Benvenuta nel nostro
angolino magico Serena! Per cominciare ti va di presentarti ai nostri lettori?
Ciao a tutti e grazie per l'accoglienza! Credo ci sia
davvero bisogno di un angolino magico nel nostro mondo, dove rifugiarsi e
meditare, dove le fiabe possano avere spazio ed essere ascoltate. C'è troppo
rumore nel nostro mondo e la magia è un dono raro. E io credo di essere prima
di tutto una persona che crede che nella vita di tutti i giorni ci sia più
magia di quello che si crede. Ed è questa magia che desidero fare conoscere ai
miei lettori.
Parliamo di Drona. La città ideale, il tuo romanzo
d’esordio. Com’è nata l’idea?
L'idea di città ideale non è un'idea nuova. È un
simbolo che esiste da migliaia di anni e da cui sono sempre rimasta
affascinata. Esistono numerosi testi, dall'ermetismo ai trattati
rinascimentali, che indicano quali proporzioni e quali struttura debba avere
una città per essere realmente ideale, ovvero il modello perfetto di città di
cui ogni altra città non è che una copia mal riuscita. E caratteristica di
questa città perfetta è la necessaria virtù dei suoi abitanti.
Ma come può un'opera così ampia e complessa essere
interamente controllata da una sola mente? Vi è sempre qualcosa che sfugge.
Drona è una perfezione mancata, incompiuta. Perché la luce, per essere se
stessa, non può esistere senza l'oscurità.
Drona dovrebbe essere
la città perfetta, il luogo in cui tutti vorrebbero vivere. In realtà scopriamo
che la sua perfezione è illusoria. Secondo te cosa impedisce agli uomini, anche
nella realtà, di realizzare il sogno di una società ideale?
Penso che l'impossibilità, ai giorni nostri come nel
passato, di costruire una società veramente perfetta sia legata alla
sostanziale incapacità di ripensare la relazione con l'altro. L'unica speranza
che abbiamo in un mondo migliore deve passare attraverso una rieducazione
radicale all'umanità. L'apprendere che solo attraverso la cooperazione, l'aiuto
reciproco, la condivisione, la distribuzione equa delle ricchezze in tutto il
globo si può giungere a costruire una cultura dove povertà e ignoranza siano
solo ricordi lontani, al di là di ogni credo religioso o convinzione personale.
Per alcuni versi
Drona mi ha ricordato La città di Smeraldo descritta da Frank Baum ne “Il
meraviglioso mago di Oz”. Ti riconosci in questo accostamento?
La città di smeraldo non fa parte del mio immaginario
fantastico, ma riconosco che possano esserci elementi in comune, anche
piuttosto evidenti.
Odar e Alisia. Come
nascono questi due personaggi e che rapporto hai instaurato con loro?
Sono due personaggi nati in maniera diversa. Alisia è
arrivata solo nella seconda stesura, mentre Odar fa parte della tessuto della
realtà a cui Drona appartiene dall'inizio alla fine.
Alisia è un personaggio semplice da affrontare. È ribelle e
insieme lineare. Credo che le sue azioni possano essere comprese da tutti. I
suoi conflitti interiori sono conflitti che hanno un senso nella nostra logica
quotidiana. Le sfide che affronta, per quanto iperboliche se relazionate alla nostra esperienza, sono sfide che
possono essere affrontate da ognuno di noi. La sua scelta finale è una scelta
che possiamo capire e condividere. Ma Odar?
Odar è veramente figlio della sua città, di un sistema che
non lascia spazio all'individuo e alla novità. Per certi versi Odar fa rabbia:
come si può essere così ciechi, così rassegnati? È l'individuo che non si pone
domande su di sé, sulla sua vita. La reazione di fronte al cambiamento è
ostile. Ammetto di non comprendere la sua decisione di tornare nel sistema dopo
esserne uscito. Eppure ritengo che questa scelta implichi un cambiamento molto
più radicale di quello che Alisia potrebbe mai compiere. È la totale rinuncia
all'utopia, al domani, per l'immersione totale in un presente che non dà segni
di speranza, quasi un amor fati di memoria stoica.
Il tuo è un romanzo
ricco di simbolismi. Leggendolo è impossibile non scorgere vari messaggi
disseminati tra le righe. Una causalità o una scelta meditata? Quale messaggio
hai voluto trasmettere al lettore?
Il simbolismo per me è una seconda lingua e nasce dal mio
amore per le fiabe, i miti, la letteratura e la filosofia del medioevo. Nello
scrivere racconti, fiabe o romanzi parto sempre da strutture archetipiche che
fanno parte della cultura indoeuropea per poi arricchirle solo in un secondo
tempo dei miei contenuti. In questo modo è inevitabile che i simboli si
intreccino e riecheggino l'uno l'altro, creando una rete fitta di richiami e
allegorie. Tra questi significati, il più immediato è sicuramente quello
politico, caratteristico di tutti i romanzi distopici nel cui filone Drona si
inserisce.
Non sono interessata a impartire insegnamenti morali e
dottrinali ai miei lettori, non credo che lo scopo della narrativa sia di
natura didascalica, ma mi piace pensare che le mie storie siano in grado di
fare riflettere sulla natura umana, sulle relazioni, sulla vita di tutti i
giorni senza dare nessun tipo di risposta facile. E confrontandomi con i miei
lettori sono stata felice di sapere che ognuno ha attribuito un significato diverso
al finale che ho scelto di lasciare aperto.
A chi consiglieresti
e perché la lettura di Drona?
Consiglio la lettura di Drona tanto a persone giovani quanto
ad anziani. Come tutte le fiabe, parla un linguaggio che ognuno è in grado di
comprendere e di riempire con la propria esperienza.
Oltre a essere
autrice, sei appassionata di musica e teatro, campi nei quali hai maturato
diverse esperienze artistiche. In che modo tali esperienze influenzano la tua
scrittura?
Sono due modalità di lavorare opposte, che ritrovo entrambe
nella creazione narrativa. Nel lavoro
teatrale ci si abitua all'atteggiamento quotidiano di ricerca per tentativo ed
errore che consente di non considerare mai nulla come definitivo e a vedere
eventuali errori come necessari momenti di passaggio. Questo è fondamentale per
esercitare liberamente l'immaginazione senza affezionarsi troppo a un'idea ma
anche per non curarsi troppo, durante la prima fase, delle difficoltà tecniche
e degli errori. Questo, da quello che vedo, è ciò che rende spesso difficile il
lavoro di scrittura ai principianti: imparare quando ignorare la propria
autocritica è un momento di passaggio indispensabile in qualsiasi lavoro
creativo.
La musica insegna invece la dedizione al lavoro e
l'attenzione al dettaglio. Insegna la presenza a se stessi anche in molte ore
di lavoro attraverso il rituale quotidiano.
Cosa puoi dirci a
proposito del tuo approccio con il mondo dell’editoria? È stato difficile
trovare un editore per il tuo libro?
Più difficile di quanto si possa credere. Sono serviti anni,
molte riscritture e due contratti rifiutati e molti mesi dopo la firma del
contratto prima che Drona potesse venire alla luce.
Sono una lettrice insaziabile. Quando non lavoro a una prima
stesura leggo quasi un libro al giorno, di qualsiasi genere. Ma nulla può
distogliermi dalla rilettura periodica della Storia Infinita, dell'Edda
poetica, dell'Odissea e dei romanzi del Graal.
Ho letto che Drona è
il primo capitolo di una saga. Ce lo confermi? In tal caso puoi anticiparci
qualcosa sul seguito?
Drona è il primo capitolo di una saga che si prospetta
lunga. Ho ultimato recentemente la prima stesura del seguito, ambientato in un
mondo di confine ai piedi di una sterminata catena montuosa, popolato di
sapienti venuti da un'antica terra e veggenti cieche, disposti a qualsiasi cosa
pur di impedire il passaggio di colui che deve venire a portare la pace nelle
terre devastate dell'Occidente.
Altri progetti per il
prossimo futuro?
Le idee sono molte, ma sono una scrittrice lenta che spesso
impiega anni dalla prima ideazione all'inizio della prima stesura e non mi
fermo nella riscrittura finché non sono soddisfatta.
Sto riscrivendo in questi giorni un romanzo, che costituiva
la mia oasi di pace mentre combattevo contro la prima stesura di Drona, che
vede come protagonista un giovane Cantore, un bardo/mago, che deve lottare
contro tutto e contro se stesso per potere riportare nella sua terra un equilibrio che la pratica
indiscriminata della magia ha spezzato, forse per sempre.
E per saperne di più...
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