Recensione: In fondo il buio
Titolo: In fondo il buio
Autore: George R.R. Martin
Editore: Gargoyle Books
Collana: Gargoyle Extra
Pagine 376
Prezzo: 16.90
euro
Descrizione:
Il primo libro di George R.R. Martin, fantascienza pura. Dirk è
richiamato su Worlorn dall’amore per Gwen che pensava di aver perduto.
Il pianeta, però, non è il mondo che Dirk immaginava e Gwen non è più la
donna che aveva conosciuto; è infatti legata a un altro uomo e a un
pianeta che sta morendo, in cui niente può sopravvivere perché sta
precipitando in un buio eterno. Questa terra desolata è il luogo di
scontro tra culture diverse dove, con uno stile che ricorda Tolkien,
inseguimenti e duelli si susseguono in un continuo crescendo. Epica,
sesso e nostalgia si mescolano in un mix unico che rende questo romanzo
un capolavoro.
L'autore:
George R.R. Martin
(1948) è uno dei più grandi autori viventi di fantasy e fantascienza. Oltre a
essere uno scrittore, Martin è produttore, sceneggiatore cinematografico e di
fumetti. Le sue opere sono state tradotte in tedesco, francese, italiano,
spagnolo, svedese, olandese, giapponese, portoghese, croato, russo, polacco,
ungherese e finlandese. Della sua vastissima produzione ricordiamo Le
cronache del ghiaccio e del fuoco, Il battello del delirio (Gargoyle
2010), Armageddon Rag.
La recensione di Miriam
Quando si parla di Martin, inevitabilmente il pensiero corre
a Le cronache del ghiaccio e del fuoco,
la saga che, a buon diritto, lo ha consacrato come maestro indiscusso del
genere fantasy.
Ma cosa si cela nel passato letterario di questo grande
scrittore?
L’opera recentemente ridata alle stampe dalla Gargoyle Books
ci riconduce agli albori della sua carriera, In fondo il buio (Dying of the light) è infatti il suo romanzo
d’esordio e la sua prima pubblicazione in America risale al lontano 1977. Risulta quasi incredibile che siano trascorsi
così tanti anni dalla sua stesura perché leggendolo non si può fare a meno di
rimanere colpiti dalla modernità che contraddistingue tanto lo stile quanto le
tematiche affrontate.
Molto diversa da quella medievaleggiante delle Cronache, l’atmosfera in cui qui siamo
immersi è di sapore fantascientifico, tuttavia la trama ingloba degli elementi
che richiamano a gran voce il fantasy facendo sì che la storia si caratterizzi
sin da subito per la sua interessante commistione di generi.
Siamo su Worlorn, un pianeta vagabondo che per secoli ha
viaggiato nei cieli sfiorando la
Ruota di Fuoco senza mai appartenere davvero a nessuna
galassia. Un tempo ha ospitato il Festival,
una lunga celebrazione di tutte le civiltà del mondo conosciuto, durante il
quale ciascun popolo ha edificato sul suo territorio una città simbolo del suo
luogo di origine importandone l’ecosistema e la rispettiva cultura.
La festa però adesso è giunta al termine e Worlorn stesso
sta morendo. I sette soli che lo illuminano si stanno raffreddando e ben presto
tutto sarà inghiottito dal buio e dal gelo. Nessuno sarebbe tanto folle da
approdarvi in un momento del genere, ma quando Dirk‘t Larien riceve una
chiamata da Gwen attraverso la gemma dell’anima non esita a raggiungerla.
Gwen è la donna che, in un passato ormai remoto, Dirk ha
amato e perduto sul pianeta Avalon. Il desiderio di ritrovarla è tale da
spingerlo a sfidare qualsiasi pericolo ma, giunto su Worlorn, dovrà fare i
conti con una realtà ben diversa da quella che aveva immaginato. La sua amata è
legata indissolubilmente a un'altra persona e non è più la stessa. Perché allora
lo ha chiamato a sé?
In bilico tra speranza e disillusione, l’uomo dovrà
dischiudere gli occhi su un universo sconosciuto e terrificante, in cui niente
è come sembra e sopravvivere è un’impresa fin troppo ardua.
La prima parte del romanzo è prevalentemente descrittiva.
Attraverso immagini vivide ed esaurienti
spiegazioni, l’autore ci consente di familiarizzare con il pianeta Worlorn e le
diverse civiltà che rappresenta, si tratta di una tappa introduttiva che ha la
funzione di preparare il terreno alla storia vera e propria. In queste pagine
il ritmo narrativo è piuttosto lento e l’azione quasi assente. Tuttavia non ci si
annoia, ci si sente piuttosto dei provetti esploratori che, contando su una
guida esperta, si avventurano in un nuovo mondo. L’occhio vigile di Grasso
Satana (uno dei soli che illuminano il pianeta) ci segue lungo i sentieri che
conducono alle straordinarie città edificate per il Festival. Larteyn con le
sue costruzioni capaci di immagazzinare luce e sprigionarla al buio o Kryne Lamiya
che suona al passaggio del vento tra i suoi edifici, sono solo alcune delle
meraviglie che sapranno sorprenderci. Non meno sorprendente sarà l’incontro con
i diversi popoli che le abitano. In particolar modo avremo occasione di
approfondire la cultura dei Kavalar, ovvero gli uomini con cui Gwen ha scelto
di convivere. Si tratta di gente ostile e sanguinaria, assolutamente ligia a un
codice d’onore che Dirk faticherà parecchio a comprendere e che costituirà la
chiave di accesso alla seconda parte del romanzo. Superata la prima metà e
assimilate le regole di Worlorn, saremo catapultati nell’avventura e il rapido
susseguirsi di azioni non ci lascerà più tregua. Di qui in poi, al pari del protagonista, ci
sentiremo braccati dai numerosi pericoli incombenti, ne percepiremo paura e
disincanto e distogliere lo sguardo dalla pagina sarà praticamente impossibile.
Benché lo stile non sia ancora giunto alla piena maturità, i
tratti distintivi della scrittura di Martin sono già tutti ravvisabili in
quest’opera prima. Le ambientazioni cupe,
la crudezza delle descrizioni, l’efferatezza che, al momento opportuno, riesce
a eclissarsi cedendo il passo a brani pregni di poesia sono tutti elementi
riconoscibili come tipici del suo universo letterario. Stessa cosa può dirsi
per i personaggi, assolutamente realistici e sfaccettati, mai etichettabili
come buoni o cattivi, giacché in ciascuno di loro convivono vizi e virtù così
come negli uomini in carne e ossa.
Non può considerarsi un vero eroe Dirk poiché, se pur
animato da buoni propositi, è mosso dal bisogno egoistico di riconquistare la
sua donna; né può considerarsi realmente una vittima Gwen perché, sebbene privata
della sua libertà, subisce le logiche conseguenze di una sua scelta. Similmente
non si possono considerare veri nemici i due Kalavar che minacciano il
protagonista perché i loro schemi di comportamento, per quanto appaiano
violenti e incomprensibili dall’esterno, rispondono a un preciso codice etico.
Sarà proprio in virtù di questa complessità psicologica che le relazioni tra i
diversi personaggi verranno frequentemente ridisegnate tracciando un percorso
dinamico in cui si collocano svariati sentimenti. Un continuo gioco di luci e
ombre che sembra riflettere nell’animo umano la stessa dicotomia che permea
l’atmosfera del pianeta.
Lo scenario dipinto, come si è già detto, è quello di una terra morente e di una società
che si avvia alla perdita di tutti i valori, uno scenario che sebbene
fantasioso e spinto al parossismo, colpisce per la sua verosimiglianza e non
può che farci pensare, con un pizzico di inquietudine, alla decadenza del mondo
attuale. Quasi un monito che attraversando il tempo giunge fino a noi per
consegnarci un barlume di speranza: l’amore forse può trasformare il buio che
si profila all’orizzonte della nostra umanità nella promessa di una nuova alba.
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