sabato 17 ottobre 2015

Recensione: La casa delle vergini

Titolo: La casa delle vergini
Autrice: Ami Mckay
Editore: Beat
Edizione originale: Neri Pozza
Pagine: 336
Prezzo: 9 euro

Descrizione:
Nel 1871 tra i lugubri caseggiati della Chrystie Street a New York, i ragazzi sono inevitabilmente destinati a diventare dei borsaioli, e le ragazze a vendere fiammiferi e spille, fiori e pannocchie calde, prima di vendere se stesse. A dodici anni Moth, nata da una chiromante dei bassifondi e da un uomo scappato di casa quando lei aveva tre anni, viene venduta a Mrs Wentworth, giunta a Chrystie Street in cerca di cameriere servizievoli e compiacenti. Moth resta a servizio della donna finché non incontra un giorno alla Bowery, la zona della città piena di case vistose e teatri di varietà, Miss Everett, una bruna raffinata e affascinante, che gestisce una pensione speciale, una casa delle vergini dove, come recitano i gioiosi annunci della pensione, «creature fatate sono devote al servizio di Cupido». È il tempo in cui vige il mito della «cura delle vergini», e gli uomini affetti da deformità o malattie incurabili sono disposti a pagare parecchio per intrattenersi con giovani donne, sperando di trarne miracoloso giovamento. Moth viene accolta nella casa, dove fa la conoscenza della dottoressa Sadie, che le insegna a cercare di sottrarre il proprio corpo e la propria anima a un destino forse ineluttabile.

L'autrice:
Ami McKay è nata in Indiana. Il suo romanzo d’esordio, The Birth House, ha ottenuto numerosi riconoscimenti in Canada, tra cui il prestigioso CBA Libris Awards. Con La casa delle vergini ha raggiunto il successo e la notorietà internazionali. Vive in Nova Scotia con il marito e i due figli.

La recensione di Miriam:

Esistono luoghi “maledetti” dislocati nel mondo, luoghi in cui la vita si riduce a mera lotta per la sopravvivenza e dai quali sogna di fuggire chi osa sperare in un futuro migliore.  
Chrystie Street alla fine dell’ottocento era un posto di questi; strada malfamata, ubicata nei bassifondi di New York, pullulava di borseggiatori, giocatori d’azzardo, donne di malaffare; gente ridotta alla fame e pronta a tutto pur di accaparrarsi un pezzo di pane.
Miseria, sporcizia, delinquenza: queste erano le fondamenta sulle quali chi aveva la sfortuna di nascere lì doveva edificare il proprio destino. Per le donne, ovviamente, era tutto più difficile.
La casa delle vergini, racconta la storia di Moth, nata appunto in Chrystie Street. Abbandonata dal padre in tenera età, trascorre la sua infanzia con la madre, che per sbarcare il lunario fa la chiromante, fino a che, all’età di dodici anni, non viene venduta come cameriera personale a Mrs Wenthworth.
Inizialmente, la piccola Moth si illude che la mamma abbia agito nel bene di entrambe, ottenendo una cospicua somma di denaro per sé e garantendo, nel contempo, una prospettiva più dignitosa alla figlia, che finalmente potrà allontanarsi dall’inferno in cui è cresciuta.
In realtà, le sue condizioni di vita  non miglioreranno affatto perché la donna che l’ha comprata si rivelerà perfida. Ridotta  quasi in schiavitù, Moth si ritroverà segregata in casa, costretta a subire terribili violenze.
La fuga, di nuovo, rappresenterà l’unica via di salvezza, ma una volta fuori dalla casa di Mrs Wenthworth, Moth si ritroverà  completamente sola in una realtà ostile. A quel punto non avrà altra scelta che accettare l’offerta di Miss Everett, pronta ad accoglierla nella sua casa delle vergini: una casa chiusa in cui ragazze nel fiore degli anni si prostituiscono in cambio di un tetto sulla testa, abiti, cibo, protezione.
Narrandoci l’appassionante quanto struggente storia della sua protagonista, Ami Mckay tratteggia un affresco realistico, della condizione femminile nei bassifondi americani di fine ottocento. L’intreccio, avventuroso e denso di emozioni, si arricchisce di riferimenti e note storiche che, pongono il libro al confine fra narrativa e saggistica. Leggendo si viene coinvolti dalle vicende di Moth e dalla sua biografia tumultuosa e, nello stesso tempo, ci si ritrova a immagazzinare una serie di informazioni di carattere storico che ricostruiscono in maniera cruda quanto veritiera il background dell’epoca.
Con stile quasi cronachistico, l’autrice traccia un percorso che, per quanto possa apparire straordinario agli occhi del lettore moderno, accomunava molte giovani donne in quegli anni. Moth, pur nella sua unicità  e pur preservando il suo status di eroina nel contesto letterario, rappresenta, infatti, un’intera categoria.
Non a caso a consegnarci la sua esperienza è la dottoressa Sadie che, in virtù del suo lavoro ha occasione di osservare e toccare con mano la situazione drammatica in cui versano le donne appartenenti ai ceti più poveri della società.
Quella narrata nel romanzo è una storia triste: rispecchia senza filtri una condizione di degrado assoluto che quasi mai offriva una possibilità di liberazione o riscatto, tuttavia non rinuncia a una nota di speranza:  in fondo a un lungo tunnel di solitudine, dolore, umiliazione, Moth intravede, infatti,  una luce, proprio grazie alla dottoressa Sadie – una donna fuori dagli schemi, a sua volta, giacché ai tempi le donne medico non erano viste di buon occhio.
Sarà dunque l’alleanza fra due donne coraggiose a cambiare, per una volta, il corso di un destino apparentemente già scritto. Tematica questa che conferisce all’opera anche una nota di attualità.


  





2 commenti:

  1. Bellissima recensione, come sempre.
    Per questo ti ho citato tra i miei blog preferiti nella categoria "migliore autrice di recensioni"! ;)

    http://valentinabellettini.blogspot.com/2015/10/blogger-love-project-2015-day-6-share.html

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