Recensione: Leggere Stephen King a cura di Brian J. Freeman
Titolo: Leggere Stephen King
A cura di Brian J. Freeman
Illustrazione di copertina di Cristiano Siqueira
Illustrazioni interne di Stefano Cardoselli
Editore: Independent Legions Publishing
Pagine: circa 200
Prezzo: 22,00
Edizione collection a tiratura limitata (600 copie numerate)
Descrizione:
Edizione italiana del saggio 'Reading Stephen King' (edito
nel 2017 in lingua inglese da Cemetery Dance) a cura di Brian J. Freeman,
contenente mini-saggi, dedicati alle opere kinghiane, di grandi autori,
saggisti e registi cinematografici, tra i quali: Clive Barker, Jack Ketchum,
Richard Chizmar, Rocky Wood, Bev Vincent, Frank Darabont, Mick Garris, Kevin
Quigley, Justin Brooks, Michael R. Colling; Jay Franco e altri.
La recensione di Miriam:
Scrittore straordinariamente
prolifico, da oltre quattro decenni, Stephen King continua a conquistare il
grande pubblico con le sue opere, registrando vendite da capogiro. Che sia
amato da un numero impressionante di lettori è innegabile, ma qual è il segreto
di un simile successo? Come e perché ci si innamora dei suoi libri?
Alcuni suoi fan d’eccezione,
scrittori, sceneggiatori, saggisti che alla produzione del Re hanno dedicato
numerosi studi ce lo raccontano attraverso una carrellata di saggi che, in modo
assai variegato e soffermandosi ciascuno su aspetti diversi, ci forniscono
un’idea di quel che può significare leggere
Stephen King. A emergere da questi scritti non sono solo i tratti distintivi
dell’autore e della sua opera, ma spesso anche elementi caratteristici del suo
Fedele Lettore, peculiarità, atteggiamenti, aspettative, sentimenti in cui, se
rientrate nella categoria, potrete facilmente riconoscervi. In alcuni casi
l’attenzione si focalizza su aspetti più esteriori, regalandoci una serie di
curiosità, aneddoti e informazioni che riguardano il collezionista kinghiano.
Justin Brooks, per esempio, ci mostra come, vista la considerevole mole di
titoli, di edizioni differenti, di testi che esulano dalla narrativa e di
inediti esistenti in circolazione, si possono distinguere diversi tipi di
collezioni. Decidere di diventare collezionisti di King comporta pertanto, in
primis una scelta (cosa effettivamente collezionare) e poi implica la discesa
in una vera e propria tana del coniglio,
ovvero l’esplorazione di un autentico labirinto fatto di edizioni e riedizioni,
di scritti ufficiali e altri mai venuti alla luce (la cui quantità, peraltro,
vi sorprenderà). Su quest’ultimo aspetto si sofferma in maniera più
approfondita Rocky Wood, proponendoci un’interessante panoramica, insieme al
alcuni assaggi concreti molto ghiotti, delle opere perdute del re –
un saggio, questo, che potrà stupire anche chi erroneamente crede di aver letto
tutto del suo autore preferito, oltre a regalargli una sbirciatina su quel che
appare come un vero tesoro sepolto. Sul tema del collezionismo, e soprattutto
su alcune difficoltà di reperibilità dei libri di King al di fuori dei confini
americani, si sofferma Hans-Ake Lilja che ci racconta avventure e disavventure
di un fan svedese.
Nell’ambito del collezionismo e
delle curiosità, si colloca in qualche modo, anche Frank Darabont con la sua Introduzione
a Knowing Darkness: Artists Inspired by
Stephen King, in cui si sofferma sulle numerose illustrazioni scaturite
dalla produzione Kinghiana, mettendo in evidenza come il mondo immaginifico
dell’autore sia stato, e sia tuttora, di ispirazione anche per artisti che si
esprimono in campi diversi dalla scrittura. Il discorso si può poi estendere
alla cinematografia, viste le molteplici trasposizioni di romanzi e racconti,
tema affrontato, per esempio, da Mik Garris, che tra l’altro ci racconta del
suo progetto, mai portato a termine, di realizzare una serie TV tratta da Il talismano. E si può allargare ancora,
basti pensare allo Stephen King Library
Desk Calendar, che raccoglie illustrazioni, testi narrativi, saggi, tutti
dedicati all’autore, della cui genesi ci racconta in maniera dettagliata Jay
Franco, suo curatore e coautore per un quinquennio.
Altri contributi, pur rimanendo
incentrati sul lettore, assumono un tono più intimistico, descrivendoci il
particolare legame che si può
instaurare, per diverse ragioni, con i lavori di King. Ecco allora che Stewart
O’Nan ci parla del modo in cui determinati libri hanno accompagnato precisi
momenti della sua vita, ragion per cui rileggerli a distanza di tempo significa
rievocare e riattualizzare ricordi ed emozioni. Stephen Spignesi ci parla
invece della telepatia che King riesce a creare fra scrittore e lettore per cui
le sue storie sembrano fluire nella mente di chi le legge, al di là delle
parole, connotandosi come autentica magia portatile – e proprio questo dal suo punto di vista può essere
uno dei segreti che ne decretano il successo. Richar Chizmar approfondisce
invece l’impatto che i personaggi kinghiani hanno sul lettore, riferendoci che
nella sua esperienza molti di essi si sono impressi nel suo immaginario al pari,
e forse più, di persone reali, tanto che, a distanza di anni, ritrovarli nel
corso di riletture, è un po’ come rincontrare vecchi amici.
Decisamente più personale, il
sentito intervento di Clive Barker che nel suo Discorso per la consegna a Stephen King del Premio alla Carriera della
Canadian Booksellers Association, ci rivela cosa King ha significato per il
suo percorso di scrittore.
Dal lettore ci si sposta più verso
l’autore, entrando in maniera più diretta nel merito dei suoi scritti, con
saggi che si prefiggono di analizzare alcuni temi ricorrenti – si veda il saggio di Kevin
Quingley che si concentra sul tema dell’amore, dell’infanzia e dell’inferno
inteso come ripetizione; l’approfondita recensione di Buik 8 firmata da Jack
Ketchum; l’analisi del ruolo di Dio in Desperation di Billy Chizmar; la full
immersion (preziosa per i fan della saga) nella Torre Nera propostaci da Robin
Furth, che indaga in maniera mirabile il tema dei multiversi e l’impianto filosofico-religioso che
sottende; il filo che unisce King e mistery e che attraversa parte della sua
produzione, messo in luce da Bev Vincent.
Saltando da un saggio all’altro,
cambiano gli argomenti, i centri di interesse, i toni; si passa da testi più
leggeri, ricchi di aneddoti e curiosità ad altri più impegnati che vertono
sulla critica letteraria –
e questo è uno dei punti di forza della raccolta che, essendo così articolata,
ci offre un’esperienza di lettura varia, in grado di alternare momenti più
frivoli ad altri di maggiore impegno.
Un interrogativo, spesso implicito,
in alcuni casi esplicito, sembra tuttavia attraversare l’intero volume come una
sorta di fil rouge: i libri di Stephen King sono semplice merce di intrattenimento
per le masse, come alcuni tra i più feroci detrattori sostengono, oppure sono
testi di Letteratura? La chiave del suo successo e la portata delle sue opere
si riducono a una questione di mero diletto per chi legge o c’è di più?
La risposta – univoca in questo caso – scaturisce in vario modo e in varia misura un po’
da tutti i contributi; due saggi in particolare, quello di Tony Magistrale e
quello di Michael R. Collings, tuttavia, affrontano la questione di petto.
Scandagliando diverse opere, i due autori ne mettono in luce lo spessore,
mostrandoci come King riesca a trasformare la lettura in esperienza della
storia, a coniugare la capacità di intrattenere (che comunque non va
sottovalutata) con una profonda comprensione della natura umana, l’abilità di
forgiare una trama che cattura l’attenzione sin da subito, e che spesso fa leva
sul sentimento ancestrale della paura, con riflessioni di carattere etico; ma
non è tutto. Come Tony Magistrale afferma “simile
all’impatto che crearono, e che ancora sono in grado di esercitare i Beatles,
o Steve Jobs con la visionaria
proliferazione di tecnologie informatiche Apple, Stephen King è quel raro
accadimento la cui arte ha riflesso – e allo stesso tempo ha inimitabilmente
forgiato – la cultura di massa di cui fa parte”.
Commenti
Posta un commento