Ha pubblicato diversi articoli per riviste quali L’isola, il Giornale di Cava, Il Vescovado. Una sua favola è stata letta a Radio Rai Due ed è arrivata finalista al concorso Parole in Corsa con un brano pubblicato in antologia.
Ha partecipato a Torino al Perfect Day della Scuola Holden, organizzato da Alessandro Baricco, con un breve brano, pubblicato dal quotidiano Il Denaro e dalla rivista Grazia.
Il romanzo storico “La Signora della Marra”, di cui è una delle due autrici, è stato segnalato dalla giuria del Premio Calvino 2009 come degno di merito, ed è in corso di prossima pubblicazione.
Sempre nel 2009 ha vinto il primo premio Creatività e scienza, città di Salerno con un racconto di fantascienza storica pubblicato in antologia.
Nel concorso nazionale Io scrittore 2011 è risultata vincitrice con un romanzo noir, pubblicato in ebook dal Gruppo Mauri Spagnol nel marzo 2012.
Benvenuta nel nostro
angolino magico. Come di consuetudine, iniziamo la nostra chiacchierata con una
domanda di rito: chi è e perché scrive Tina Cacciaglia?
Fin da bambina ho amato sia le
storie che mi raccontava mio padre, capace d'inventarne ogni giorno di nuove,
sia i grandi sceneggiati della Rai di un tempo che facevano venir voglia di
andare subito a leggere il romanzo da cui erano stati tratti. Ricordo di aver
tentato di mettere su carta anche io delle piccole storie già dalle scuole elementari dove la cosa che
più mi piaceva fare era il tema. Poi, da adolescente ho letto due autrici che
in me hanno lasciato un segno, Matilde Serao e Sibilla Aleramo, e da quel
momento ho cominciato a pensare alla scrittura come a una delle possibilità
della vita. Sia la Serao sia l'Aleramo, profondamente diverse nello stile e
nella vita, avevano però tratto la loro forza dalla determinazione e dalla passione per la scrittura, riuscendo a
imporsi in un mondo tutto al maschile.
Sono laureata in Sociologia e fin
dai tempi dell'università mi ha sempre interessata la lettura antropologica dei
misteri, culti e superstizioni della mia città. Inoltre, quando ero bambina la
mia tata mi raccontava di fantasmi, janare, monacielli, io mi spaventavo tanto
ma al tempo stesso m'incantavo e m'incuriosivo. Così ho pensato di dare voce a
questo patrimonio della mia città e per farlo ho scelto d'inserirlo nel
contesto di una storia noir.
Il sussurro di Vico Pensiero e Napoli sono legati a filo doppio per
diverse ragioni. Ci parleresti di questo legame e del tuo legame con questa
città?
Il sussurro di Vico Pensiero e
Napoli sono legati, come giustamente dici, con un filo più che doppio: senza
Napoli, la storia che vi è narrata non esisterebbe. Se al mio romanzo si toglie
la città viene a mancare alla trama la
protagonista principale.
Ci sono romanzi in cui la storia
tiene così tanto che se invece di svolgersi a Parigi, per esempio la si sposta
a Vienna, cambieranno i nomi delle strade, dei cibi, delle canzoni ma la trama
resta lì, perfetta. Non nel mio libro, in esso Napoli è un personaggio e senza
tantissime pagine finirebbero per non avere alcun senso. Questo perché calati
in un'altra realtà molti dei personaggi del libro non potrebbero reagire
proprio in quel modo e non in un altro, in quanto il loro agire gli deriva da
oltre 2000 anni di superstizioni e antichi riti.
Il mio legame con Napoli è stretto, essa è parte
di me, ma non credo che sia una cosa insolita. Ritengo che ciò sia vero per
ogni persona del globo nei confronti del proprio paese natale o del luogo dove
ha vissuto la maggior parte della sua vita.
Nel libro ci descrivi
soprattutto una Napoli misteriosa,
popolata di fantasmi e fortemente ancorata alle tradizioni e alle antiche leggende popolari. Quale il tuo personale approccio al mistero?
popolata di fantasmi e fortemente ancorata alle tradizioni e alle antiche leggende popolari. Quale il tuo personale approccio al mistero?
Razionale, rispondo di getto. In
effetti, poi mi accorgo che non è così, in realtà in me si scontrano ed entrano
in collisione due mondi: l'attuale in cui vivo con la sua lettura positivistica
della realtà, e il fuori dal tempo che respiro lungo gli antichi decumani di
Napoli. Ecco, forse la risposta più corretta è data da uno dei personaggi del
romanzo, Anita. L'anziana signora pensa tra
sé : La superstizione a Napoli ha sempre e solo aiutato a vivere.
Tra i vari culti e
riti ai quali fai riferimento, mi ha particolarmente colpito il culto delle capuzzelle, ovvero delle
anime senza nome. Spiegheresti ai nostri lettori di cosa si tratta?
Questo culto ha un fascino speciale,
tanto che chi entra in questi famosi ossari e ne viene a contatto ne resta
completamente ammaliato. Napoli ha un rapporto unico con la morte, come se non
ci fosse un al di qua e un al di là. È come se il rapporto fra i morti e i vivi
non si interrompesse mai e tra i due mondi la comunicazione fosse continua,
facile e possibile.
Nel corso della storia tra
pestilenze, guerre, e altre calamità spesso per il gran numero di vittime non
c'era stata altra scelta che l'uso delle fosse comuni, dove i defunti venivano
sepolti senza un nome e senza una lapide.
Chi si ricordava di loro? Chi
poteva con messe e preghiere abbreviare la loro espiazione in Purgatorio? Nasce
così il culto delle capuzzelle, cioè dei teschi, che altro non è che un patto
stretto tra un vivo e il cranio di un defunto. Il vivo pensava: “Se ti lucido,
ti pongo in una teca, ti porto dei fiori, ti dico preghiere e ti faccio
celebrare messe, tu capuzzella che sei nel mondo dei più, puoi pure farmi
sognare i numeri del lotto, farmi trovare marito, aiutarmi a uscire da un
guaio...”
Ma i patti si stringono in due, e
anche questo doveva essere accettato sia dal
vivo e sia dal morto: il vivo dopo aver scavato dalla fossa comune una
capuzzella, averla ripulita, pregato per la sua anima e circondata di ceri e
fiori aspettava, se nella notte tra la domenica e il lunedì successivi sognava i numeri del lotto, o
comunque in quei giorni almeno una parte di quello che aveva chiesto si
realizzava, allora voleva dire che il morto aveva accettato il patto che il vivo gli aveva proposto, l'adozione
diventava definitiva e irrevocabile. Se ciò non accadeva il vivo, scavava un
altro cranio dalla fossa comune e ricominciava tutto daccapo.
Negli ossari napoletani sono
conservate, tra i tanti teschi, le capuzzelle che hanno avuto una storia più
famosa o che sono conosciute come particolarmente miracolose o pericolose.
Non è vero ma ci
credo. È un detto che, a mio parere, ben rispecchia l’approccio comune alla
superstizione; in molti ne prendiamo le distanze ma nessuno di noi rinuncia a
qualche piccolo rito scaramantico perché non si sa mai… Quale il tuo personale
approccio? Segui qualche “rituale” particolare quando scrivi?
Non ho veri rituali scaramantici,
ma un'abitudine a cui tengo sì. Ogni anno nel periodo prima di Natale, vado con una o più care
amiche a Via San Gregorio Armeno, che è la famosa strada dei Presepi di Napoli,
dove oltre a pastori, decorazioni, luci e ect è possibile acquistare ogni sorta
di ninnolo contro il malocchio e la fattura, apportatore di fortuna e di
salute... Ci sono i corni, le statuine del gobbetto, del monaciello, della
'mbriana, che è una donna nume tutelare della casa. Ogni anno io e le mie
amiche ci scambiamo in regalo tra noi uno di questi ninnoli, ognuna paga quello
dell'altra, perché, specie i corni ma in generale tutti gli oggetti
scaramantici, devono essere regalati per poter proteggere. In realtà è un modo
che abbiamo tra noi, per collezionare questi oggetti fatti a mano da bravi
maestri presepai, ed è anche un modo di passare un piacevole pomeriggio,
scherzando a regalarci la fortuna.
Come nascono i tuoi
personaggi? Ce n’è uno a cui ti senti particolarmente legata o che, in qualche
modo, ti rappresenta?
Quando concepisco
per la prima volta un personaggio penso a una passione che lo muove a un
sentimento. Ad esempio immagino che Tizio prova tanto odio dentro di sé, poi
comincio a pensare a come si muove, che fa, che dice, che pensa un Tizio che
cova tanto odio.
C'è un
personaggio a cui sono molto legata, Anita. Nel crearla mi sono posta questa
domanda: come pensa, che dice, che fa una donna molto anziana e non colpita da
un processo d'invecchiamento cerebrale? Anita è lucida, ma il suo corpo è
vecchio, il suo cervello intatto arriva dove il suo fisico non può più. La
passione che la muove è la saggezza di chi con lucido raziocinio sa leggere il
libro della vita perché è sazio di anni.
Recentissima la tua
partecipazione insieme allo staff di
Runa Editrice al Salone del Libro di Torino. Un tuo feedback su questa esperienza?
Runa Editrice al Salone del Libro di Torino. Un tuo feedback su questa esperienza?
Non credo di poter dire che cosa
sia stata questa esperienza. La Runa Editrice, non solo pubblicando il mio noir
ma facendo sì che venisse presentato al Salone del Libro di Torino ha
realizzato quello che per me era il mio più grande desiderio. Dentro di me
covava da sempre un sogno, scrivere un libro e presentarlo a Torino, ecco Fabio
Pinton con la sua Runa lo ha reso realtà.
Nel corso della tua
carriera letteraria hai ottenuto svariati riconoscimenti, da una segnalazione
al prestigioso Premio Calvino alla vittoria del Torneo Io Scrittore organizzato
dal gruppo Mauri Spagnol − per citarne alcuni. Cosa hanno significato per te
questi premi? Ritieni che abbiano avuto una reale influenza sul tuo percorso da
scrittrice?
Quando si comincia a scrivere, a
meno di non avere un alta opinione di sé, si ha bisogno di conferme, e che queste ti arrivino da
amici e parenti non conta nulla. Quei poverini potrebbero mai dire che quello
che scrivi è terribile?
A questo scopo mi sono stati
certamente utili i vari riconoscimenti dai piccoli premi letterari a quello più
importante della segnalazione per merito al Calvino, così come i vari articoli
che mi sono stati pubblicati da giornali e riviste. Mentre merita un discorso a
parte il torneo di Io scrittore, è una gara dura, dove lettori/giudici e autori
coincidono, allora il giudizio è spietato, se ci si mette che poi ci sono i
furbi, i franchi tiratori ect... riuscire a vincerla non è affatto facile. Il premio che si ottiene, però non è da poco,
pubblicare sia pure in ebook con il gruppo Mauri Spagnol è un buon scalino
d'avvio per il precorso di scrittura che si vuole intraprendere.
La mia amica da sempre Marcella,
che ama e si dedica alla ricerca storica, un giorno alcuni anni fa mi telefonò.
“Ho scovato una bella storia su una donna di Ravello nel 1283, la vuoi
scrivere?” Da quella telefonata e per più di un anno io e Marcella ci siamo
incontrate ogni settimana, lei raccoglieva fonti e documenti, tesseva l'ordito
della storia e io ci ricamavo su la trama del romanzo. É stato molto
divertente, istruttivo e stimolante. La storia ci ha preso molto, dalla ricerca
storica veniva fuori una donna Chura Rufolo che osò sfidare il re Carlo
d'Angiò. Il sovrano aveva accusato i familiari della protagonista di essere
stati i responsabili delle cause che
avevano provocato la sommossa dei Vespri
Siciliani. E noi, ma mano che approfondivamo questa storia, ci stupivamo sempre
di più, come poteva aver fatto quello che fece questa nobildonna di un epoca
tanto remota? Quasi fosse stata una donna dei nostri tempi. Chura ci ha
conquistate e a noi è piaciuto raccontare la sua storia.
Che tipo di lettrice
sei? Ci sono degli autori a cui ti ispiri o che hanno influenzato la tua
scrittura?
Leggo tantissimo, 4 o 5 libri al
mese e a volte di più, eppure non ne ricordo dopo un poco nemmeno i titoli e
gli autori. Se però un testo riesce a rimanermi nella memoria sono poi capace
di serbarne il ricordo per sempre, quel libro mi è davvero piaciuto.
Non mi ispiro a nessuno di mia
volontà, inconsciamente accadrà di certo ma io non me ne accorgo. Quello che,
invece, so bene sono i libri che ho amato e che sono le pietre miliari della
mia formazione: “I Buddenbrook”, in assoluto il libro che amo di più. “Memorie
di Adriano”, “Il resto di niente”, “Canne al vento”, “L'isola di Arturo”, tra
gli autori moderni non faccio nomi molti sono amici e non voglio far torto a
nessuno.
Cartaceo o digitale?
Quale il futuro dell’editoria? Quale il tuo rapporto con gli e-book?
Carta, amo l'odore, la forma, la
consistenza dei libri. Mi piace accatastarli nelle librerie a casa, perché i
ripiani sono già tutti più che pieni. Eppure credo che il futuro sia degli
ebook, ritengo che soppianteranno
totalmente il libro cartaceo e che in futuro lo si andrà ad ammirare nei musei
come un antico cimelio. Questa è una delle poche cose che mi fa ringraziare il
cielo di non essere più una ragazza, almeno probabilmente mi sarà risparmiato
di vivere in un mondo senza libri e senza più polverose e silenziose
biblioteche in cui andare a fare suggestive ricerche, sfogliando vecchi testi
con pagine ingiallite di carta che crocchia.
Sogni nel cassetto e
progetti per il prossimo futuro?
Scrivere. Per fortuna è
un'attività che è possibile praticare fino a quando il cervello non ci
abbandona, e io spero di continuare fino a quel momento e non importa se il
fine sarà la pubblicazione o unicamente
me stessa. Mi auguro di riuscire a trovare sempre dentro di me storie da
raccontare, perché per me lo scrittore è in primis un narratore di storie, come
gli antichi Menestrelli che giravano paese per paese portando agli abitanti il
piacere di sospendere per un poco la realtà a volte dura in cui vivevano e
rifugiarsi in un altro mondo dove potevano sentirsi pirati, soldati, amanti o
amati.
E
per saperne di più...
Leggi la nostra
recensione de Il
sussurro di vico pensiero
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