Recensione: The game
Titolo: The game
Autore: Michael Olson
Editore: Fanucci
Collana: Time Crime
Dati: 2012, 576 p, rilegato
Prezzo di copertina: 10, 00 euro
Descrizione:
Dieci anni fa la bellissima, multimilionaria
Blythe Randall ha spezzato il cuore di James Pryce. Eppure, sembra che
ora abbia disperatamente bisogno del suo aiuto. Pryce, un hacker in
grado di rintracciare chiunque abbia fatto perdere le tracce di sé
seguendo invisibili piste telematiche, si trova così
coinvoltonell'incarico più difficile che gli sia mai stato assegnato:
ritrovare Billy Randall, il fratello di Blythe, misteriosamente
scomparso dopo aver inviato un video nel quale metteva in scena il
proprio suicidio. Il solo indizio sulla sua posizione attuale è un luogo
che non esiste: un nuovo, terrificante videogame che ha appena lanciato
in rete, perché Billy Randall è sì un artista, un geniale inventore di
mondi e virtuali, ma è anche un pazzo, un seguace di de Sade, forse un
assassino. Una delle sue più strette collaboratrici è stata uccisa in
modo atroce, il cranio perforato da un dispositivo medioevale; e
potrebbe non essere la sua sola vittima, perché Randall potrebbe aver
predisposto una fine altrettanto agghiacciante per ciascun giocatore che
si è impigliato nella Rete... Ingegnere, programmatore ed esperto di
realtà virtuale, Michael Olson ci regala qui un intelligente, scatenato
viaggio all'interno di un sistema in cui l'informatica si sposa al
crime, de Sade al sesso cyborg, le confraternite di Harvard al
settarismo dell'industria hightech, la vita e la morte al gioco.
L'autore:
Michael Olson si è laureato in ingegneria informatica ad Harvard, ha
conseguito un dottorato di ricerca in Realtà Virtuale presso la
University of Central Florida e un master in Tecnologia Interattiva
presso la New York University, dove attualmente insegna Multiuser Media.
The Game è il suo primo romanzo.
La recensione di Sara:
Billie Randall è scomparso nel nulla inscenando il suo
suicidio. A testimoniarlo è un video in cui l’uomo è imbrigliato in una sorta
di sedia elettrica che lo trasporta in una dimensione cibernetica.
Sua sorella Blythe, ultramiliardaria e bellissima, è
determinata a ritrovarlo e, per farlo, si lascia aiutare da un vecchio spasimante dei tempi del liceo,
sociopatico, esperto hacker informatico.
È grazie a James che la donna scoprirà, oltre il dolore
della scomparsa di suo fratello, un sadico omicida. Billie ha ucciso una donna
utilizzando un sadico strumento di tortura medievale e, probabilmente altre
sono le morti che si celano dietro il video che lo dimostra.
Billie è una personalità artistica e geniale ma anche un
serial-killer pronto a spargere sangue nel cyberspazio, una dimensione che non
è solo confinata dietro lo schermo di un computer ma che lo avvolge e trapassa
come un coltello appuntito.
Cybersex, sadismo, masochismo, psicopatologia e difficoltà
di relazione, questi gli ingredienti che caratterizzano l’universo partorito
dalla mente del geniale Michael Olson.
L’autore ci presenta un mondo parallelo pieno di dolore e
atrocità, una società che si nasconde dietro un avatar imprigionato nei chip di
un computer per non uscire allo scoperto e affrontare le proprie difficoltà. Gli
abitanti del cyber spazio sono fondamentalmente nevrotici, ossessivi-compulsivi,
sociopatici e maniaci del sesso, soggetti borderline che non hanno un vero
posto nel mondo fisico e se ne creano uno ideale.
Anche lo stesso James, l’hacker che potrebbe salvare Billie
è un habituè di questo universo parallelo, i meccanismi non gli son affatto
sconosciuti ma piuttosto tasselli di una triste routine che da anni lo
accompagna.
Quello che è, secondo me, il punto di forza di questo
romanzo è il non voler giudicare, il presentare un quadro psicologico di vittime
e assassini che non pone paletti, che non pretende di individuare la parte
bianca o nera della storia. L’autore entra in punta di piedi in una realtà che
va al di là del gioco virtuale, seziona la psicologia dei personaggi come
fossero corpi su un tavolo operatorio e ne analizza ogni più piccolo e
apparentemente insignificante dettaglio.
Billie è un assassino ma, nonostante tutto, non viene
presentato come un pazzo assetato di sangue senza scrupoli. Sicuramente non si
può giustificarlo ma, a un certo punto della storia, si può comprenderlo. Billie
è un uomo che ha fatto del Marchese De Sade e della sua perversione una incona e
un esempio da seguire. Billie ha bisogno del dolore per avere un posto in una
società che non gli appartiene. E così tutti gli altri, masochisti, sadici,
affetti dalla mania del sesso compulsivo, autolesionisti, borderline e
piscolabili che siano hanno bisogno di un riscatto, hanno bisogno di qualcuno
che spieghi il perché e che restituisca loro la dignità.
Il romanzo si legge velocemente, in barba alla sua
consistenza. Lo stile è accattivante, cinico e distaccato, non c’è posto per la
dolcezza, per il romanticismo e l’amore. Il dolore trapassa le pagine come
spilli appuntiti in una bambolina voodoo, corrode come acido sulla lingua.
Lo splatter non manca, così come la freddezza e la suspance.
Il quadro appare bianco e sterile come una stanza d’ospedale, l’unico colore è
il rosso del sangue rappreso e dell’anima.
Se avete amato Uomini che odiano le donne, se anche voi
pensate che gli svedesi siano particolarmente abili nel descrivere la bruttezza
dell’uomo questo è il libro che fa per voi!
Commenti
Posta un commento