lunedì 23 giugno 2014

Recensione: Il decalogo. Dieci racconti per violare i Comandamenti di Dio

Titolo: Il decalogo
Autori: AA. VV
Editore: Il foglio letterario
Pagine: 200
Prezzo: 14,00

Descrizione:
I Dieci Comandamenti appaiono come precetti lontani, distanti nel tempo e dalla quotidianità della vita. Per alcuni rappresentano soltanto un ricordo dei giorni del Catechismo e si legano a immagini di vecchie suore vestite di nero.
Eppure il Volere di Dio è cresciuto con noi: se da bambini faticavamo a rispettare precetti come “ascolta quel che dicono il papà e la mamma” o “non dire le bugie”, da adulti abbiamo familiarizzato con azioni e desideri che non immaginavamo appartenerci, come “Non avrai altro Dio all’infuori di me” o “Non uccidere”.
Norme e precetti che ci vincolano come obblighi o comportamenti che scegliamo liberamente di tenere se vogliamo camminare nella luce di Dio? Questo è l’altalenante equilibrio su cui si regge la nostra vita.
Gli autori dei racconti di questa raccolta dimostrano come i Comandamenti siano ancora attuali e come l’uomo non riesca ad allontanarsi dalle forme, sempre nuove e rinnovate, in cui si manifesta il Male.
Voi… quali comandamenti avete violato?

Vìolano i Comandamenti di Dio:
(in ordine di apparizione)
Alessandro Cascio
Stefano Pastor
Federico Guerri
Fabio Izzo
Laura Sartori
Maurizio Cometto
Fabio Beccacini
Frank Solitario
Enrico Miceli
Bruno Osimo
Valerio Gaglione
Andrea Borla

La recensione di Miriam:

“Non avrai altro Dio all’infuori di me, spesso mi ha fatto pensare…” Così esordisce Tito nell’indimenticabile testamento vergato da Fabrizio De André. Un testamento che mette in discussione il concetto stesso di giustizia e l’infallibilità della legge divina, spesso cieca alle circostanze della vita.
Leggendo Il Decalogo non ho potuto fare a meno di ripensare alle parole del buon ladrone poiché i dieci racconti per violare i Comandamenti di Dio contenuti in questa raccolta, in qualche modo, ne ricalcano l’orma concettuale
Per dirla con Piero Scacchi, “la decisione di conformarsi al volere divino e l’esercizio del libero arbitrio, non  sono una prova facile da superare”. In teoria nessuno metterebbe in discussione la validità di precetti quali, onora il padre e la madre, non mentire, non rubare, non uccidere − a prescindere dalla religione di appartenenza − la pratica però è un’altra cosa e deve fare i conti con una serie di variabili impossibili da trascurare.
Ma facciamo un piccolo passo indietro, perché a questo punto, forse, vi starete chiedendo: chi è Piero Scacchi?
Piero Scacchi, per l’appunto, è un assassino, un uomo che ha preso le distanze da Dio, ma anche una persona che dallo spazio angusto della sua cella riesce a fornire il suo contributo alla macchina della giustizia e, non da ultimo uno scrittore.
Fuoriuscito dalla fucina creativa di Andrea Borla − curatore dell’antologia −, Piero Scacchi è il primo personaggio in cui ci imbattiamo, quello che ci offre la cornice narrativa in cui andranno a incastonarsi i racconti a seguire. Dieci testi (+ due), diversi tra loro per genere, forma e contenuti ma tutti accomunati da un confronto diretto con le tavole della Legge. Ciascun testo si lega, infatti, a un preciso comandamento e si propone come esempio di quella difficoltà legata alla pratica a cui accennavo prima.
Non aspettatevi dieci ritratti di criminali efferati, testimonianze di persone abiette o degeneri, non è questo il caso. I protagonisti che animano queste pagine sono esseri umani con i loro pregi, i loro difetti e il loro sano bagaglio di buoni propositi, esattamente come noi, il contesto in cui sono chiamati a esercitare il loro libero arbitrio, tuttavia, li pone nella condizione di trasgredire o, quanto meno, di mettere in discussione la Legge.
A spianare la strada per questo cammino, insolito e dissacrante, è Paradise City, un racconto dal ritmo rock che ci proietta in una dimensione futuristica, quasi da videogame, una città ideale in cui solo chi è capace di avere fede anche nei momenti più brutti sopravvive. È in questo contesto insolito quanto spiazzante che si palesa Dio prima che la danza del decalogo violato abbia effettivamente inizio.
Abbandonato lo scenario fantastico, torniamo con i piedi per terra, lì dove la superstizione miete vittime innocenti e l’idea che esista un solo Dio vacilla (Ti diranno).
Di qui in poi ci avventuriamo tra le pieghe di una casistica assai variegata. Il protagonista de L’operatore, per esempio, induce un innocente a nominare Dio invano per perseguire il nobile fine di salvargli la vita; quello di Amen omette di santificare le feste ma, con una vita sfigata come la sua, chi avrebbe voglia di festeggiare? Ne La clinica, incontriamo una figlia devota che, di certo, onora suo padre, ma è davvero ciò che un Dio amorevole vorrebbe se ciò finisse per glorificare la malattia a discapito delle persone che indirettamente devono affrontarla?
E che dire del marito tradito ne L’inizio dell’inverno? Uccidere per lui è quasi un atto necessario, per salvare l’onore e, forse, anche la famiglia, ma l’intenzione basterà a far di lui un assassino? Saprà violare la legge di Dio o sarà quest’ultima o violare lui giocandogli l’ennesimo brutto tiro?
C’è poi chi commette atti impuri affidandosi alla tecnologia e, probabilmente, non può definirsi peccatore se non a livello puramente virtuale… ovvio, fino a che il confine tra reale e virtuale non si sfalda (Real Doll). E c’è chi ruba vite per scrivere romanzi, così più che ladro si profila come onesto lavoratore che asseconda solo un’avidità di settore (Ladri di vite). Qualcuno pecca contro la sua volontà come la protagonista de Il fascino della divisa, che reca falsa testimonianza dopo essere stata stuprata da chi dovrebbe esercitare la giustizia, qualcun altro pecca quasi con innocenza come il tredicenne che in Ragazzo per gioco scopre i piaceri del sesso con la zia quarantenne, o lo strano cleptomane di Cattiva arte per cattive persone, che delle cose altrui si appropria per dare un senso al suo stesso vivere.
Rei per scelta o per forza, per caso o per necessità che di divino non hanno niente e che spesso fanno fatica a comprendere i disegni di Dio.
Non fa eccezione Piero Scacchi che in chiusura torna sulla scena con un nuovo racconto chiamando in causa un undicesimo comandamento a sorpresa: Non amare. Una sorta di confessione, sentita, vibrante che ribaltando il precetto proposto da Gesù, “ama il prossimo tuo come te stesso”, pone l’accento sull’ipocrisia di cui la religione non è scevra, la stessa che, forse non a caso, con forza erompeva dal Testamento di Tito.
Una raccolta irriverente, divertente, a tratti spiazzante, che intrattiene e fa riflettere. Un percorso alternativo particolarmente consigliato a chi è animato da spirito critico e non ha timore di sfidare i dogmi.







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