venerdì 26 ottobre 2012

Vision Thing: Intervista a Daniele Serra



Daniele Serra classe 1977, illustratore professionista, i suoi lavori sono stati pubblicati in Europa, Australia e Stati Uniti, è stato protagonista  di diverse mostre negli Stati Uniti e in Europa. Ha realizzato illustrazioni per opere di autori come Bruce BostonBrian StablefordRain Graves,Tim Waggoner, Graham Masterton, Mary Sangiovanni, Steven Savile, Tim Curran, Greg F. Gifune, Tom Piccirilli, Ronald Malfi, Lee Thompson, J.F. Gonzalez, Allyson Bird.
Collabora con DC Comics, Image Comics, Cemetery Dance, Weird Tales Magazine, PS Publishing, Dark Region Press, Delirium Books, Creation Oneiros e altre pubblicazioni.
Nel 2009 e 2010 è stato nominato per il British Fantasy Award. Nel 2012 ha vinto Il British Fantasy Award come Best Artist.


Benvenuto in Vision Thing, è un vero onore per noi averti qui! Come di consueto, apriamo le danze con una domanda di rito: chi è Daniele Serra?
Sono un illustratore paranoico che passa il tempo a disegnare, coccolare i suoi gatti, leggere, suonare e guardare film. Ancora non ho capito bene chi sono in verità, probabilmente un essere umano…ma è tutto da dimostrare.

Quando e come è nata la tua passione per l’arte? C’è un momento della tua vita o una particolare esperienza a cui puoi ricondurre la decisione di diventare un illustratore?
La passione è nata fin da piccolo, quando costringevo mio padre a disegnare prima di andare all’asilo, rimanevo incantato dalla matita che passava sul foglio e costruiva immagini.
Il voler lavorare come illustratore è un’aspirazione che ho sempre avuto per tutta la mia vita, poi sai, per un motivo o per l’altro a volte la vita riserva strade diverse…fino a quattro anni fa, quando mi sono licenziato da grafico pubblicitario e ho deciso di intraprendere seriamente questa professione.
Probabilmente il punto di svolta è stato quando ho fatto il mio primo fumetto per la DC Comics, lì probabilmente ho capito che forse c’era qualche speranza.

Come nascono le tue opere? Da cosa trai ispirazione?
Essendo una professione la maggior parte delle opere nascono da richieste di clienti, in genere ho un input esterno su cui lavorare, nonostante i paletti e i concept specifici che mi vengono assegnati penso di avere comunque un approccio molto istintivo, non ragiono troppo su quello che faccio ma mi lascio trasportare. Quando lavoro sono mosso da un grande nervosismo di fondo, non vedo l’ora di vedere quello che uscirà fuori, forse è per questo che i miei lavori non brillano di precisione e dettagli! J. Tecnicamente in genere preparo qualche sketches molto veloce su cui poi lavoro. Sono ispirato da tutto, i tributi consci e inconsci si sprecano nel miei lavori, ma d’altronde penso sia normale, siamo quello che vediamo, leggiamo, sentiamo. Ad ogni modo traggo molta ispirazione dalla letteratura fantastica e naturalmente dall’arte. 

In un bellissimo articolo riproposto di recente su Mezzotints, Alessandro Manzetti scrive: “Per comprendere appieno le opere di Daniele Serra è necessario guardare alla sua isola, la Sardegna, immaginarla, perché c’è molto di quella terra”.
Ti va di commentare?
È indubbio che mi senta molto legato alla mia terra, alla sua gente, ai suoi profili. Al momento non mi sposterei da quest’isola per tutto l’oro del mondo, penso sia a misura d’uomo, non riuscirei a vivere in una metropoli. Ho bisogno di tranquillità e ho la fortuna che con l’avvento di internet si possa lavorare in qualunque parte del mondo da qualunque parte del mondo. Naturalmente c’è un rovescio della medaglia: poca possibilità di confrontarsi per via dell’isolamento. 

Quali tecniche prediligi per la realizzazione dei tuoi lavori?
In genere utilizzo la pittura ad olio, l’acquerello e per i fumetti la china. Ho iniziato sperimentando molto con il computer, ora invece lo utilizzo solo per i ritocchi; mi piace sempre di più fare tutto a mano, mi piace sbagliare, macchiare il foglio, farci passare i miei gatti sopra. Mi piace quello “sporco naturale” che non sono mai riuscito ad ottenere col computer.

Dalla tua produzione artistica emerge una predilezione per l’horror, per le atmosfere dark e gotiche. A cosa si deve la tua passione per questo genere? 
Mi piace molto il romanticismo decadente, non so di preciso da dove nasca questa passione e forse non è neanche una vera e propria passione, forse più un tipo di sensibilità, di attrattiva verso un certo tipo di estetica, di cultura. Non penso ci sia stato un fattore scatenante, forse una serie di fattori concatenati dell’infanzia… ricordo mia cugina più grande che mi raccontava i film horror che aveva visto, ricordo la mia maestra che ci leggeva il Faust, ricordo l’attrattiva che avevo verso il medioevo. Perciò ho iniziato a disegnare e verso i 13/14 anni facevo già alcuni disegni oscuri, un po’ cimiteriali molto influenzati anche dal periodo d’oro che si viveva in Italia con Dylan Dog e altre riviste splatter/horror. Andando avanti lo splatter ha avuto sempre meno spazio nei miei lavori ed è cresciuta sempre di più una matrice che io dico sempre essere romantica.

Hai avuto occasione di realizzare cover e illustrazioni per libri di molti autori di genere. C’è tra tutte un’opera con cui hai instaurato un particolare feeling o che ti ha ispirato più delle altre?
Con tutte le opere che ho realizzato ho un rapporto di amore-odio, tutte rappresentano un passo verso qualcosa che sto ancora cercando, delle piccole tappe da conservare e usare come punti di partenza; ma allo stesso tempo non sono mai soddisfatto di quello che faccio, spero sempre che il lavoro prossimo sia quello giusto!

Ci sono dei pittori, fumettisti, illustratori ai quali ti ispiri o che semplicemente hanno segnato in modo significativo la tua carriera artistica? 
Tantissimi: da Nicola Mari ad Ashley Wood, da Kent Williams a George Pratt, l’espressionismo tedesco, Schiele, Turner, potrei continuare all’infinito…
La primissima svolta comunque è stato Mike Mignola per i fumetti, Giger per le illustrazioni e Goya per la pittura.

La tua esperienza professionale è costellata di numerose collaborazioni con editori esteri, soprattutto statunitensi. Come sono nate queste collaborazioni e cosa ti ha spinto oltre i confini nazionali?
Ho passato il primo periodo spedendo il portfolio in tutto il mondo, una volta che sono entrati i primi lavori tutto è stato più facile, infatti una volta messo un piede dentro tutto funziona in maniera più fluida e i lavori arrivano spesso anche da soli. Sicuramente bisogna farsi sempre parecchia pubblicità e avere una buona visibilità, stare sempre alla ricerca di editors e di contatti che possano fruttare collaborazioni e contratti. Al momento sono alla ricerca di un agente che mi permetta di concentrarmi maggiormente sull’aspetto artistico del lavoro, lasciando a lui il lavoro di management.

Hai ottenuto importanti riconoscimenti nel corso della tua carriera, ultimo in ordine cronologico il recentissimo British Fantasy Award 2012 come “best artist”. Cosa significa per te questo premio e quali emozioni hai provato nel vincerlo?
È stata una bellissima e profonda emozione, è un momento che segna un punto nella mia carriera: una piccola meta, ma soprattutto un punto di partenza per cercare di fare sempre meglio. Adesso devo meritarmi questo premio. Il fatto che il premio sia dato dalla British Fantasy Society è una grande soddisfazione perché è deciso da editori, scrittori e in generale professionisti del settore, cosa che mi fa ben sperare per il futuro e che spero mi dia più sicurezza nei miei mezzi. Ad ogni modo, ripeto, lo vedo sicuramente come un punto di partenza, la strada è molto lunga, se avrà una fine…

Che consigli daresti a un aspirante illustratore?
Cercare di non innamorarsi dei propri lavori, credere nelle proprie possibilità ma avere sempre uno sguardo critico. Penso che il talento non sia tutto. Bisogna lavorare molto, stare sul tavolo da disegno, accettare critiche, consigli e in generale il confronto. Ho visto tantissime persone con un talento innato ma a cui mancava la passione di fondo o comunque la tenacia per lavorare in questo settore. Spesso gli editori preferiscono un lavoro consegnato nei tempi prestabiliti che un capolavoro intramontabile. Lavorare come illustratore significa dover affrontare rifiuti, cambiamenti nelle illustrazioni, e spesso si è costretti a disegnare cose che magari non interessano.
Alla fine si tratta di un lavoro da artigiano.

Sogni nel cassetto e progetti per il prossimo futuro?
Due sogni: illustrare “I racconti notturni” di ETA Hoffmann e collaborare con Lansdale.
Progetti per il futuro: una trasposizione a fumetti del Faust di Marlowe.

E per saperne di più...

 

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