Benvenuto
Flavio e grazie per aver accettato il nostro invito.
Per
cominciare, come ti presenteresti ai nostri lettori?
Che
domanda insidiosa, potrei dire tutto o niente!
Mi
chiamo Flavio Graser, ho 36 anni, abito in provincia di Vicenza e i casi della
vita mi hanno portato a lavorare nell’Information Technology nonostante la mia
laurea in Fisica. Fin da piccolo ho
la passione per la scrittura (ma ne parliamo nella prossima domanda), racconti fino a qualche anno fa e poi romanzi. Il
primo è stato una sorta di esperimento, perché non ero sicuro di riuscire a completare un’opera di così ampio
respiro, ma visti gli esiti e considerato
che non riesco più a smettere di scrivere, direi che l’avventura ha avuto successo.
Sono
al momento ispirato da tre muse, anzi, una musa più due musi (letteralmente) supplementari.
La prima è mia moglie, causa prima del mio essere qui a rispondere alle vostre domande - è lei che mi ha
convinto a scrivere il romanzo che giaceva dormiente nel mio hard disk, ed è sempre lei che ne paga lo
scotto fungendo da corretrice di bozze, grafica, pubblicitaria e editor in capo - e gli altri, beh,
saltellano, rosicchiano, dormono e hanno due luuunghe
orecchie alla Bugs Bunny!
Quando
hai cominciato a scrivere e cosa ti ha spinto a farlo?
Scrivo
da quando sono bambino, anche se di quegli anni non è rimasta alcuna traccia se
non il ricordo: foreste, notti, case misteriose e protagonisti in balia degli
eventi. Noir infantili, forse? Adoravo il rumore dei tasti della vecchia
Olivetti M40, adoravo prendere avventure lette sui fumetti o viste di sfuggita
alla televisione per rimaneggiarle, per cambiare gli eventi, per aggiungere
qualcosa di mio. Ho anche dedicato un post del mio blog ai miei ‘inizi’, lo
trovate qui.
Le
cronache dei Campi Elisi compongono una saga dark fantasy
articolata in ben cinque volumi. Com’è nata l’idea?
In
realtà le Cronache sono ben più di questo, perché raccoglieranno tutte le
saghe, i racconti e i romanzi autonomi ambientati nei Campi Elisi che scriverò
nei prossimi anni. Qualche esempio alla risposta 12 ;)
Veniamo
invece alla prima saga, “Sole Nero cui Campi Elisi”! Ho cominciato a pensare a
una saga mentre scrivevo il primo romanzo, “Sentieri di Luce, Sentieri
d’Ombra”. Era nato come romanzo a sé, ma gli spunti che ci inserivo man mano e
l’evoluzione della trama (che non avevo ben chiara dall’inizio) mi hanno
suggerito che la figura misteriosa che vive nel deserto algerino, l’Esule,
avrebbe potuto fare da raccordo. Attorno a quel pensiero ho costruito l’idea di
una saga, cercando però di rendere i singoli volumi autonomi. Non indipendenti,
credo sia impossibile, ma comunque autoconclusivi. Ammetto di aver attinto all’esperienza
come master di giochi di ruolo, perché dal mio punto di vista il singolo
romanzo equivale a un’avventura, e la saga a una campagna.
A
partire dal primo volume della saga elabori un’interessante ipotesi sulla
natura dei Campi Elisi. Ti va di accennarci qualcosa in merito?
Va
detto che la cosmologia dei Campi Elisi non ha assunto una forma definitiva
fino al quarto romanzo, ma è altrettanto vero che i semi c’erano già nei primi
due.
Sorvolo
quindi sul Creatore dei Campi Elisi, sui suoi scopi e sulla presenza dentro il
Velo di persone in grado di praticare le arti magiche (nel senso classico del
termine, imposizione della volontà sulla realtà attraverso dei rituali).
Quel
che rimane è un mondo, i Campi Elisi, in balia di regole e vincoli, un mondo
protetto da entità incomprensibili agli esseri umani (i Luminosi e gli Oscuri,
che visti i nomi sono ovviamente ispirati a Sephiroth e Qliphoth della Kabbalah
ebraica) e regolato da un ciclo di vita, morte e reincarnazione, il cui scopo è
il mantenimento dello status quo e non una qualche forma di crescita spirituale
(come nel Buddismo). Oltre il Velo, il confine fisico e metafico che ci separa
dal resto del Cosmo, esistono altri Mondi, alcuni legati ai Campi Elisi in
senso più ‘largo’ (come il Tartaro e la Necropoli degli Eroi), e un’infinità di
altri che sono stati, fino a questo momento, appena menzionati.
C’è
poi il Mondo dei Sogni, un oceano contenuto in ciascuno di noi ma al tempo
stesso al di fuori di noi (paradosso che ho sempre trovato affascinante), una
sorta di inconscio onirico collettivo che ci fornisce la materia prima con cui
creiamo i sogni ma a cui lasciamo ricordi, esperienze, desideri e speranze.
Comunque
ripeto, è ancora tutto vago (perché ho sviluppato la cosmologia man man che ne
avevo bisogno). Seguitemi fino al quarto romanzo e ne vedrete delle belle!
“Il
mondo è un circo, falso ma protettivo”, così si legge nella quarta di copertina
de I Figli di Erebo. Pensi che una simile affermazione possa rispecchiare la
nostra realtà attuale? In che modo?
Molti
anni fa, almeno una quindicina, sono incappato in un sito curioso: una decina
di pagine statiche concatenate in successione, senza musica ma arricchite da
immagini bizzarre e inquietanti. L’inizio faceva così: “Reality: the lie you
believe”. Il resto era un connubio delirante che andava dalla schiavitù moderna
alla definizione di normalità o pazzia.
Viene
tutto dall’aver letto quel sito?
Forse,
ma una cosa è certa: accettare acriticamente quanto ci viene messo di fronte
agli occhi dai media, dalle convenzioni, dai memi o dalle pressioni sociali è
comodo (perché ci sono altri che pensano al posto tuo) e non è vivere, non per
davvero.
Da
lì a immaginare il mondo come un immenso circo, un tendone pieno di gente,
chiassoso, luminoso e caldo... beh, il salto è breve, no?
Uscire
fuori, tra le gabbie, le viuzze strette, tra le tende degli indovini è un modo
come un altro per invitare a pensare fuori dagli schemi e a rompere i costrutti
mentali che ci facilitano il pensiero ma che ci irrigidiscono.
Ovviamente
non è altro che la mia opinione, si sa che la verità assoluta non esiste ;-)
I
tuoi romanzi sono ricchi di rimandi alla filosofia, alla mitologia e alle
religioni esoteriche. Come nasce questa tua passione e quanto è stata
importante la documentazione per la stesura della saga?
Mitologia
e occultismo sono passioni dell’infanzia, e crescendo non ho fatto altro che
affrontarle con un taglio un po’ più serio; se da bambino trovavo affascinanti
tutti quei discorsi misteriosi su dei, eroi, fiabe, magia e demoni, ora
preferisco ritrovarli nei saggi che leggo o per diletto o per approfondire il
prossimo romanzo. Antropologia, religioni o storia, testi di filosofia che
magari prendo perché il titolo mi ispira, e anche qui ho degli autori preferiti,
tipo Le Goff o Augé.
Aiuta
poi avere una moglie archeologa, perché ho approfittato dei suoi testi
universitari per approfondire tematiche come la storia delle religioni.
Altro
fattore che alimenta questo fuoco sono i romanzi stessi perché, con l’esclusione
del primo romanzo, tra l’uno e l’altro trascorro non meno di due mesi a cercare
libri e a documentarmi.
Per
“I Figli di Erebo”, ad esempio, ho letto un saggio sui mitrei, “La follia
nell’età classica” di Foucalt, un saggio sulla follia all’epoca degli antichi
greci, “Le Baccanti” di Euripide più altri saggi sulle malattie mentali, sulla
nascita della coscienza o sull’inconscio collettivo teorizzato da Jung (per il
Mondo dei Sogni, che verrà comunque dettagliato meglio nel terzo romanzo della
saga).
Mi
azzardo quasi a dire che le letture pre-romanzo sono la parte più divertente,
perché mi ritrovo sempre con nuovi spunti per il futuro!
Il
primo romanzo è una commistione di generi, perchè parte come thriller e noir e
poi vira verso il fantastico. Viste le tematiche trattate lo consiglierei
senz’altro a un pubblico vasto ma adulto,
a chi ama il mistero (reale e no), i viaggi (sia fisici che interiori) o a chi
vuole vedere la realtà con un occhio
diverso.
Dal
secondo in poi, invece, la saga assume dei decisi connotati dark fantasy,
lontana dai mondi dell’high fantasy (come quelli creati da Tolkien) ma anche
dai toni fiabeschi e adolescienziali
di Harry Potter, il tutto condito con un pizzico di horror.
La
saga va via via crescendo nella sua epicità, fino ad arrivare al climax finale
del quinto romanzo, di pari passo con lo svelarsi dello scopo e soprattutto del
destino dei Campi Elisi. Durante il
percorso crescono i personaggi ma cresce anche la consapevolezza del lettore sulla vera realtà che lo circonda (vedi
domanda numero 5).
Per
la pubblicazione ti sei rivolto al self- publishing. Perché questa scelta? Hai
mai preso in considerazione l’ipotesi di affidarti all’editoria tradizionale o
è una strada che hai scartato in partenza?
Il
self-publishing è stata la mia reazione a un anno di attesa di un qualche
responso da un editore. Ho seguito un percorso tipico, con l’aggiunta di un
agente letterario per entrare in contatto con le case editrici che non
accettano manoscritti dagli esordienti (no comment, vedere su certi siti che
non esiste una sezione di invio romanzi è desolante). Parecchie decine di
editori, il manoscritto del primo romanzo inviato… e tanti ‘no’ senza nessuna
spiegazione a corredo. Risultato: a ottobre dell’anno scorso ho deciso di
provare per conto mio, di autopubblicarmi e di puntare sull’ebook come
piattaforma principale e sui social network come cassa di risonanza. Insomma,
al mio lavoro diurno ho aggiunto un secondo lavoro serale! Faticoso, in poche
parole, ma mi pare che si comincino a vedere i primi frutti. Io intanto vado
avanti con i romanzi e cerco di essere fiducioso ;)
Editing,
promozione, distribuzione, nel caso del self-publishing sono servizi di cui
deve farsi carico l’autore in prima persona. Tu come ti sei organizzato in tal
senso?
Ho
letto un po’ di libri sull’argomento, tanto per cominciare (vedi domanda
seguente)!
Ma
torniamo seri, direi che possiamo distinguere l’editing dal resto delle
attività.
Per
il primo romanzo mi sono affidato a un editor, ma visto che l’esperienza mi ha
lasciato quantomeno perplesso, dal secondo in poi sto provando a fare tutto in
casa: manoscritto distribuito a un gruppo di amici e parenti che lo leggono
alla ricerca di refusi, ripetizioni e via dicendo. C’è poi il ruolo
fondamentale di mia moglie, autrice delle copertine e nominata esperta di
impaginazione e conversione in ePub. Sono conscio che dovrei affidare l’editing
a qualcuno che lo faccia di lavoro, ma vista la pessima esperienza e visto che
sul web trovo decine e decine di singoli/aziende che da un giorno all’altro si
nominano editor di professione, per il momento mi accontento delle segnalazioni
dei miei ‘assistenti’ e dei consigli raggranellati sempre dalla rete.
Per
la promozione e la distribuzione, invece, ho realizzato un sito
web per presentare quello che scrivo e per inserire contenuti
aggiuntivi, come il ‘fictional blog’, non trovo termine migliore, attraverso
cui completo i romanzi mediante post settimanali scritti dal punto di vista dei
personaggi. Per il primo romanzo, ad esempio, mi sono dedicato a Christine nei
momenti immediatamente successivi alla sua amnesia, mentre nel secondo sto
raccontando le vicende di Hiram Kehr nella New York City degli anni ’60. Al
sito ho connesso poi una pagina Facebook (ancora piccolina, ma in
realtà è nata più che altro per propagare su quel social network novità del
sito e nuovi post).
Capitolo
a parte quello delle recensioni, e con l’esclusione di alcune brutte sorprese
(ho inviato la copia ma della recensione nessuna traccia, sorvoliamo sui nomi
dei siti), lo trovo un buon modo per farsi conoscere.
Ho
cercato poi di creare un contatto con i lettori, che sia via mail o tramite
Facebook, soprattutto per ricevere consigli e suggerimenti (che sono sempre ben
graditi per un esordiente).
Last
but not least, promozioni e iniziative per farmi pubblicità e far conoscere le
mie opere: booktrailer su Youtube, estratti dei romanzi scaricabili
gratuitamente, un paywithatweet del primo romanzo e anche uno del secondo il giorno
della sua uscita. Ora sto valutando un altro paio di opzioni, The Incipit
e un racconto legato al secondo romanzo da distribuire solo a chi si iscriverà
alla lista di distribuzione del sito.
Tutto
da manuale, insomma. Avevo anche pensato di avvalermi di servizi di web
marketing, ma essere autopubblicato pare precluda questo tipo di canale (almeno
fino a questo momento è stato così).
Nella
tua biografia ti definisci un lettore compulsivo. Quanto è importante per te
leggere e quali sono gli autori che maggiormente ti hanno ispirato?
‘Compulsivo’
è un modo elegante per rimpiazzare l’aggettivo ‘malato’, almeno così direbbe la
mia dolce metà. Leggere è una parte fondamentale della mia vita, si può dire
che non aspettassi altro che imparare a farlo per iniziare a divorare libri e
libri!
Non
so quanto questo mio atteggiamento per la lettura abbia influito sulla mia
passione per lo scrivere, ma credo che l’una alimenti sicuramente l’altra.
Gli
autori che mi hanno ispirato… beh, sicuramente le opere di Stephen King (la
saga della Torre Nera, in alcuni parti rasenta la genialità), di Neil Gaiman
(Sandman incluso) e di Clive Barker (di cui adoro l’horror molto carnale e
fisico) hanno modellato il tipo di storie che creo e scrivo. Subito dietro,
però, ci sono tutti gli autori di fantasy ‘classico’, i costruttori di mondi
fantastici eppure realistici, come Tolkien e Jordan, e alle spalle di questi
cinque titani viene una innumerevole schiera di altri scrittori, i toni cupi di
Valerio Evangelisti, il fantasy medievaleggiante di Katharine Kerr, le
ambientazioni dei gialli di Fred Vargas…
Ok,
ok, mi fermo, basta! :D
Sei
anche un appassionato di giochi di ruolo. Il gioco ha influito o alimentato in
qualche modo la tua passione per la scrittura?
L’ha
alimentata, eccome! Potremmo anzi dire che per la decina d’anni circa durante i
quali ho giocato di ruolo (come master, soprattutto) è servita a incanalare e a
sviluppare la pulsione creativa, perché quando si gioca più volte alla
settimana i supplementi ufficiali (con relative avventure) finiscono subito, e
un buon master deve imparare a scriversele da solo le avventure. C’è poi il
discorso del mood perché, vuoi per le mie preferenze libresche (fantasy di
tutti i tipi e horror), vuoi per i casi della vita, finivo sempre per fare il
master di giochi di ruolo cupi e apocalittici (il World of Darkness della White
Wolf, Gemini, Call of Cthulhu, Kult, Nobilis). Molti dei libri che ho letto in
quegli anni per documentarmi hanno senz’altro influenzato i contenuti dei miei
romanzi, e soprattutto il modo di presentarli.
Progetti
per il futuro?
Ho
quasi terminato il quinto romanzo della saga, “Tra le spire di Ananké e
Chronos”, ed entro giugno dovrei apporvi la parola fine. Seguiranno i due mesi
accademici di riposo, letture selvagge, documentazione e preparazione schemi
per quello che verrà, e non sarà poco (più scrivo più mi vengono idee, e per il
momento il blocco dello scrittore che King menziona spesso nei suoi romanzi mi
è del tutto ignoto):
Un
libricino dedicato ai conigli – a casa ne abbiamo due - ispirato a dei post
comici di “vita lapina” che sto scrivendo da qualche settimana sul mio blog
e che ho pensato di espandere e pubblicare per dare i proventi in beneficenza
(alla “Voce
dei Conigli”, l’associazione da cui abbiamo adottato Dada, l’ultima
arrivata)
Un
thriller ambientato nei Campi Elisi che racconterà le vicende di un certo pugnale,
quello che i nostri eroi recuperano ne “I Figli di Erebo”
Un
romanzo (breve) sulla misteriosa bambina che aiuta i nostri eroi nel primo
romanzo della saga
Una
raccolta di racconti, molti dei quali hanno visto in azione per la prima volta
alcuni dei miei personaggi
Dulcis
in fondo, una seconda e una terza saga germinate dalle tematiche che ho
sviluppato durante la prima, soprattutto dal terzo romanzo in poi. Insomma, ne
avrò per qualche anno minimo prima di dover pensare a cosa scrivere di nuovo ;)
Non ho poi rinunciato del tutto all’idea di trovare una casa editrice e, visto e considerato che a settembre mi trasferirò nel Regno Unito, sto pensando di far tradurre il primo romanzo di in inglese e di cercare ‘fortuna’ lì.
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Leggi la nostra recensione di Sentieri di luce, sentieri d'ombra
Leggi la nostra recensione de I Figli di Erebo
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