Recensione: L'intransigenza. I gialli del Dio perverso
Titolo: L'intransigenza. I galli del Dio perverso
Autore: Paolo Calabrò
Editore: Il prato
Collana: Antdoti
Pagine: 206
Prezzo: 10 euro
Descrizione:
I locali parrocchiali della chiesa di
San Leopoldo, rettoria di proprietà comunale, sono stati devastati durante la
notte. Ma al sindaco di Puntammare, paesino del litorale casertano, che ha a
cuore più la propria immagine che la giustizia, non importa scoprire i
colpevoli; a lui basta che la giunta municipale non resti invischiata in questa
brutta vicenda. Così, di punto in bianco, Nico Baselice – vigile urbano – e
Maurizio Auriemma – impiegato dell’ufficio tributi che esce di casa solo al
calar del sole – si ritrovano a formare una squadra di investigatori loro
malgrado e a condurre un’indagine irregolare e anomala che rischia di
coinvolgere i nomi più in vista della cittadina e di creare uno scandalo
politico senza precedenti.
Un noir che non si assoggetta ai canoni
classici del genere, nel quale i protagonisti si troveranno a spostarsi tra gli
uffici del comune e le strade della costa, tra uomini che hanno sempre un
secondo fine e donne davanti alle quali non si riesce a spiccicare una sola
parola. Finendo per scoprire che spesso la mentalità collettiva miete più
vittime dei singoli moventi. Sullo sfondo, un cristianesimo degenerato e
dominato dal “Dio perverso”, in grado di ispirare nella migliore “buona fede”
le azioni più ignobili. Come fare a individuare un criminale che agisce con una
sua logica consequenziale, dalla razionalità perfettamente calcolabile... ma a
rovescio?
L'autore:
Paolo Calabrò,
laureato in Scienze dell’informazione e in Filosofia, gestisce dal 2009 il sito
ufficiale del filosofo francese Maurice Bellet in italiano (www.mauricebellet.it). Collabora con i
mensili «Lo Straniero» e «Sapere» e con il bimestrale «Testimonianze» ed è
redattore della rivista online «Filosofia e nuovi sentieri» e dei periodici
locali «Il Caffè» di Caserta e «l’Altrapagina» di Città di Castello. Oltre al
volume Le cose si toccano. Raimon Panikkar e le scienze moderne (Diabasis,
2011), ha pubblicato con Il Prato La verità cammina con noi. Introduzione alla
filosofia e alla scienza dell’umano di Maurice Bellet (2014). È membro
dell’associazione NapoliNoir. Questo è il suo primo romanzo.
La recensione di Miriam:
Un
vigile urbano ossessionato dal cubo di Rubik e un impiegato dell’ufficio
tributi che esce solo al calar del sole. Immaginereste mai due personaggi
simili nei panni di investigatori? Probabilmente no, eppure toccherà proprio a
questa improbabile coppia indagare al fine di scoprire chi ha devastato i
locali parrocchiali della chiesa di San Leopoldo, firmando il suo misfatto con
un messaggio criptico di possibile ispirazione satanica.
La verità è che il sindaco di Puntammare non ha alcun interesse a smascherare i colpevoli, quel che conta per lui è che il Comune, proprietario della rettoria assaltata, non venga coinvolto in qualche scandalo.
Insabbiare la vicenda: sarebbe questo il vero obiettivo del primo cittadino , ma Nico Baselice ha altre idee per la testa. Dopo vent’anni di “onorato” servizio come addetto al traffico, nell’attesa di una promozione che non arriva mai, accoglie questo giallo fuori programma come la grande occasione per dimostrare le sue qualità e compiere finalmente l’agognato salto. Decide dunque di affiancare il collega Auriemma, incaricato di risolvere la faccenda. A insabbiare la verità però non ci pensa per niente, lui intende risolvere davvero il caso, dando prova così delle sue capacità investigative.
Con queste originalissime premesse spicca il volo il poliziesco filosofico ideato da Paolo Calabrò: un romanzo che si lascia leggere tutto d’un fiato – non tanto per la sua brevità quanto per la scorrevolezza – regalando una piacevolissima ventata di novità al genere.
L’impronta innovativa, chiaramente, non riguarda solo la scelta di una coppia investigativa assolutamente sopra le righe ma, appunto, il taglio filosofico che connota l’opera arricchendola di significati e spunti di riflessione che vanno oltre il puro intrattenimento, senza tuttavia compromettere la massima fruibilità del testo.
Le indagini, assumendo una piega totalmente imprevista, faranno emergere segreti, complotti e misfatti di un piccolo paese di provincia, caratterizzandone gli abitanti e la mentalità – protagonista fra i protagonisti. Nello stesso tempo emergerà il vissuto dei due personaggi principali: dell’apparentemente mediocre Baselice che, in realtà, convive con un dramma familiare, e del funzionario vampiro Auriemma, la cui stravaganza dal retrogusto horror si lega a un passato particolarmente misterioso ma tutt’altro che paranormale.
I due uomini, loro malgrado, formeranno una coppia ben assortita e tale da provocare spesso un effetto comico. Il perfetto aplomb di Auriemma farà da contraltare alla goffaggine di Baselice ponendo a confronto, nel contempo, anche due modi radicalmente diversi di intendere il lavoro investigativo. Ispirato dai telefilm americani, il vigile urbano auspica interrogatori serrati e blitz plateali, mentre Auriemma, investigatore filosofo, propende per un approccio più sottile, ritenendo che l’ascolto di dichiarazioni spontanee, magari non direttamente attinenti all’accaduto, sia la chiave per giungere alla verità.
E sarà proprio quest’ultimo a fare propria la teoria del “dio perverso” formulata dal teologo Bellet che rappresenterà un punto di svolta cruciale nella risoluzione del caso.
Nell’orchestrare un plot che rispecchia i canoni tipici della detective story dotandosi delle giuste carte per conquistare gli appassionati del genere, l’autore confeziona così un romanzo leggibile anche come un testo di filosofia che, richiamando appunto il pensiero di Bellet, ci induce a riflettere sullo stravolgimento della figura di Dio posto in essere dall’affermarsi di un’ideologia religiosa che ha finito per ribaltare i principi stessi del cristianesimo.
Pur ottenendo il nome di un colpevole nelle battute finali, secondo tradizione, scopriremo come la mentalità collettiva possa alimentare il crimine assumendo la valenza di un vero e proprio movente. Un punto di arrivo che può essere anche punto di partenza, giacché come l’autore stesso osserva offre materia per ben più di un noir.
La verità è che il sindaco di Puntammare non ha alcun interesse a smascherare i colpevoli, quel che conta per lui è che il Comune, proprietario della rettoria assaltata, non venga coinvolto in qualche scandalo.
Insabbiare la vicenda: sarebbe questo il vero obiettivo del primo cittadino , ma Nico Baselice ha altre idee per la testa. Dopo vent’anni di “onorato” servizio come addetto al traffico, nell’attesa di una promozione che non arriva mai, accoglie questo giallo fuori programma come la grande occasione per dimostrare le sue qualità e compiere finalmente l’agognato salto. Decide dunque di affiancare il collega Auriemma, incaricato di risolvere la faccenda. A insabbiare la verità però non ci pensa per niente, lui intende risolvere davvero il caso, dando prova così delle sue capacità investigative.
Con queste originalissime premesse spicca il volo il poliziesco filosofico ideato da Paolo Calabrò: un romanzo che si lascia leggere tutto d’un fiato – non tanto per la sua brevità quanto per la scorrevolezza – regalando una piacevolissima ventata di novità al genere.
L’impronta innovativa, chiaramente, non riguarda solo la scelta di una coppia investigativa assolutamente sopra le righe ma, appunto, il taglio filosofico che connota l’opera arricchendola di significati e spunti di riflessione che vanno oltre il puro intrattenimento, senza tuttavia compromettere la massima fruibilità del testo.
Le indagini, assumendo una piega totalmente imprevista, faranno emergere segreti, complotti e misfatti di un piccolo paese di provincia, caratterizzandone gli abitanti e la mentalità – protagonista fra i protagonisti. Nello stesso tempo emergerà il vissuto dei due personaggi principali: dell’apparentemente mediocre Baselice che, in realtà, convive con un dramma familiare, e del funzionario vampiro Auriemma, la cui stravaganza dal retrogusto horror si lega a un passato particolarmente misterioso ma tutt’altro che paranormale.
I due uomini, loro malgrado, formeranno una coppia ben assortita e tale da provocare spesso un effetto comico. Il perfetto aplomb di Auriemma farà da contraltare alla goffaggine di Baselice ponendo a confronto, nel contempo, anche due modi radicalmente diversi di intendere il lavoro investigativo. Ispirato dai telefilm americani, il vigile urbano auspica interrogatori serrati e blitz plateali, mentre Auriemma, investigatore filosofo, propende per un approccio più sottile, ritenendo che l’ascolto di dichiarazioni spontanee, magari non direttamente attinenti all’accaduto, sia la chiave per giungere alla verità.
E sarà proprio quest’ultimo a fare propria la teoria del “dio perverso” formulata dal teologo Bellet che rappresenterà un punto di svolta cruciale nella risoluzione del caso.
Nell’orchestrare un plot che rispecchia i canoni tipici della detective story dotandosi delle giuste carte per conquistare gli appassionati del genere, l’autore confeziona così un romanzo leggibile anche come un testo di filosofia che, richiamando appunto il pensiero di Bellet, ci induce a riflettere sullo stravolgimento della figura di Dio posto in essere dall’affermarsi di un’ideologia religiosa che ha finito per ribaltare i principi stessi del cristianesimo.
Pur ottenendo il nome di un colpevole nelle battute finali, secondo tradizione, scopriremo come la mentalità collettiva possa alimentare il crimine assumendo la valenza di un vero e proprio movente. Un punto di arrivo che può essere anche punto di partenza, giacché come l’autore stesso osserva offre materia per ben più di un noir.
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