Recensione: Sorella

Titolo: Sorella 
Autrice: Rosamund Lupton 
Editore: Beat 
Edizione originale: Giano 
Pagine: 380 
Prezzo: 9 euro

Descrizione:  
ccount director in un’agenzia newyorchese, Bea è a Londra quando una terribile notizia la raggiunge. La polizia la informa di aver rinvenuto a Hyde Park, in una casupola di epoca vittoriana, il cadavere di Tess, sua sorella. Le maniche del cappotto intrise di sangue, i numerosi tagli sull’interno delle braccia, indicano per gli inquirenti una sola possibile conclusione: la ragazza si è suicidata ed è morta per dissanguamento. Bea, tuttavia, non crede un solo istante alla tesi del suicidio. Impossibile, per lei, che sua sorella, una ragazza piena di vita e felice di aspettare un bambino, si sia uccisa. Decide per questo di trasferirsi nell’appartamento della sorella e di indagare sulla sua vita privata. Là, in quell’alloggio malandato, con una vecchia vasca da bagno di smalto sbreccato e macchie di ruggine e muffa intorno ai rubinetti, Bea scopre che Tess aveva preparato per il suo bambino vestitini da neonato di grande lusso che non poteva nemmeno lontanamente permettersi; che la finestra della camera da letto ha un vetro rotto; che sua sorella riceveva da tempo minacciose telefonate anonime…
Romanzo che ha ottenuto al suo apparire uno straordinario successo di pubblico e di critica, Sorella mostra come la grande narrativa si manifesti oggi anche, e forse soprattutto, nella forma del mystery, del thriller e del romanzo criminale.


L'autrice:  
Rosamund Lupton si è laureata in letteratura inglese a Cambridge e vive a Londra con marito e figli. Ha lavorato a lungo nell’editoria e come sceneggiatrice. Sorella è il suo primo romanzo, uno dei maggiori bestseller dell’ultima stagione letteraria inglese.

La recensione di Miriam:

Tagli inequivocabili sulle braccia, un figlio nato morto, un padre che non lo avrebbe mai riconosciuto, una diagnosi di depressione post partum. Quando il cadavere della ventunenne Tess Hemming viene  ritrovato  in un bagno pubblico di Hyde Park, la polizia non ha dubbi: tutti i tasselli combaciano alla perfezione nel comporre il triste quadro di un suicidio. Facile per chi non ha mai conosciuto la vittima. Sua sorella Bea, invece, coglie subito una nota stonata, una tessera che non collima con le altre, facendo saltare il gioco degli incastri: Tess era una ragazza solare, amava la vita sopra ogni cosa e non si sarebbe mai suicidata. Tenta di urlarlo a gran voce, implora le forze dell’ordine affinché continuino a indagare per far luce sulla vicenda e renderle almeno giustizia, ma nessuno sembra disposto a crederle. Tutti ritengono che Bea sia semplicemente accecata dal dolore e che rifiuti di accettare la realtà per lenire il suo senso di colpa, perché, si sa, il suicidio è un fardello pesante da sopportare per chi resta. In fondo, lei si era trasferita a Londra con il suo ragazzo e nel momento in cui Tess stava fronteggiando la perdita del figlio non le era accanto. 
Sovvertendo gli schemi soliti, Sorella non ci racconta di indagini poliziesche ma della lotta silenziosa e solitaria di una donna che rifiuta la versione ufficiale dei fatti e si avventura alla ricerca di una verità in cui nessuno, eccetto lei, crede. 
La Lupton orchestra così un thriller che è anche un romanzo fortemente introspettivo, in cui la soluzione di un giallo, peraltro molto intricato, assume i toni intimi di un dialogo che si nutre di ricordi, di amore, di dolore. La particolarissima forma narrativa scelta dall’autrice ci pone subito in questa dimensione intimistica.  
Il racconto ci viene proposto, infatti, sotto forma di una lettera che Bea immagina di indirizzare alla sorella morta. Nel momento in cui rimane sola a condurre la sua personale battaglia, quando comprende che nessuno è disposto ad ascoltarla e a darle credito, la donna si rivolge idealmente proprio a Tess.  E a lei che offre il resoconto delle sue ricerche, delle sue elucubrazioni, dei suoi sospetti, ripercorrendo, nel contempo, il percorso che le ha accomunate nell’infanzia e che le ha viste unite, anche quando Bea si è trasferita in un’altra città.
Ecco allora che il bisogno di dare un volto a un assassino, sfugge al mero meccanismo della giustizia, ma diviene un atto d’amore, una sorta di tacito patto fra due sorelle, un mezzo attraverso cui elaborare il lutto. 
La suspense che connota il thriller si alterna dunque a pagine pregne di pathos e nostalgia, pagine che si leggono con il groppo in gola perché ci fanno percepire con estremo realismo lo stato d’animo della protagonista: il dolore, la rabbia, il senso d’impotenza e di solitudine causato dal non essere creduta. 
Se questo particolarissimo taglio spinge l’opera oltre i confini di genere, caricandola di particolare intensità emotiva, le tematiche intorno alle quali si sviluppa il caso vero e proprio toccano nervi scoperti della nostra attualità. Il suicidio/omicidio di Tess scoperchia un vaso di Pandora, spingendoci su un campo minato, ovvero quello della ricerca scientifica e delle manipolazioni genetiche. Laddove ci si prefigura una delitto a sfondo passionale oppure il gesto disperato di una  mamma distrutta per aver partorito un figlio morto,  l’enigma si infittisce e si ingigantisce, aprendo una finestra su una realtà inquietante e che ci tocca da vicino.
Seguendo Bea nelle sue indagini, ci ritroviamo a interrogarci sulla legittimità delle sperimentazioni su cavie umane, sui pericoli insiti nel progresso scientifico, su quale possa essere il confine oltre il quale la speranza di un futuro migliore, libero da malattie, cede il passo al delirio di un potenziamento della razza umana.
Gli svariati colpi di scena e i ribaltamenti di trama mantengono altissima la tensione impedendoci di prevedere il finale. È proprio quando i giochi sembrano fatti e ogni verità svelata che l’autrice ci spiazza con l’ennesimo colpo di mano, consegnandoci un epilogo che toglie davvero il fiato. 
Originale e intenso. Un’indagine a trecentosessanta gradi che  muove i primi passi a partire da un delitto, o presunto tale, ma si sviluppa scavando nelle profondità dell’animo umano.

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