Titolo: Need. Prigioniera d'amore
Autrice: Carrie JOnes
Editore: Newton Compton
Collana: Vertigo
Pagine: 288
Prezzo: 12,90
Descrizione:
Zara, Nick e i loro amici sapevano che le forze del male non
erano del tutto sconfitte: i pixie aspettavano solo il momento giusto
per tornare all’attacco.
Queste creature misteriose e fameliche dall’inquietante colorito blu infestano la città, e il loro re è ormai troppo debole per riuscire a fermarle. Adesso però c’è un nuovo aspirante al trono: Astley, un giovane dal fascino magnetico. Astley dice di non essere una creatura malvagia e si dichiara a Zara, la sua principessa, ma Nick non si fida di lui, e minaccia di ucciderlo… Per Zara sarà una scelta difficile. Se Astley è sincero, il destino le riserverà una grande, meravigliosa storia d’amore. Se lui mente, potrebbe essere in pericolo non solo la sua vita, ma anche quella di Nick e di tutti coloro che le sono accanto…
Queste creature misteriose e fameliche dall’inquietante colorito blu infestano la città, e il loro re è ormai troppo debole per riuscire a fermarle. Adesso però c’è un nuovo aspirante al trono: Astley, un giovane dal fascino magnetico. Astley dice di non essere una creatura malvagia e si dichiara a Zara, la sua principessa, ma Nick non si fida di lui, e minaccia di ucciderlo… Per Zara sarà una scelta difficile. Se Astley è sincero, il destino le riserverà una grande, meravigliosa storia d’amore. Se lui mente, potrebbe essere in pericolo non solo la sua vita, ma anche quella di Nick e di tutti coloro che le sono accanto…
Carrie Jones vive a Ellsworth, nel Maine. Ha lavorato per riviste e quotidiani ed è autrice di numerosi romanzi, per i quali si è aggiudicata diversi premi (Maine Press Association, Martin Dibner Fellowship, Maine Literary Award). Dopo L’amore che vorrei, Prigioniera d’amore è il secondo episodio della strepitosa saga urban fantasy Need. Per saperne di più: www.carriejonesbooks.com e www.needpixies.com
La recensione di Miriam:
Cominciare a leggere una saga dal secondo capitolo è un po’
come salire su un treno in corsa; il rischio è quello di inciampare in una
serie di tasselli mancanti o, nella peggiore delle ipotesi, di rimanere a terra
non riuscendo a riprendere le fila di una storia ormai in pieno svolgimento. È
per questo che solitamente preferisco evitare simili imprese. Quando però mi
hanno recapitato un pacchetto a sorpresa contenente “Need. Prigioniera d’amore”−
sequel di “Need. L’amore che vorrei”−, non ho potuto resistere alla tentazione
di provare ugualmente a leggerlo.
A dispetto delle mie scarsissime doti atletiche, non sono caduta. Sebbene un tantino stordita all’inizio, non ho faticato molto a orientarmi perché, se è vero che i riferimenti al volume precedente sono tantissimi e indispensabili per comprendere la storia, è anche vero che l’autrice si è premurata di inserire tra le pagine piccoli riepiloghi atti a informare il lettore su quanto accaduto prima.
Sono riuscita dunque a infiltrarmi in un gruppo di amici ormai consolidato e a familiarizzare con Zara, Nick, Issie e Devyn. Superato un primo attimo di smarrimento, ho compreso che i due ragazzi sono in realtà mutanti, che Zara è un’umana mezzosangue e che la missione di quest’allegra brigata è quella di combattere i cattivissimi Pixie. Nell’episodio precedente i quattro amici erano riusciti a intrappolarli in una casa blindata con una serie di accorgimenti e incantesimi ma ciò non era valso a sventare del tutto la loro minaccia. Adesso un nuovo Pixie, decisamente scaltro, ha fatto la sua comparsa nei boschi del Maine. Il suo nome è Astley, sostiene di non essere cattivo come gli altri e aspira al trono, ma per diventare re ha bisogno di una regina e… la sua prescelta è Zara.
La ragazza dovrà così affrontare una nuova sfida; dovrà combattere per difendere la sua umanità e l’amore che la lega a Nick. Questa volta però la prova da superare sarà particolarmente ardua perché altissimo sarà il prezzo da pagare.
Fondamentalmente l’opera si presenta come l’ennesima rivisitazione di un modello che, a partire dal successo di Twilight, è diventato imperante nella narrativa YA. L’eterna lotta tra bene e male, l’amore struggente tra un’umana e una creatura soprannaturale, segreti familiari celati nel passato dei protagonisti, gli elementi su cui si regge la trama non riservano alcuna sorpresa. Unica peculiarità a distinguere Need è la singolare scelta dei cattivi che, nel caso specifico, ricade su creature poco sfruttate in tal senso e soprattutto insospettabili. Non vampiri, non lupi mannari (che non mancano ma appartengono alla schiera dei buoni), non demoni, ma Pixie, ovvero quei folletti tipici del folklore anglosassone comunemente noti per l’indole dispettosa e, tuttavia, non così pericolosi.
Bisogna ammettere che l’idea è intrigante. Inizialmente mi ha affascinata tanto da farmi sperare di poter sorvolare sulla scarsa originalità del plot, purtroppo però la Jones non è riuscita a convincermi. Il problema è che per rendere credibili questi simpatici esserini nel ruolo di cattivi li ha completamente snaturati. Capaci di assumere le sembianze degli esseri umani, solitamente si presentano come persone comuni mentre, privi di travestimento, sono dei mostriciattoli blu dotati di denti aguzzi… insomma qualcosa di più simile a dei Puffi in versione horror che a dei veri Pixie, sicuramente più originali dei vampiri ma non più terrificanti di un cartone animato.
A questo punto vorrei potervi dire almeno che, nonostante tutto, la lettura mi ha divertita o emozionata, che la storia d’amore tra Zara e Nick mi ha commossa fino a lacrime… ma non è andata così. La verità è che, per quanto mi sia sforzata, non sono riuscita a individuare dei veri punti di forza in questo libro. Alla trama banale si aggiungono uno stile narrativo piatto e una caratterizzazione dei personaggi ridotta ai minimi termini. L’intera storia è narrata quasi con distacco; attraverso frasi lapidarie l’autrice snocciola un elenco di fatti senza mai mostrare quel che dice, cosicché leggendo non sono riuscita a provare alcun sentimento né ad affezionarmi ai protagonisti che mi sono parsi sagome di cartone senz’anima.
Probabilmente il fatto di essermi imbattuta in un capitolo di transizione che riprende una storia già avviata e si arresta prima di giungere a una vera conclusione – rimandata al volume che seguirà – ha acuito il mio senso di insoddisfazione. Può essere che il primo libro contenga caratterizzazioni esaustive, tanto da valere per tutta la saga, o una formula magica in grado di sciogliere il gelo emotivo che ho percepito nel sequel. Sinceramente, vista la delusione già provata, non sono tanto curiosa di scoprirlo.
A dispetto delle mie scarsissime doti atletiche, non sono caduta. Sebbene un tantino stordita all’inizio, non ho faticato molto a orientarmi perché, se è vero che i riferimenti al volume precedente sono tantissimi e indispensabili per comprendere la storia, è anche vero che l’autrice si è premurata di inserire tra le pagine piccoli riepiloghi atti a informare il lettore su quanto accaduto prima.
Sono riuscita dunque a infiltrarmi in un gruppo di amici ormai consolidato e a familiarizzare con Zara, Nick, Issie e Devyn. Superato un primo attimo di smarrimento, ho compreso che i due ragazzi sono in realtà mutanti, che Zara è un’umana mezzosangue e che la missione di quest’allegra brigata è quella di combattere i cattivissimi Pixie. Nell’episodio precedente i quattro amici erano riusciti a intrappolarli in una casa blindata con una serie di accorgimenti e incantesimi ma ciò non era valso a sventare del tutto la loro minaccia. Adesso un nuovo Pixie, decisamente scaltro, ha fatto la sua comparsa nei boschi del Maine. Il suo nome è Astley, sostiene di non essere cattivo come gli altri e aspira al trono, ma per diventare re ha bisogno di una regina e… la sua prescelta è Zara.
La ragazza dovrà così affrontare una nuova sfida; dovrà combattere per difendere la sua umanità e l’amore che la lega a Nick. Questa volta però la prova da superare sarà particolarmente ardua perché altissimo sarà il prezzo da pagare.
Fondamentalmente l’opera si presenta come l’ennesima rivisitazione di un modello che, a partire dal successo di Twilight, è diventato imperante nella narrativa YA. L’eterna lotta tra bene e male, l’amore struggente tra un’umana e una creatura soprannaturale, segreti familiari celati nel passato dei protagonisti, gli elementi su cui si regge la trama non riservano alcuna sorpresa. Unica peculiarità a distinguere Need è la singolare scelta dei cattivi che, nel caso specifico, ricade su creature poco sfruttate in tal senso e soprattutto insospettabili. Non vampiri, non lupi mannari (che non mancano ma appartengono alla schiera dei buoni), non demoni, ma Pixie, ovvero quei folletti tipici del folklore anglosassone comunemente noti per l’indole dispettosa e, tuttavia, non così pericolosi.
Bisogna ammettere che l’idea è intrigante. Inizialmente mi ha affascinata tanto da farmi sperare di poter sorvolare sulla scarsa originalità del plot, purtroppo però la Jones non è riuscita a convincermi. Il problema è che per rendere credibili questi simpatici esserini nel ruolo di cattivi li ha completamente snaturati. Capaci di assumere le sembianze degli esseri umani, solitamente si presentano come persone comuni mentre, privi di travestimento, sono dei mostriciattoli blu dotati di denti aguzzi… insomma qualcosa di più simile a dei Puffi in versione horror che a dei veri Pixie, sicuramente più originali dei vampiri ma non più terrificanti di un cartone animato.
A questo punto vorrei potervi dire almeno che, nonostante tutto, la lettura mi ha divertita o emozionata, che la storia d’amore tra Zara e Nick mi ha commossa fino a lacrime… ma non è andata così. La verità è che, per quanto mi sia sforzata, non sono riuscita a individuare dei veri punti di forza in questo libro. Alla trama banale si aggiungono uno stile narrativo piatto e una caratterizzazione dei personaggi ridotta ai minimi termini. L’intera storia è narrata quasi con distacco; attraverso frasi lapidarie l’autrice snocciola un elenco di fatti senza mai mostrare quel che dice, cosicché leggendo non sono riuscita a provare alcun sentimento né ad affezionarmi ai protagonisti che mi sono parsi sagome di cartone senz’anima.
Probabilmente il fatto di essermi imbattuta in un capitolo di transizione che riprende una storia già avviata e si arresta prima di giungere a una vera conclusione – rimandata al volume che seguirà – ha acuito il mio senso di insoddisfazione. Può essere che il primo libro contenga caratterizzazioni esaustive, tanto da valere per tutta la saga, o una formula magica in grado di sciogliere il gelo emotivo che ho percepito nel sequel. Sinceramente, vista la delusione già provata, non sono tanto curiosa di scoprirlo.
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