Recensione: L'autunno di Montebuio
Titolo: L'autunno di Montebuio
Autori: Danilo Arona e Micol Des Gouges
Editore: Nero Press
Pagine: 267
Prezzo: 15,00
Autori: Danilo Arona e Micol Des Gouges
Editore: Nero Press
Pagine: 267
Prezzo: 15,00
Descrizione:
Tornano i misteri di Montebuio. Sullo
sfondo, gli anni in cui Cuba minacciava il mondo coi suoi missili. La
storia di tre bambini che si trovano ad affrontare l’incubo della guerra
attraverso le paure – anzi no, il terrore – negli occhi degli adulti.
“Perché la paura, al suo picco, è in grado di materializzare i terrori del mondo. E i missili voleranno in direzione di Montebuio. E con loro altre cose che nessuno mai dovrebbe vedere” (cit. D. Arona)
Perciò siate pronti. L’Autunno sta arrivando.
“Perché la paura, al suo picco, è in grado di materializzare i terrori del mondo. E i missili voleranno in direzione di Montebuio. E con loro altre cose che nessuno mai dovrebbe vedere” (cit. D. Arona)
Perciò siate pronti. L’Autunno sta arrivando.
Gli autori:
Danilo Arona:
Danilo Arona:
Danilo Arona, scrittore e critico cinematografico. Dal 1978 a oggi ha firmato oltre venti titoli tra saggi di
cinema, inchieste sul lato oscuro del sociale e romanzi horror. Nella sua
produzione più recente spiccano L'ombra del dio alato, La stazione
del Dio del Suono, Palo Mayombe, Cronache di Bassavilla,
Black Magic Woman, Finis Terrae, Melissa Parker e
l'incendio perfetto, Santanta, Pazuzu e La croce
sulle labbra. Suona la chitarra con il gruppo rock dei Western Comfort.
Micol Des Gouges, nasce il 26 gennaio 1994 ad Alessandria dove frequenta il liceo classico.Da sempre affascinata dai libri, dalle storie, dalle biblioteche, dal mondo della parola scritta, comincia a scrivere racconti finchè non le viene proposto di collaborare con Danilo Arona. L'autunno di Montebuio è il suo esordio come scrittrice.
La recensione di Miriam:
È arrivato l’autunno, i villeggianti sono andati via e
Montebuio è tornato a essere una piccola comunità di sole trentadue anime.
Lisa, Ettore e Santino sono rimasti soli − unici bambini in un paesino di
adulti. L’estate ha portato via i compagni delle vacanze con il ticchettio
della macchina da scrivere su cui Morgan batteva con insistenza, ma sono
rimasti i ricordi. Ancora vivide sono le immagini di un agosto terrificante e
misterioso, di una grandinata rosso sangue, di funghi marciti all’improvviso,
di Elma che rigurgitava in chiesa un orribile liquido color della notte e della
vecchia colonia che vomitava sale nero. Il grigiore ottobrino saprà
inghiottirle fino a farle svanire?
I tre amici lo sperano ma, si sa, le cose non vanno sempre come vorremmo e la paura non passa con le stagioni, non in un posto come Montebuio.
L’ottobre del ’62 trascorre mite e sonnacchioso fino a che strani episodi non cominciano ad accadere.
C’è una fessura nel muro della chiesa. Si vocifera che se ci guardi attraverso puoi scorgere la salma di Santa Margherita. Lisa, Ettore e Santino non resistono alla tentazione di spiare, anzi vi cedono più di una volta, ed è proprio così facendo che si accorgono della sparizione della salma.
Un’allucinazione o qualcuno ha davvero trafugato la Santa?
Non è la sola domanda a reclamare una risposta perché le stranezze non finiscono qui. C’è un gatto parlante che ha fatto incursione durante la messa di Don Guido, ci sono luci uncinate che vagano su alla vecchia colonia e c’è il telegiornale che, a partire dal 20 del mese, trasmette senza sosta notizie inquietanti. Si parla di ordigni piazzati in un posto che si chiama Cuba, di Russi e Americani che vogliono farsi la guerra, di missili che potrebbero distruggere tutto in un soffio.
Gli adulti non sembrano disposti a collaborare, eludono le domande dei piccoli con altre domande, hanno l’aria di sapere tante cose eppure negano. Tutte le sere si riuniscono attorno all’unico televisore presente in paese, quello in casa di Lisa, ascoltano con volti tesi però ai bambini dicono che non c’è pericolo perché la guerra non si farà e se anche fosse sarà lontana… ma sarà poi vero che i missili non possono arrivare a Montebuio?
Il solo adulto propenso a parlare è Pinetto, il custode della colonia, quello che vede le luci e che potrebbe essere un po’ tocco. I suoi racconti tuttavia non sono per niente rassicuranti.
Il tutto si complica quando la colonia comincia a “trasmettere”. Incubi o reali anticipazioni del futuro?
Impossibile stabilirlo, tanto più perché i soli a essere “sintonizzati” sono il custode e i tre piccoli amici.
È su queste basi che Danilo Arona e Micol Des Gouges edificano il loro romanzo, un romanzo horror, senza ombra di dubbio, ma che si lega a filo doppio con una indimenticabile pagina di Storia. L’autunno di Montebuio ci narra infatti di strani sogni, misteri, fenomeni paranormali ma ci parla anche, e soprattutto, di Guerra Fredda facendoci rivivere un incubo assolutamente reale che ha segnato un’intera generazione e, nel contempo, ha gettato i semi di una Paura che, ancor oggi, non può considerarsi estinta.
Particolarissima è la prospettiva adottata dai due autori. Voce narrante è Lisetta, il capo del trio. Più coraggiosa e più determinata dei maschietti, è lei a dettare le regole del gioco. L’intera vicenda viene dunque inquadrata con gli occhi dell’infanzia. Operazione difficilissima giacché implica la capacità di spogliarsi di una serie di sovrastrutture per recuperare un registro linguistico e una forma di pensiero che facilmente si “dimenticano” con il trascorrere del tempo. Nel caso specifico, si tratta di un’impresa resa ancor più ardua dalla scelta di una scrittura a quattro mani. Sorprende, in quest’ottica, è il risultato raggiunto non solo in termini di credibilità dei personaggi ma anche in relazione all’omogeneità che caratterizza il testo rendendo impercettibili i passaggi di mano.
Tra queste pagine ritroviamo dunque un Danilo Arona, superlativo come sempre, ma in veste decisamente inedita e scopriamo un’autrice esordiente che, a dispetto della giovanissima età, riesce a tenere il passo e a farsi notare.
Danilo e Micol sembrano davvero tornare bambini e, nel farlo, riportano indietro anche noi risvegliando paure ancestrali.
“Io ho dieci anni, dieci anni. Cosa c’entro io con la guerra che si fanno due nazioni come l’America e la Russia, Paesi che conosco solo per nome, e che sono lontanissimi da noi (evidentemente non abbastanza lontani…)? […] Perché dobbiamo finire in mezzo alla loro stupida guerra, che è proprio insensata come tutte le altre guerre?”
È Lisetta a porsi questo interrogativo ma chissà quante volte ci saremo posti noi stessi una domanda simile e chissà quante volte se la pongono i nostri figli, a maggior ragione oggi che i notiziari rigurgitano continuamente orrori che vanno oltre qualsiasi capacità di immaginazione. Gli anni passano, le nazioni che si contrappongono cambiano, le armi divengono più sofisticate, ma la paura è sempre la stessa e l’assurdità di fondo resta… così come resta un senso di inquietudine a lettura finita, persistente quasi come il fruscio prodotto da un vecchio mangiadischi azionato in un’estate che, alla fine, no, non si dimentica…
I tre amici lo sperano ma, si sa, le cose non vanno sempre come vorremmo e la paura non passa con le stagioni, non in un posto come Montebuio.
L’ottobre del ’62 trascorre mite e sonnacchioso fino a che strani episodi non cominciano ad accadere.
C’è una fessura nel muro della chiesa. Si vocifera che se ci guardi attraverso puoi scorgere la salma di Santa Margherita. Lisa, Ettore e Santino non resistono alla tentazione di spiare, anzi vi cedono più di una volta, ed è proprio così facendo che si accorgono della sparizione della salma.
Un’allucinazione o qualcuno ha davvero trafugato la Santa?
Non è la sola domanda a reclamare una risposta perché le stranezze non finiscono qui. C’è un gatto parlante che ha fatto incursione durante la messa di Don Guido, ci sono luci uncinate che vagano su alla vecchia colonia e c’è il telegiornale che, a partire dal 20 del mese, trasmette senza sosta notizie inquietanti. Si parla di ordigni piazzati in un posto che si chiama Cuba, di Russi e Americani che vogliono farsi la guerra, di missili che potrebbero distruggere tutto in un soffio.
Gli adulti non sembrano disposti a collaborare, eludono le domande dei piccoli con altre domande, hanno l’aria di sapere tante cose eppure negano. Tutte le sere si riuniscono attorno all’unico televisore presente in paese, quello in casa di Lisa, ascoltano con volti tesi però ai bambini dicono che non c’è pericolo perché la guerra non si farà e se anche fosse sarà lontana… ma sarà poi vero che i missili non possono arrivare a Montebuio?
Il solo adulto propenso a parlare è Pinetto, il custode della colonia, quello che vede le luci e che potrebbe essere un po’ tocco. I suoi racconti tuttavia non sono per niente rassicuranti.
Il tutto si complica quando la colonia comincia a “trasmettere”. Incubi o reali anticipazioni del futuro?
Impossibile stabilirlo, tanto più perché i soli a essere “sintonizzati” sono il custode e i tre piccoli amici.
È su queste basi che Danilo Arona e Micol Des Gouges edificano il loro romanzo, un romanzo horror, senza ombra di dubbio, ma che si lega a filo doppio con una indimenticabile pagina di Storia. L’autunno di Montebuio ci narra infatti di strani sogni, misteri, fenomeni paranormali ma ci parla anche, e soprattutto, di Guerra Fredda facendoci rivivere un incubo assolutamente reale che ha segnato un’intera generazione e, nel contempo, ha gettato i semi di una Paura che, ancor oggi, non può considerarsi estinta.
Particolarissima è la prospettiva adottata dai due autori. Voce narrante è Lisetta, il capo del trio. Più coraggiosa e più determinata dei maschietti, è lei a dettare le regole del gioco. L’intera vicenda viene dunque inquadrata con gli occhi dell’infanzia. Operazione difficilissima giacché implica la capacità di spogliarsi di una serie di sovrastrutture per recuperare un registro linguistico e una forma di pensiero che facilmente si “dimenticano” con il trascorrere del tempo. Nel caso specifico, si tratta di un’impresa resa ancor più ardua dalla scelta di una scrittura a quattro mani. Sorprende, in quest’ottica, è il risultato raggiunto non solo in termini di credibilità dei personaggi ma anche in relazione all’omogeneità che caratterizza il testo rendendo impercettibili i passaggi di mano.
Tra queste pagine ritroviamo dunque un Danilo Arona, superlativo come sempre, ma in veste decisamente inedita e scopriamo un’autrice esordiente che, a dispetto della giovanissima età, riesce a tenere il passo e a farsi notare.
Danilo e Micol sembrano davvero tornare bambini e, nel farlo, riportano indietro anche noi risvegliando paure ancestrali.
“Io ho dieci anni, dieci anni. Cosa c’entro io con la guerra che si fanno due nazioni come l’America e la Russia, Paesi che conosco solo per nome, e che sono lontanissimi da noi (evidentemente non abbastanza lontani…)? […] Perché dobbiamo finire in mezzo alla loro stupida guerra, che è proprio insensata come tutte le altre guerre?”
È Lisetta a porsi questo interrogativo ma chissà quante volte ci saremo posti noi stessi una domanda simile e chissà quante volte se la pongono i nostri figli, a maggior ragione oggi che i notiziari rigurgitano continuamente orrori che vanno oltre qualsiasi capacità di immaginazione. Gli anni passano, le nazioni che si contrappongono cambiano, le armi divengono più sofisticate, ma la paura è sempre la stessa e l’assurdità di fondo resta… così come resta un senso di inquietudine a lettura finita, persistente quasi come il fruscio prodotto da un vecchio mangiadischi azionato in un’estate che, alla fine, no, non si dimentica…
Se siete curiosi di scoprire quale 45 giri frusciava nel succitato mangiadischi...
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