequenza, infatti, finisce per tracciare un percorso storico- critico unitario e di grandissimo interesse.
Si parte da una riflessione sulle creature artificiali che pone in luce il parallelismo tra i cambiamenti che subiscono in letteratura e nella realtà. Caronia ci mostra come dai robot di Asimov − esseri artificiali posti in un contesto naturale − si passa agli androidi di Dick e Delany nei quali il confine tra artificiale e naturale si assottiglia. L’androide è un ibrido in cui ciò che è umano convive con ciò che non lo è al punto che non si riesce più a mantenere una linea di demarcazione netta.
La riflessione sul “confine” si allarga poi al contesto. Nei
saggi che seguono, incentrati soprattutto sull’opera di Dick e Delany, Caronia
mette in evidenza le implicazioni prodotte dall’affermarsi di una dimensione
virtuale (nella fiction come nella società reale).
Il tema della realtà (la risposta alla domanda: “ che cosa è reale e cosa non lo è?”) si intreccia infatti in Dick sin dall’inizio con il tema dell’autenticità sia per quanto riguarda l’uomo che il mondo.
Il tema della realtà (la risposta alla domanda: “ che cosa è reale e cosa non lo è?”) si intreccia infatti in Dick sin dall’inizio con il tema dell’autenticità sia per quanto riguarda l’uomo che il mondo.
I personaggi di Dick si chiedono costantemente: “il mondo in
cui io vivo e opero è quello vero ? o non è il mascheramento di un’altra realtà
nascosta, segreta?” (pag. 46)
L’era del virtuale è quella in cui diviene sempre più difficile distinguere la verità dalla finzione. Basta guardarsi intorno e pensare al ruolo sempre più preponderante dei social network nella definizione delle relazioni sociali per comprendere quanto il genere narrativo di cui si discorre sia vicino a ciò che sperimentiamo quotidianamente sulla nostra pelle.
L’era del virtuale è quella in cui diviene sempre più difficile distinguere la verità dalla finzione. Basta guardarsi intorno e pensare al ruolo sempre più preponderante dei social network nella definizione delle relazioni sociali per comprendere quanto il genere narrativo di cui si discorre sia vicino a ciò che sperimentiamo quotidianamente sulla nostra pelle.
Ciò diviene ancora più evidente con l’affermarsi del filone
cyberpunk a partire dagli anni ’80. Nelle opere riconducibili a questa corrente
non troviamo più società immaginarie e future ma la nostra stessa società, solo
proiettata in una dimensione distorta e più grottesca. In questo particolare
contenitore narrativo, popolato di personaggi al confine tra arte, tecnologia e
microcriminalità, la sci-fi sposa la
cultura underground e il complesso sistema della high tech, caratterizzanti
appunto il mondo contemporaneo circostante.
Ripercorrendo la storia del Cyberpunk e soffermandosi anche sul suo approdo in Italia, l’autore giunge infine a dilatare ulteriormente l’orizzonte della sua analisi evidenziando le connessioni tra questo movimento letterario, la scena contro-culturale e le avanguardie artistiche sviluppatesi nello stesso periodo di riferimento.
Dall’opera letteraria di Gibson e Sterling si passa così alle beffe mediatiche di Luther Blisset e alle provocazioni lanciate dall’arte concettuale (si veda per esempio Duchamp) fino a sviscerare in maniera più approfondita “l’uso del falso” attraverso la ricostruzione di casi di alcuni celebri Fake, quali l’artista Darko Maver − inneggiato, criticato, perseguito dalla giustizia ma mai realmente esistito − o i manoscritti di Salem − tutt’altro che autentici sebbene spacciati e accolti come tali.
Una raccolta di saggi tanto appassionante che si legge come fosse un romanzo, anche grazie allo stile scorrevole e scevro da tecnicismi. Un libro che consiglio sicuramente a chi ama la fantascienza ma soprattutto a chi nutre pregiudizi nei confronti di questo genere perché leggendo questo libro avrà modo di toccarne con mano la portata e le infinite potenzialità.
Ripercorrendo la storia del Cyberpunk e soffermandosi anche sul suo approdo in Italia, l’autore giunge infine a dilatare ulteriormente l’orizzonte della sua analisi evidenziando le connessioni tra questo movimento letterario, la scena contro-culturale e le avanguardie artistiche sviluppatesi nello stesso periodo di riferimento.
Dall’opera letteraria di Gibson e Sterling si passa così alle beffe mediatiche di Luther Blisset e alle provocazioni lanciate dall’arte concettuale (si veda per esempio Duchamp) fino a sviscerare in maniera più approfondita “l’uso del falso” attraverso la ricostruzione di casi di alcuni celebri Fake, quali l’artista Darko Maver − inneggiato, criticato, perseguito dalla giustizia ma mai realmente esistito − o i manoscritti di Salem − tutt’altro che autentici sebbene spacciati e accolti come tali.
Una raccolta di saggi tanto appassionante che si legge come fosse un romanzo, anche grazie allo stile scorrevole e scevro da tecnicismi. Un libro che consiglio sicuramente a chi ama la fantascienza ma soprattutto a chi nutre pregiudizi nei confronti di questo genere perché leggendo questo libro avrà modo di toccarne con mano la portata e le infinite potenzialità.
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