lunedì 30 gennaio 2017

Recensione: La casa a Nazareth Hill

Titolo: La casa a Nazareth Hill
Titolo originale: The House on Nazareth Hill (1996)
Autore: Ramsey Campbell
Traduzione: Daniele Bonfanti
Revisione: Alessandro Manzetti
Illustrazione di copertina: Daniele Serra
Quarta di copertina: Giampaolo Frizzi
Editore: Independent Legions Publishing
Formato Cartaceo ed eBook
Pagine: 415 - Lingua: Italiano
Prezzo di copertina edizione cartacea: € 19,99
Prezzo di copertina edizione eBook: € 4,99
Disponibile su  Amazon

Descrizione:  
Il vedovo Oswald Priestley e la figlia adolescente Amy si tra-sferiscono in un palazzo ristrutturato. Amy fin da piccola ha sempre chiamato quel posto, rimasto abbandonato per de-cenni, la casa dei ragni. Nessuno degli inquilini del nuovo, lussuoso condominio sa che un tempo Nazareth Hill ospitava una casa di dolore e di tortura, dove la follia è rimasta incollata alle pareti delle stanze o cammina ancora nei cor-ridoi, animando la grande pancia di quell’oscuro palazzo rimesso a nuovo. Durante la permanenza a Nazareth Hill i rapporti tra padre e figlia diventano sempre più difficili. Oswald sembra risentire dell’essenza malvagia della casa e del suo spettrale passato, mentre Amy si ritrova a fronteggiare visioni terrificanti e scopre inquietanti segreti. Ma forse c’è dell’altro, la morsa del passato sfugge a ogni definizione. L’autore, attraverso la sua prosa inquietante e soffocante, sposta i confini tra il bene e il male, tra il reale e immaginario, animando ombre e visioni, soprannatu-rale e follia, dando vita a una storia drammatica a sfondo famigliare che spalanca le porte, una dopo l’altra, delle paure più ancestrali, offrendoci infine una vista unica, terribile e privilegiata, su un piccolo, immenso inferno. I vecchi orrori di Nazareth Hill sono solo sopiti, e non aspettano altro che poter riemergere con tutta la loro forza.

L'autore: 
Ramsey Campbell (Liverpool, 1946) è forse il più rinomato autore di narrativa horror e sovrannaturale al mondo. Durante una carriera di oltre cinquant’anni che conta decine di romanzi e di raccolte di racconti (tra cui La faccia che deve morire, Luna affamata, Alone with the Horrors), oltre a svariate opere come curatore, ha ottenuto più riconoscimenti di qualunque altro autore di horror e dark fantasy, tra cui tre volte il Bram Stoker Award, quat-tro volte il World Fantasy Award e dieci volte il British Fantasy Award. Nel 1999 ha ricevuto il premio alla carriera della Horror Writers Association e il Grand Master Award presso la World Horror Convention. Nel 2007 è stato nominato Living Legend dalla International Horror Guild, mentre nel 2015 ha ricevuto il World Fantasy Award alla carriera. Ha ricevuto riconoscimenti anche al di fuori del mondo dell’horror come il Liverpool Daily Post & Echo Award per la letteratura, nonché una Honorary Fellowship presso la John Moores University di Liverpool per “l’eccezionale servizio reso alla letteratura.” Si tratta dell’unico scrittore horror vivente ad apparire nell’Oxford Companion to English Literature
Da due dei suoi libri sono stati tratti lungometraggi cinematografici: Nameless tratto dal romanzo omonimo e Se-cond Name tratto da Pact of the Fathers. È stato per anni presidente della British Fantasy Society.
Dopo aver prestato servizio civile e aver lavorato in biblioteche pubbliche, è diventato uno scrittore a tempo pieno dal 1973. Grande appassionato di cinema, per oltre quarant’anni si è occupato anche di recensioni cinematografi-che per la BBC. I suoi libri sono stati tradotti in molte lingue in tutto il mondo, tra cui francese, tedesco, italiano, spagnolo, finlandese, polacco, giapponese, svedese, greco e olandese.
Il noto studioso S.T. Joshi ha dichiarato che “le generazioni future lo considereranno il più importante autore hor-ror della nostra generazione, a tutti gli effetti all’altezza di Lovecraft o Blackwood.”
Tra le sue opere; romanzi e novelle: The Doll Who Ate His Mother (1976); The Face That Must Die (1979); The Na-meless (1981); Incarnate (1983); Obsession (1985); Ancient Images (1989); Needing Ghosts (1990); Midnight Sun (1991); The Long Lost (1993); The One Safe Place (1995); The House on Nazareth Hill (1996); Silent Children (2000); Pact of the Fathers (2001);The Darkest Part of the Woods (2003); The Overnight (2004); The Grin of the Dark (2007); Thieving Fear (2008); The Seven Days of Cain (2010); Ghosts Know (2011); The Last Revelation of Gla'aki (2013); The Pretence (2013);Thirteen Days by Sunset Beach (2015); The Booking (2016); The Searching Dead (2016); raccolte di racconti: The Inhabitant of the Lake and Less Welcome Tenants (1964); Dark Companions (1982); Cold Print (1985); Waking Nightmares (1991) Alone with the Horrors (1993); Told by the Dead (2003); Just Behind You (2009); Holes for Faces (2013); Limericks of the Alarming and Phantasmal (2016).
Tra le opere tradotte in Italiano: La Setta (The Nameless), Mondadori (1987); Influssi Maligni (The Influence) Sper-ling & Kupfer (1990); Luna Affamata (The Hungry Moon), Mondadori (1991); La Bambola che Divorò sua Madre (The Doll Who Ate His Mother), Mondadori (1992); Sogni Neri (Incarnate), Mondadori (1992); Artigli nella Notte (Night of the Claw), Fanucci (1995); Antiche Immagini (Ancient Images) Sperling & Kupfer (1995); La Faccia che Deve Morire (The Face That Must Die), Urania Horror Mondadori (2015); L’Ultima Rivelazione di Gla’aki (The Last Revelation of Gla'aki), Edizioni Hypnos (2016).
Independent Legions ha pubblicato il racconto dell’autore Il Vecchio Crudele (The Game) nell’antologia Danze Ere-tiche Volume 2 (2016) e, in lingua inglese, il racconto Above the World nell’antologia The Beauty of Death (2016).
Sito Web dell’Autore: www.ramseycampbell.com
 
La recensione di Miriam: 
I muri hanno occhi e orecchie: è un modo di dire ma ha un fondo di verità. Gli edifici, in qualche modo, assorbono l’energia di chi li abita, ne conservano traccia anche dopo la loro dipartita e continuano a richiamare gli spiriti inquieti. Ci si può credere oppure no, di certo è un’idea ricca di suggestioni, non a caso ha ispirato diversi autori in campo sia letterario che cinematografico.
In quest’opera, Ramsey Campbell ci propone una reinterpretazione del tema, anche se parlare semplicemente di casa infestata nel caso di Nazareth Hill sarebbe riduttivo. Sin dalle prime battute si ha l’impressione che la costruzione respiri, sussurri, osservi, come fosse una creatura viva e non un mero agglomerato di mattoni. Non un luogo occupato da oscure presenze ma inquietante presenza essa stessa, quasi un personaggio fra gli altri, o sarebbe meglio dire al di sopra degli altri, poiché svolge un ruolo cruciale.
Sua interlocutrice privilegiata è Amy Priestley. Ha nove anni ai tempi del suo primo incontro con Nazaril (questo è l’appellativo familiare con cui la identificano gli abitanti del paese). All’epoca non è che un rudere abbandonato e il papà la prende in spalla per consentirle di dare una sbirciatina attraverso i vetri, durante una passeggiata. Quel che la bimba vede oltre la finestra la terrorizza, ma fa presto a dimenticarsene, o almeno rimuove tutto fino a che non  torna sul posto in veste di inquilina. A distanza di alcuni anni, l’edificio viene infatti ristrutturato e suo padre Oswald decide di acquistare uno dei diciotto appartamenti ricavati al suo interno. Amy, che intanto ha compiuto sedici anni, non è affatto contenta della scelta: Nazaril le trasmette un senso di repulsione, la sente intrisa di energie negative ed è l’ultimo posto al mondo in cui vorrebbe vivere. Tuttavia non è che una ragazzina, la mamma non c’è più e non ha nessuno che possa darle man forte. Del resto la sua avversione non ha alcun fondamento, è solo frutto di suggestione, il residuo di una stupida paura infantile… o forse no?
La verità è che in quello che ormai è diventato un grazioso complesso residenziale, ben presto, cominciano a verificarsi strani quanto agghiaccianti fenomeni. A ben guardare tutti gli inquilini di Nazaril manifestano un certo disagio, sebbene nessuno sembri disposto a riconoscerlo o ad approfondire la questione.
Amy è l’unica a porsi in ascolto, a interrogarsi, ad avvertire il bisogno di capire, ma il suo atteggiamento non è ben visto da coloro che la circondano, a cominciare da suo padre, sicché gradualmente le fanno terra bruciata intorno.
Pian piano Nazaril diviene una sorta di gabbia psicologica che mette in dubbio la sanità mentale della protagonista. Quel che Amy scopre sul passato della casa, quel che osserva e che le fa paura è reale o è  il frutto di un’interpretazione distorta della realtà, un’allucinazione alimentata dalle sue personali paure?
L’intero romanzo, puntando sul perturbante,  si gioca su questo enigma. La trama intreccia fili che hanno il colore degli incubi ma anche l’odore della solitudine, del terrore scatenato dal sospetto di aver ceduto alla follia. L’autore non si limita a sussurrarci una storia horror che parla di fantasmi, ci racconta lo smarrimento di chi si ritrova solo ad affrontare un pericolo che gli altri disconoscono ed è proprio questo, più delle creature nascoste negli anfratti bui, a trasmettere un forte senso di inquietudine. In questo contesto si inserisce inoltre il tema del rapporto conflittuale fra genitori e figli, nello specifico assistiamo allo scontro fra Amy e suo padre, schiacciato dalla responsabilità di allevare la figlia da solo. L’atteggiamento ostile della ragazza che non accetta il trasferimento a  Nazarhil simboleggia un po’ anche il suo rifiuto di crescere, di spezzare il legame con l’infanzia (che lei identifica con la figura materna) e di accettare passivamente le regole imposte dal mondo degli adulti.
D’altra parte, Nazaril si configura come una bolla che imprigiona tutti  i suoi abitanti e li divide dal resto del mondo, alimentando un senso di non appartenenza da cui trae forza. Tra le altre cose,  è isolata acusticamente, sicché una volta entrati in uno dei suoi appartamenti, tutti i suoni provenienti da fuori, ma anche quelli provenienti dalle altre unità abitative, si spengono come per effetto di un macabro incantesimo. Ciascuno rimane chiuso nel suo microcosmo, che lungi dall’offrirsi come un bozzolo rassicurante si rivela però una prigione piena di insidie. Ed è proprio quando i rumori esterni tacciono che la casa stessa comincia a parlare di segreti orribili, annidati in un tempo dimenticato, ma che scalpita per tornare alla luce.
Con la stessa abilità di un ragno Campbell tesse la sua tela nera, un ricamo perfetto in cui si incastrano raffinatezza di stile e solidità di contenuti. Ci avviluppa con la sua prosa ricercata ma mai ostica, trascinandoci al centro di un mistero che si identifica con un luogo ma ha profondi risvolti psicologici, giacché Nazareth Hill non è solo una casa infestata ma uno specchio in grado di riflettere la follia. Per rendervene conto vi basterà seguire la piccola Amy e concedervi un sguardo oltre la finestra. Armatevi di coraggio, però, soprattutto se siete aracnofobici.



  

 















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