Review Party: I 444 scalini

Buongiorno cari follower,
oggi vi proponiamo un nuovo Review Party dedicato a I 444 scalini di Mario Mazzanti (Newton Compton), un thriller che vi offrirà l'opportunità di confrontarvi con un serial killer dotato di ben dieci identità diverse.

Titolo: I 444 scalini
Autore: Mario Mazzanti
Editore: Newton Compton
Pagine: 352
Prezzo eBook: 2,99
Prezzo cartaceo: 10,00

Descrizione:
Il Cerro de Santa Ana è uno dei più affascinanti luoghi di Guayaquil, in Ecuador. Dal faro posto alla sua sommità, si può ammirare un panorama mozzafiato sulla città e il fiume che la attraversa. Ma per arrivarci bisogna salire ben 444 scalini, tutti numerati. È in corrispondenza dello scalino 382 che Sheila Ross, una giovane turista americana in viaggio con un’amica, sparisce senza lasciare alcuna traccia. Unico indizio: un italiano con cui Sheila avrebbe parlato la mattina. Sono pochissimi e fragili gli elementi a disposizione degli inquirenti, ma sufficienti a convincere Claps, rinomato profiler, ad attraversare l’oceano. Perché c’è qualcosa di strano in quel caso, qualcosa che lo riporta al suo incubo: Giacomo Riondino, uno spietato omicida sfuggito all’arresto in Italia due anni prima, dopo aver lasciato una lunga scia di sangue dietro di sé. Da allora Claps è ossessionato dall’idea di catturarlo. Una volta in Ecuador, scoprirà che la Ross non è l’unica ragazza scomparsa e che la presenza di Riondino in quel Paese è sempre più probabile. Trovarlo sarà come cercare un ago nel pagliaio. E Riondino è un ago con cui si rischia di morire…

La recensione di Miriam: 
444 sono gli scalini da percorrere per poter ammirare dall’alto la città di Guayaquil, in Ecuador, e godere di un panorama unico. Sheila Ross, americana in vacanza, si cimenta nella salita con la sua amica Alice, ma la vetta resterà per lei un traguardo  mai raggiunto, poiché, all’altezza del 382° scalino, la ragazza svanisce nel nulla. La Polizia locale si prodiga subito nelle ricerche, soprattutto perché la giovane è nipote di un ex senatore e si teme uno scandalo, tuttavia brancola nel buio, fino che da oltreoceano non giunge un noto profiler, pronto a collaborare, ma soprattutto con le idee chiare sulla pista da seguire. Lui è Claps, da anni è sulle tracce di un pericoloso serial killer di origini italiane, Giacomo Riondino, già condannato ed evaso dalla clinica psichiatrica in cui era detenuto. Diversi  indizi, lo convincono che dietro la sparizione della Ross ci sia proprio lui, così decide di recarsi in Ecuador nella speranza di catturarlo.
Acciuffare Riondino, per lui, è diventata un’ossessione, non solo perché il criminale ha segnato un bruciante fallimento nella sua carriera ma perché, fra le altre vittime, ha ucciso Greta, una sua cara amica e, nel profondo Claps cova un desiderio di vendetta.
Il criminale di cui si tratta non è un assassino comune, soffre  di disturbo dissociativo dell’identità. In lui ne convivono ben dieci, molto diverse fra loro per carattere, età e sesso. Jack, l’Attore, il Ribelle, il Piccolo, Hannibal, Giulia sono solo alcune delle entità che si contendono il suo corpo. Ciò fa di lui un individuo camaleontico, davvero difficile da stanare. Nel momento in cui una delle personalità prende il sopravvento, Riondino cambia aspetto, voce, modo di comportarsi… insomma, è come se ogni volta si trasformasse letteralmente, sicché dargli la caccia  è come inseguire non una ma dieci persone diverse. Non a caso, è ancora a piede libero e continua a uccidere.
Il particolare disturbo psichiatrico di cui soffre il killer rappresenta il perno intorno a cui ruota il romanzo, nonché il suo principale elemento di fascino. La tematica non è originalissima, avendo già ispirato altri thriller, tanto sulla carta quanto sul grande schermo – basti citare il recentissimo film Split, il cui protagonista  ha molto in comune con Riondino. Tuttavia, trattandosi di una patologia veramente fuori dal comune e dai risvolti strabilianti, si rimane ugualmente stupiti e calamitati dalla storia.
La narrazione procede alternando capitoli che vedono protagonista Claps con le sue indagini ad altri in cui è Riondino ad agire attraverso le sue “maschere”. Nei primi seguiamo il processo investigativo e abbiamo occasione di comprendere il disturbo dissociativo da un punto di vista scientifico. Nei secondi vediamo il killer in azione con le vittime ma lo ritroviamo anche invischiato nel complesso meccanismo che regola la sua vita interiore. Assistiamo ai dialoghi, ai litigi, al raggiungimento di compromessi fra le dieci personalità che interagiscono fra loro e tentano di scavalcarsi vicendevolmente per assumere, di volta in volta, il controllo.
Eludendo un po’ lo schema tipico per cui la verità da svelare riguarda l’identità del colpevole, Mario Mazzanti ci coinvolge in un’avvincente caccia all’uomo. Sin dall’inizio si sa quasi per certo chi sta uccidendo e perché, quel che bisogna scoprire è dove il mostro si nasconde, e come poterlo incastrare. È questo che ci inchioda alla pagina sollecitando la nostra curiosità, giacché l’impresa è tutt’altro che semplice.
I misteri della mente umana sono al centro del libro, l’autore presta molta attenzione alla caratterizzazione psicologica dei personaggi, non solo a quella di Riondino – resa con assoluta maestria – ma anche a quella di Claps che, per molti versi, figura come una vittima fra le vittime di questo ambiguo personaggio. Sebbene vivo, il profiler è morto dentro il giorno in cui l’assassino ha ucciso la sua amica Greta. Da quel momento convive con il senso di colpa per non essere riuscito a salvarla e con un chiodo fisso. La cattura di Riondino è rimasto il suo unico scopo, una missione da portare a termine per mettersi l’anima in pace. Una consapevolezza, questa, che non mancherà di scatenare conflitti nell’uomo, poiché più volte si interrogherà sulla differenza fra giustizia e vendetta. Quale delle due insegue davvero? Nel farlo sta semplicemente svolgendo il suo compito di poliziotto o sta varcando un limite non del tutto lecito?
La risposta ultima è affidata al lettore, attraverso un finale imprevedibile, in cui il sapore della vittoria si mescola indissolubilmente con quello amaro della sconfitta.






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