Titolo: Io, figlio parricida
Autrice: Antonella Colonna Vilasi
Editore: Iris 4
Collana: Intelligentia
Dati: 2011, 124 p., brossura
Prezzo di copertina:17, 50 euro
Descrizione:
Ecco le sofferenze degli adolescenti con
particolare attenzione alle difficoltà generazionali nel rapporto
genitori-figli sino al gesto estremo del parricidio. Ma anche l'analisi
dei meccanismi che portano a compiere tale folle atto. Il tutto
attraverso la lente d'ingrandimento di una criminologa. Quali le
opportunità di recupero sociale dell'artefice di un delitto così
efferato? L'autrice:
Antonella Colonna Vilasi è storica, giurista, internazionalista e criminologa. Svolge attività didattica in vari atenei italiani ed è un'affermata saggista. Vanta numerose menzioni sulla stampa, riconoscimenti personali e collaborazioni con autorevoli rappresentanti del settore della giustizia.
La recensione di Sara:
Sempre più spesso, negli ultimi anni, gli adolescenti sono
diventati protagonisti di fatti di cronaca agghiaccianti. Figli che uccidono
genitori e poi si tolgono la vita, adolescenti che uccidono parenti vicini e
lontani per impossessarsi di eredità o semplicemente per vendetta.
Il parricidio è uno dei delitti che dilaga con frequenza nella nostra società e gli autori sono sempre più giovani.
Se in passato la fascia d'età interessata a questo tipo di delitto sfiorava appena i vent'anni, oggi ha subito un mutamento, coinvolgendo giovani al di sotto dei quindici anni.
Antonella Colonna Vilasi analizza in modo dettagliato alcuni esempi di parricidio e parenticidio, scoprendone le cause e individuando le motivazioni che spingono i ragazzi a scegliere la violenza come unica soluzione.
Nel novanta per cento dei casi si tratta di ragazzi che non hanno psicopatologie particolari o che hanno manifestato in passato tendenze violente e omicide. Quello che spinge i figli a uccidere è spesso il desiderio di liberarsi da situazioni di conflitto con i genitori, dalle quali non vedono altra via d’uscita. I figli parricidi raccontati dall’autrice sono, quasi sempre, adolescenti che hanno subito violenza fisica o psicologica, sin da piccoli, e scelgono l’omicidio, identificato come unica via di fuga dalle loro vite.
Io, figlio parricida presenta le diverse tipologie di omicidio, le armi utilizzate dai ragazzi, gli eventuali complici e il loro reinserimento in società.
Non si tratta, se non in rari casi, di soggetti che manifestano improvvisamente la follia omicida, gli assassini sono premeditati e studiati nel dettaglio. Quasi nessuno tenta di negare, ammettono quasi tutti subito la loro colpevolezza e non mostrano poi tanti sensi di colpa.
Gli adolescenti in questione sono ragazzi che vivono situazioni difficili, che poco comunicano con i genitori e che, nella maggior parte dei casi si rivelano sociopatici.
La malattia mentale è rara, quasi tutti sono perfettamente lucidi e sani a livello psicologico, solo qualche disagio con i coetanei o con le autorità ma, nessuna patologia. È interessante notare invece come le psicopatie interessino quasi sempre le vittime degli assassini o ascendenti nella famiglia. È come se, il disturbo ci sia ma solo a livello latente o indiretto.
L’autrice non ci parla di questi adolescenti come mostri o colpevoli ingiustificabili, carnefici freddi e senza cuore che non hanno pietà neppure per i propri genitori. Al contrario Antonella Colonna Vilasi, ce li racconta quasi come fossero loro le vere vittime. Non li giustifica, ma li comprende e, in parte, li appoggia. Il vero mostro si nasconde in chi non è in grado di aiutare questi ragazzi, in chi conosce le loro situazioni difficili ma tace e si fa i fatti suoi. Il vero mostro è nella mancanza di supporto per i giovani che vivono situazioni di disagio e di difficoltà nel relazionarsi. Il vero mostro è chi non ha abbastanza tempo o voglia per poter ascoltare chi la voce non è capace d’alzarla.
Breve e toccante, questo saggio apre gli occhi su una realtà che ci investe tutti i giorni, una realtà distorta che mostra solo ciò che vuole far vedere e nasconde ciò che è sconveniente.
Gli adolescenti che ci presentano i mass media sono giovani senza cuore, folli assassini assetati di sangue che non meritano nulla se non la prigione.
Leggendo questo saggio si scopre invece che spesso quello che ci raccontano è ben distante dalla realtà, trame che mancano di pezzi fondamentali per poter ricostruire gli scenari dei delitti.
Il lettore non potrà fare a meno di appassionarsi alle storie narrate e di provare almeno un po’ di tenerezza e solidarietà per quei ragazzi che, sicuramente devo essere puniti per ciò che hanno fatto ma, potevano evitare di distruggere la loro vita e quella degli altri se aiutati adeguatamente.
È più facile sbattere sugli schermi il crimine e la violenza, il sangue e la barbarie, piuttosto che il disagio nascosto anche nelle case di quelle famiglie che sembrano perfette.
Del resto forse siamo anche noi che abbiamo voluto questo, il gusto per l’orrido, l’attrazione per il macabro ci focalizza su quello che poi, in fondo, non è il vero orrore.
Io, figlio parricida ci insegna a strappare il velo di Maya e a guardare in faccia i veri fantasmi.
Il parricidio è uno dei delitti che dilaga con frequenza nella nostra società e gli autori sono sempre più giovani.
Se in passato la fascia d'età interessata a questo tipo di delitto sfiorava appena i vent'anni, oggi ha subito un mutamento, coinvolgendo giovani al di sotto dei quindici anni.
Antonella Colonna Vilasi analizza in modo dettagliato alcuni esempi di parricidio e parenticidio, scoprendone le cause e individuando le motivazioni che spingono i ragazzi a scegliere la violenza come unica soluzione.
Nel novanta per cento dei casi si tratta di ragazzi che non hanno psicopatologie particolari o che hanno manifestato in passato tendenze violente e omicide. Quello che spinge i figli a uccidere è spesso il desiderio di liberarsi da situazioni di conflitto con i genitori, dalle quali non vedono altra via d’uscita. I figli parricidi raccontati dall’autrice sono, quasi sempre, adolescenti che hanno subito violenza fisica o psicologica, sin da piccoli, e scelgono l’omicidio, identificato come unica via di fuga dalle loro vite.
Io, figlio parricida presenta le diverse tipologie di omicidio, le armi utilizzate dai ragazzi, gli eventuali complici e il loro reinserimento in società.
Non si tratta, se non in rari casi, di soggetti che manifestano improvvisamente la follia omicida, gli assassini sono premeditati e studiati nel dettaglio. Quasi nessuno tenta di negare, ammettono quasi tutti subito la loro colpevolezza e non mostrano poi tanti sensi di colpa.
Gli adolescenti in questione sono ragazzi che vivono situazioni difficili, che poco comunicano con i genitori e che, nella maggior parte dei casi si rivelano sociopatici.
La malattia mentale è rara, quasi tutti sono perfettamente lucidi e sani a livello psicologico, solo qualche disagio con i coetanei o con le autorità ma, nessuna patologia. È interessante notare invece come le psicopatie interessino quasi sempre le vittime degli assassini o ascendenti nella famiglia. È come se, il disturbo ci sia ma solo a livello latente o indiretto.
L’autrice non ci parla di questi adolescenti come mostri o colpevoli ingiustificabili, carnefici freddi e senza cuore che non hanno pietà neppure per i propri genitori. Al contrario Antonella Colonna Vilasi, ce li racconta quasi come fossero loro le vere vittime. Non li giustifica, ma li comprende e, in parte, li appoggia. Il vero mostro si nasconde in chi non è in grado di aiutare questi ragazzi, in chi conosce le loro situazioni difficili ma tace e si fa i fatti suoi. Il vero mostro è nella mancanza di supporto per i giovani che vivono situazioni di disagio e di difficoltà nel relazionarsi. Il vero mostro è chi non ha abbastanza tempo o voglia per poter ascoltare chi la voce non è capace d’alzarla.
Breve e toccante, questo saggio apre gli occhi su una realtà che ci investe tutti i giorni, una realtà distorta che mostra solo ciò che vuole far vedere e nasconde ciò che è sconveniente.
Gli adolescenti che ci presentano i mass media sono giovani senza cuore, folli assassini assetati di sangue che non meritano nulla se non la prigione.
Leggendo questo saggio si scopre invece che spesso quello che ci raccontano è ben distante dalla realtà, trame che mancano di pezzi fondamentali per poter ricostruire gli scenari dei delitti.
Il lettore non potrà fare a meno di appassionarsi alle storie narrate e di provare almeno un po’ di tenerezza e solidarietà per quei ragazzi che, sicuramente devo essere puniti per ciò che hanno fatto ma, potevano evitare di distruggere la loro vita e quella degli altri se aiutati adeguatamente.
È più facile sbattere sugli schermi il crimine e la violenza, il sangue e la barbarie, piuttosto che il disagio nascosto anche nelle case di quelle famiglie che sembrano perfette.
Del resto forse siamo anche noi che abbiamo voluto questo, il gusto per l’orrido, l’attrazione per il macabro ci focalizza su quello che poi, in fondo, non è il vero orrore.
Io, figlio parricida ci insegna a strappare il velo di Maya e a guardare in faccia i veri fantasmi.
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