sabato 26 marzo 2016

Recensione: I taccuini del Ginepro

Titolo: I taccuini del Ginepro
Autore: Demetrio Battaglia
Editore: Effe 2
Prezzo: 35,00

Descrizione:

Quando il Fantasy Incontra il Giallo.
I Taccuini del Ginepro sono una collana di intricati racconti gialli nei quali la tradizione del Fantasy si unisce all’antica Scienza Erboristica.
Trame dense di tensione si dipanano nei luoghi fantastici di Arkhesya.
Incontrerete Syrus, vecchio e saggio erborista, e Novir, suo giovane e impetuoso allievo. I due protagonisti sono chiamati a risolvere misteriosi intrecci, a investigare su delitti efferati, veleni letali e simboli ancestrali.
Ogni avventura procede a ritmi incalzanti, trascinando il lettore in oscuri avvenimenti che si susseguono, giorno per giorno, nel Taccuino di Novir.
1° Taccuino – LA CARROZZA DI VELESTIA
2° Taccuino – L’OSCURA OMBRA DI DUREBOR
3° Taccuino – LO SPEZIALE


La recensione di Miriam:


In un mondo immaginario, dalle atmosfere medievaleggianti, chiamato Arkhesya, il giovane Novir si appresta a compiere la maggiore età. Un traguardo importantissimo per lui, non solo perché si accinge a varcare la soglia dell’età adulta, ma perché gli conferirà il diritto di interrogare i genitori adottivi circa le sue vere origini.
In realtà le speranze del giovane in merito saranno disattese, giacché le risposte agognate gli verranno negate. Tuttavia, mentre gusta la sua prima bevanda alcolica in una locanda, all’indomani del fatidico compleanno, apprende per caso da uno sconosciuto qualcosa che sembra porlo sulle tracce della verità.
Un tatuaggio sul collo, che pare ricollegarlo a una nobile casta del Regno, e una persona che forse sa più di quanto lasci intendere: sono gli unici indizi di cui dispone Novir. Pochi per venire a capo dell’enigma, ma sufficienti per indurlo a mettersi in viaggio.
Sarà seguendo lo straniero che il ragazzo si imbatterà in uno stravagante personaggio: Syrus, maestro erborista, e forse molto più di questo.
L’incontro, in realtà, segna un punto di svolta nel racconto o, meglio, marca una vera e propria virata, trascinandoci su un sentiero narrativo inatteso. Con la vaga promessa di ricevere un aiuto per scoprire chi sono i veri genitori, Novir rimarrà infatti al fianco del maestro che, tra le altre cose, si cimenta nei panni di un investigatore provetto. Lo accompagnerà nella tenuta dei Purtrok, dove è stato commesso un grave delitto e, quasi senza rendersene conto, si ritroverà a fare da assistente a Syrus nel corso delle indagini.
La storia, decollata come fosse un high fantasy, e all’apparenza incentrata sulla ricerca del protagonista, si trasforma così in una detective story, dall’ambientazione insolita e infarcita di magia, ma strutturata a tutti gli effetti come un giallo classico.
Immaginate Sherlock Holmes e Watson “trapiantati” in un ipotetico medioevo in cui i delitti si compiono sfruttando anche il potere degli incantesimi e avrete un’idea di quello che troverete nei Taccuini del Ginepro.
L’opera si sviluppa in un trittico: tre piccoli volumi che corrispondono ad altrettanti diari tenuti da Novir, sui quali il giovane annota le esperienze vissute con il maestro. Ogni taccuino contiene la descrizione di un caso diverso: nel primo (La carrozza di Velestia) il mago erborista indaga sull’omicidio del nobile Corbel; nel secondo (L’oscura ombra di Durebor) si cimenta con le misteriose morti di alcune vestali del tempio dedicato alla dea Anilaur; nel terzo (Lo speziale) tenta, invece di scagionare Herlon, un suo vecchio amico  accusato di un assassinio che giura di non aver commesso.
La commistione di generi rappresenta il maggior punto di forza di questi racconti; è l’elemento che conferisce loro un tocco di originalità, rendendoli appetibili tanto per gli appassionati di fantasy che per quelli del giallo. I casi sono costruiti con perizia e vanno a comporre un mosaico in cui ogni tassello si incastra perfettamente al suo posto. Sebbene l’autore giochi con l’elemento magico, chiamando in causa veri e propri incantesimi all’occorrenza, fonda le indagini soprattutto sulla scienza erboristica. In tutti i casi l’arma del delitto è un veleno (o un insieme di veleni) ricavati dalle piante, non a caso Syrus, in quanto esperto in materia, è la persona più idonea a risolverli.
Il punto debole di questa idea vincente, dal mio punto di vista, consiste, invece, nell’esclusione del lettore dal processo investigativo. L’autore non dissemina indizi nel testo che possano essere colti e sfruttati da chi legge, allo scopo di partecipare idealmente alle indagini e provare ad anticipare il protagonista nella risoluzione del caso. Le tracce, ovviamente, ci sono, ma possono essere notate solo dai personaggi perché di solito fanno riferimento a fatti o particolari del mondo immaginario in cui ci troviamo di cui non siamo messi a conoscenza. Per esempio, bisogna arrivare alla fine e del primo racconto per scoprire che ad Arkhesya esiste la magia e ci sono persone in grado di compiere particolari incantesimi, che nel caso specifico rappresenteranno la chiave per la soluzione del giallo.
Avendo appreso dal testo in quarta di copertina, che esiste un trittico  precedente a questo, ambientato nello stesso universo (I veggenti di Arkhesya), non escludo che quanti lo abbiamo letto possano disporre di maggiori elementi per orientarsi, ma chi, come me, dovesse cominciare da qui, potrebbe sentirsi spaesato.
Personalmente, questa impossibilità di partecipare alle indagini ha limitato un po’ il mio coinvolgimento.
Sono rimasta leggermente delusa anche dal fatto che il mistero sulle origini di Novir non viene svelato. Gli interrogativi che muovono il personaggio all’inizio, e che hanno acceso anche la mia curiosità, di fatto rimangono al margine per tutta la trilogia e alla fine non ottengono una piena risposta, poiché il tutto viene rinviato, in previsione di un sequel.
Una lettura interessante, scorrevole anche in virtù di uno stile accattivante – nonostante il testo risenta un po’ della carenza di un buon editing. Una buona prova nel complesso, ma ho la sensazione che l’autore possa fare molto di più.









  
 


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