lunedì 21 maggio 2018

Recensione: Vloody Mary

Titolo: Vloody Mary
Autore: Paolo Di Orazio
Illustrazione di copertina di Wendy Saber Core
Illustrazione di quarta e interne di Paolo Di Orazio
Editore: Indeppendent Legions Publishing
Pagine: 185
Prezzo: 19,00
Edizione collection a tiratura limitata (199 copie)
Data di pubblicazione: maggio 2018
Disponibile qui

Descrizione:

Una disturbante opera necro-romantica, splatter, burlesque, tra L World, il tenente Colombo e La notte dei morti viventi, che affonda i denti nelle vostre paure inesplorate. Ragazze e ragazzi massacrati da uno, forse due assassini antropofagi; un commissario ipocondriaco vivo per miracolo e ossessionato dalla finestra di fronte nel Ghetto di Roma; un prete malato di porfiria che si ciba di anime; un ladro di cuori umani che si aggira nel silenzio della notte e un'ammaliante giovane DJ che muove orde di fanatici heavy metal nei principali locali della Capitale. In una metropoli muta, buia e indifferente, un impossibile rosario di sangue e amore virale si snoda oltre l'impossibile, mentre i morti si risvegliano...

La recensione di Miriam: 

Un’attrazione fondamentale, un luogo vivente di culto, un trend senza etichetta, una religione sonica”, così definirebbero Vloody Mary gli ascoltatori di Radio Rock o le orde di fan in delirio che si affollano nei locali della capitale quando c’è lei. VMj non è semplicemente una deejay heavy metal e hard rock di successo, è una dark lady dal fascino irresistibile, una femme fatale in grado di ipnotizzare la folla… e probabilmente anche molto di più.
Ma ultimamente non è solo magia che si sprigiona nelle notti delle sue esibizioni. Cadaveri squarciati, all’apparenza da una bestia, oppure dissanguati e privati del cuore, compaiono in città in concomitanza con i suoi dj set. Solo una macabra coincidenza o esiste un nesso fra i diversi accadimenti?
A scoprirlo sarà chiamato il maresciallo Alfredo Red Vanacura.
Facendo scattare la chiave del mistero, Paolo Di Orazio ci introduce in una dimensione onirico-splatter, dando vita a un new gothic a tinte forti in grado di raggiungerci con la potenza di una chitarra distorta e carezzarci, nel contempo, con le note dolceamare di una ballata hard rock. Sono delitti efferati, descritti con dovizia di particolari sanguinolenti, a scandire il ritmo della narrazione, in sincrono col la scaletta “schizofrenica” orchestrata da Vloody Mary – una carrellata di brani che partendo dai classici, attraversa la storia del metal, concedendosi però anche brusche deviazioni, giacché, come lei stessa ci ricorda, “la musica non ha confini. È una terra dove tutti gli abitanti comunicano con la stessa lingua”.
Uccisioni reali ma che lasciano strani indizi sulla scena del crimine e sui cadaveri stessi, tracce che odorano di soprannaturale, che evocano licantropi, vampiri o strani riti negromantici.
L’autore, in effetti, utilizza elementi classici, archetipi della letteratura horror, come i lupi mannari e i non morti, ma li reinterpreta e li inserisce in un canovaccio originale dando vita a una storia unica nel suo genere. La tela che abilmente tesse e nella quale ci attira si regge su un enigma da risolvere, ma non si esaurisce in questo. I protagonisti palpitano fra le sue pieghe e ciascuno di loro ha una sua personale storia da sussurrarci, arricchendo la trama principale di sotto trame che parlano di amore e morte, di legami incestuosi, di segrete ossessioni.
Se Vloody Mary brilla come una stella – sebbene oscura e non priva di insicurezze e fragilità –, i personaggi che le gravitano attorno si connotano quasi come degli outsider, dei perdenti in un certo senso, alla ricerca di un loro posto nel mondo. C’è Martyna, l’amante morbosamente gelosa di Mary, con il suo trascorso di violenze e l’incapacità di recidere il cordone ombelicale marcio che ancora la lega a sua madre; Vanacura, schiavo della sua ipocondria e ossessionato dalla finestra di fronte; Padre Sebastiano, condannato a vivere nell’ombra a causa della sua porfiria. È nelle loro stranezze, nelle loro compulsioni, nelle loro relazioni, spesso disfunzionali, che bisogna scavare per comprendere e risolvere il mistero.
Romanzo dal cuore dark, Vloody Mary, ci prende per mano partendo dall’oscurità fisica della notte per trascinarci nel buio dell’anima.
Quasi fossero tavole di un fumetto o sequenze di un film, i vari capitoli (il più delle volte introdotti da interessanti giochi di parole ispirati ai titoli di canzoni famose) scorrono vividi, sorretti da uno stile che, alternando un linguaggio ricercato a espressioni colloquiali o tipiche del gergo giovanile, risulta fortemente evocativo e riesce a sollecitare tutti i sensi. Di Orazio non solo ci fa vedere quello che la sua mente visionaria crea, ma ci fa sentire gli odori, i sapori, la stessa musica – che come Vloody Mary suggerisce, “va goduta per quella che è, catturandone la poetica brano per brano”.
Un viaggio folle, in una sorta di Roma parallela, buia e violenta; un percorso allucinante sotto lo sguardo vigile di una Luna matrigna che vi coinvolgerà in uno spiazzante gioco di chiaroscuri in cui risulta impossibile distinguere le luci dalle ombre.






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