Recensione: Paura del Brujo. Diario di un cacciatore di fate
Titolo: Paura del Brujo. Diario di un cacciatore di fate
Autore: Stefano Fantelli
Disegni e copertina di Dario Viotti
Editore: Cut-up publishing
Pagine: 219
Prezzo: 15,00
Disponibile qui
Descrizione:
Il Brujo, guerriero e stregone metropolitano, cacciatore di fate, affiancato dal suo migliore amico Angelo, nella sua ricerca dell’amore perduto si imbatte in personaggi e situazioni surreali, come un uomo blu che sta per partire verso il cielo con un razzo legato dietro la schiena, una ragazza bellissima di cui esiste soltanto l’involucro esterno, uno strano vampiro che infesta una colonia abbandonata sulla riviera romagnola, una fata che vive nelle acque di un fiume, il fantasma di Hemingway, la Morte che succhia Chupa-Chups alla vaniglia, e tanto altro. Al Brujo non interessa vincere, per lui l’importante è vivere nell’eterno istante del grido di battaglia, perché è l’unica cosa che lo fa sentire vivo. Stefano Fantelli lo racconta attraverso le schegge sparse nelle pagine del diario del Brujo, come pezzi di un mosaico, come frammenti di uno specchio che ricostruiscono sotto gli occhi del lettore la sua storia e il suo mondo, in un viaggio attraverso il tempo e la memoria, illustrato da Dario Viotti (Dampyr, The Cannibal Family, El Brujo Grand Hotel).
L'autore:
Stefano Fantelli, considerato uno dei massimi esponenti dello Splatterpunk italiano, ha pubblicato le raccolte di racconti Alla fine della notte (Mobydick, 2003), Dark Circus (Cut Up Publishing, 2009), Io sono il Brujo: Confessioni di uno stregone (Mezzotints, 2013), Mutazioni (con Michael Laimo, Nero Press, 2014), Alla fine della notte: Perverted version (EUS, 2015), le graphic novel El Brujo Grand Hotel (Cut Up Publishing, 2010) e Zombie Paradise (EUS, 2015), i romanzi Strane Ferite (Cut Up Publishing, 2012) e Paura del Brujo: Diario di un cacciatore di fate (Cut Up Publishing, 2015). Con Peter Straub, Caleb Battiago e Paolo Di Orazio il libro Mar Dulce: Acqua, Amore, Morte (Cut Up Publishing, 2015). In inglese, con Alessandro Manzetti, la raccolta Stockholm Syndrome (Kipple, 2015). Come sceneggiatore lavora per le serie a fumetti The Cannibal Family (di cui è co-creatore), Blood Brothers, La Iena, Denti, Thanks For The Zombies e per la nuova serie della rivista horror cult Splatter. È Active Member della Horror Writers Association. Non si sa nulla di ciò che tiene seppellito in giardino.
La recensione di Miriam:
Si
dice che la scrittura abbia un potere catartico, liberatorio. Che sia vero
oppure no, al Brujo, cacciatore di fate e aspirante scrittore, sembra il mezzo
ideale per sbarazzarsi di un po’ di demoni e brutti ricordi. Una prigione di
carta con sbarre d’inchiostro forse non riuscirà a trattenerli per sempre, ma
probabilmente sarà sufficiente a farlo sentire più leggero… almeno quel tanto
che basta affinché possa concentrarsi su problemi più essenziali, come la
ricerca di Mela.
Immaginate
allora, che questo stregone metropolitano –
o “esperto mondiale delle stronzate paranormali più assurde” come preferisce
definirsi lui – scriva un diario allo scopo
e immaginate di caderci dentro. Sì, caderci, perché nel momento in cui
comincerete e a leggere, avrete la sensazione di precipitare letteralmente fra
le immagini, i pensieri, le allucinazioni (o pezzi di memoria), la musica
contenuti al suo interno. D’altra parte il diario di un Brujo non potrebbe mai
essere uno scritto qualunque, deve pur avere qualcosa di “paranormale” e
Stefano Fantelli, che sembra essere più esperto in materia del suo stesso
protagonista, sa bene come compiere la magia.
Parole,
immagini e suggestioni musicali si fondono in questo graphic novel dal sapore
new weird, regalandoci un’esperienza di lettura coinvolgente, unica, surreale,
eppure in grado di spremere il succo della vita vera.
El
Brujo era uno di noi, un uomo come tanti che sognava di fare lo scrittore e,
perché no, avere una famiglia. Frustrato nelle sue ambizioni artistiche da un sistema
asfittico e mollato dalla sua ragazza/fatina che ha abortito senza dirglielo, è
finito negli ingranaggi dei “mattatoi dell’umanità”, ovvero di quei lavori
banali, ripetitivi, sottopagati, privi di fantasia, come lucidare bare,
scaricare acqua minerale, fare lo sparring partner per pugili… insomma, solita
routine, fino a che i messicani di Piazza Aldrovandi non hanno riconosciuto in
lui el brujo, lo stregone, ed è
cominciata la sua seconda vita, una vita spesa a cacciare mostri per rendere un
servizio al genere umano.
Perennemente
affiancato dalla Morte – una gothic Lolita con il
chupa chups, che solo lui riesce a vedere –
e dall’amico Angelo (di nome e di fatto) –
un incrocio fra Strasky e Hutch che si è fatto tagliare le ali un garage–, affronta creature fameliche e spietate che
sembrano schizzate fuori dai peggiori incubi.
Ripercorrendo
le pagine del suo diario allucinante e allucinato, lo vedremo fronteggiare un
vampiro sulla Riviera Romagnola, la ninfa Jenni Dentiverdi, il fantasma di
Hemingway, il gigantesco Eclissi e nel
contempo struggersi per amore. Già perché questo antieroe scettico e
autoironico, che per alcuni versi mi ha ricordato Dylan Dog, ha anche un cuore che batte per Mela, un
angelo caduto come il suo amico, una creatura meravigliosa e tentatrice (non
sarà un caso che abbia scelto per lei un diminutivo che richiama il frutto
proibito), apparsa come per magia nella notte di una triste vigilia di Natale e
poi scomparsa, come una meteora, o un sogno svanito all’alba.
È una caccia a tempo di rock,
una immersione nell’assurdo fra scene splatter e humour nero questa storia
assolutamente sopra le righe, ma nello stesso tempo è un viaggio profondo e per
nulla scanzonato alla ricerca del senso vita.
Man
mano che ci si addentra nelle avventure e nei pensieri del Brujo ci si rende
conto che i veri demoni contro cui combatte non sono fate, elfi o vampiri,
almeno non nell’accezione classica, bensì fantasmi di esperienze che lo hanno
segnato, di eventi difficili da metabolizzare perché non hanno risposta. Il
suicidio del nonno, che si è fatto saltare il cervello come Hemingway e Curt
Cobain, l’aborto di Jean, la malattia che ha spento suo fratello, l’incidente che
ha cancellato Daria…
Probabilmente
sono questi i veri demoni con cui scendere a patti e avere la Morte accanto con
la sua aria innocente e il leccalecca fra le labbra non aiuta a capire il
perché di certe cose. A dirla tutta, non aiuta a capire nemmeno perché Mela non
ci sia più.
Ritrovarla,
così come trovare alcune risposte forse significherebbe trovare il senso della
vita che, magari, è racchiuso proprio nell’amore, irrazionale e cieco.
Quasi stordendoci con il suo
caleidoscopio di parole e immagini, strappandoci un sorriso oppure una smorfia
di raccapriccio, divertendoci e stupendoci, l’autore ci guida lungo un percorso
tortuoso e accidentato, ma maledettamente familiare, quello fatto dei mille
perché senza risposta, quello che coinvolge il mistero del nostro essere al
mondo e le nostre paure più intime.
La Paura del Brujo, in fondo potrebbe
coincidere con la paura di sfidare il senso dell’esistenza nella consapevolezza
di essere tutt’altro che invincibili.
La
mia ovviamente, è solo una chiave di lettura, avventurandovi fra le pagine di
questo originalissimo diario, di sicuro potrete trovarne altre, giacché si offre
al lettore proprio come un labirinto di specchi dotato di mille vie di uscita.
Commenti
Posta un commento