venerdì 1 febbraio 2013

Recensione: La luce del sole

Titolo: La luce del sole 
Autrice: Octavia E. Butler 
Traduzione di Marco Raspa 
Editore: Fanucci 
Collana: Tif Extra 
Pagine: 352 
Prezzo: 12,90 euro



Descrizione: 
Shori è una ragazzina colpita da una forma di amnesia selettiva, condotta dalle sue stesse abilità a una scoperta sensazionale: sopravvissuta alla strage della propria comunità, è in realtà una vampira di cinquantatré anni geneticamente modificata per essere immune alla luce del sole, la figlia perduta di un’antica razza di creature semi-immortali, gli Ina, che vivono in misteriosa simbiosi con il genere umano. Dopo il risveglio traumatico in una caverna, dimentica del proprio passato e protetta dalla pelle scura, dovrà lottare per difendersi da chi vuole annientarla definitivamente. L’ultimo capolavoro di Octavia Butler contribuisce alla creazione di un nuovo modello di storie sovrannaturali, che si discosta dal classico romance gotico per approdare a una più attuale declinazione di fantascienza sociale.



L'autrice:





Octavia Estelle Butler è la più nota scrittrice afroamericana di fantascienza. Nata il 22 giugno 1947 a Pasadena, in California, si definisce “confortevolmente asociale, una eremita nel centro di Los Angeles, pessimista, femminista, uno strano miscuglio di pigrizia e ambizione, di perplessità e sicurezza”. Nei suoi romanzi si raccontano i conflitti razziali e tra i sessi, le difficoltà delle minoranze, la segregazione dei ‘diversi’, alieni e terrestri. Butler ha ricevuto molti riconoscimenti (anche al di fuori del genere): ha ottenuto il premio Hugo nel 1984 con il racconto Speech Sounds e di nuovo nel 1985 con Bloodchild (che ha vinto anche il Nebula). Tra le sue opere più importanti ricordiamo il ciclo dei telepati di Patternmaster e la trilogia della Xenogenesi. La parabola dei talenti, seguito de La parabola del seminatore (Solaria 4, aprile 2000) si è aggiudicato nel 2000 il premio Nebula.

La recensione di Miriam:

Disturbate come un sole a mezzanotte, come una nota stonata in un melodia che, nonostante ciò, ti ipnotizza.
Non saprei definire meglio questo romanzo. Mi ha provocato un profondo senso di disagio eppure non riuscivo a smettere di leggere. Un po’ come quando ci si ritrova a guardare un’immagine raccapricciante dalla quale non si è capaci di distogliere gli occhi.
Il sipario si alza su una scena da incubo, destabilizzante perché immersa nel buio. Una creatura lotta per riacquistare i sensi nella fitta oscurità. Dolore e fame, è questo ciò che prova con chiarezza. Toccandosi comprende di avere il corpo martoriato da ferite, il cranio privo di capelli rivela delle ammaccature preoccupanti. La sua mente è una tabula rasa. Chi è? Perché si trova lì? Cosa le hanno fatto? Non c’è risposta.
D’improvviso sopraggiunge qualcuno, impossibile sapere chi o cosa sia, ma l’istinto di sopravvivenza prevale e la preda si trasforma in carnefice; assale l’essere vivente appena percepito, lo sbrana per placare i morsi della fame… comprenderà più tardi di aver banchettato con un uomo.
Se tutto ciò vi sembra sconvolgente, quel che vedrete quando la luce arriverà a dissipare le tenebre avrà il potere di disorientarvi del tutto.
Gradualmente conoscerete un personaggio tanto ambiguo da mandarvi in confusione: Shori. È lei la voce narrante di questa folle storia, la protagonista nei cui panni la Butler vi calerà con forza catapultandovi in un romanzo che si presenta come fosse l’ennesimo urban fantasy per rivelarsi, invece, un innovativo quanto shockante esempio di fantascienza sociale.
Ha l’aspetto di una bambina di circa undici anni Shori eppure di anni ne ha cinquantatre. È una donna ma, a un primo sguardo, potrebbe essere facilmente scambiata per un ragazzino. Si nutre di sangue come un vampiro però ha la pelle scura ed è resistente ai raggi del sole. Gli umani non la evitano, anzi ne sono attratti come fosse una calamita, bramano i suoi morsi e non resistono alla tentazione di fare sesso con lei − non fa differenza che siano uomini o donne e neanche che siano, almeno all’apparenza, molto più adulti.
Ma chi o cosa è Shori veramente? Lei è la prima ad avere il bisogno impellente di scoprirlo giacché non ricorda niente della sua vita passata. Sa solo di essere braccata e, per potersi difendere, non ha altra scelta che imparare a ri-conoscersi da zero.
Il mistero comincerà a dipanarsi solo quando un uomo che sostiene di essere suo padre la ritroverà e la condurrà tra i suoi simili.
Shori apprenderà allora di essere una Ina ma scoprirà anche di essere una “diversa” in quanto risultato di un esperimento genetico. Nessuno sa chi e perché  le stia dando la caccia ma è qualcuno che sta massacrando la sua gente e che ha già sterminato quasi del tutto la sua famiglia.
L’intero romanzo ruota dunque intorno a due nuclei fondamentali: da un lato si sviluppano le ricerche tese alla soluzione dell’enigma, dall’altro si snoda il personale percorso di Shori finalizzato, se non al recupero della memoria, almeno alla riconquista di una propria identità.
L’autrice tesse così una trama che, per alcuni versi, ha il sapore di un legal thriller dalle pennellate soprannaturali e, nel contempo, descrive con inquietante credibilità il complesso sistema sociale che regola la vita di una stranissima razza di vampiri.
Conoscere e provare a comprendere gli Ina è un’esperienza straniante perché si tratta di una comunità fondata su un’etica e su delle regole che sfuggono ai nostri schemi.
La Butler sembra scavare nel nostro inconscio e rivoltarlo come un calzino costringendoci a fronteggiare diversi tabù. Atti di cannibalismo, poligamia, incesto sono solo alcuni degli aspetti con cui bisogna fare i conti, mai dimenticando però che non tutto ciò che si vede è come sembra.
L’aspetto più disturbante, dal mio punto di vista, è da rintracciarsi nella particolare convivenza tra Ina ed esseri umani, una convivenza che sembra essere pacifica e regolata da uno scambio equo di privilegi ma che ricorda in maniera terribile l’abominio della schiavitù. Gli umani del cui sangue gli Ina si nutrono vengono chiamati simbionti, maturano una forte forma di dipendenza dai loro padroni, fisica e psicologica. Guadagnano un’incredibile longevità e la facoltà di non ammalarsi come i comuni mortali ma a quale prezzo? Esiste davvero un qualsiasi privilegio che valga la pena di essere barattato con la libertà?
Fanno paura gli Ina però, fanno paura in un modo differente dai vampiri che di solito ci propone la letteratura. Non sono tanto le loro zanne o la loro sete di sangue a terrorizzare quanto il loro essere così “alieni” rispetto ai nostri schemi di pensiero.
Non si riesce ad affezionarsi a loro, non si riesce ad affezionarsi neanche alla piccola Shori, eppure ci si sente incapaci di giudicarli perché l’orrore che più di tutti irretisce e serpeggia silente tra le pagine di questo libro nasce proprio dalla paura del diverso: il razzismo.
La luce del sole è infatti una graffiante parabola che ci parla di odio razziale, una storia “vestita” di fantascienza dalle dinamiche straordinariamente reali.
Un’opera difficile da metabolizzare ma che merita assolutamente di essere letta. Di sicuro lascia un segno ben più profondo del morso di un vampiro.









 

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